Dirigenti di oggi rimasti a loro volta senza stipendio che cercano di portare la barca biancorossa in porto; esattamente tre anni fa ci provò Giuseppe D’Aniello remando contro tutti e tutto e alla fine trovandosi davanti uno scoglio insormontabile, quello di una piazza stufa che preferì azzerare tutto e ripartire dall’Eccellenza.
Più che un reset e stato però un replay perché a tre anni di distanza il Varese rischia un nuovo crack.

Maro_Front_Beppe“Una parentesi della mia carriera indimenticabile – la definisce l’attuale segretario generale della Triestina -. Il Varese ha rappresentato molto per me, non solo sul piano professionale. Lì sono nati due miei bambini e ci ho lasciato un pezzo di cuore. Seguo quasi quotidianamente l’evolversi della situazione sia sui social che tramite i contatti che conservo ancora con tanti. Mi spiace per tutti, mi rivedo in quei momenti difficili di tre anni fa che Varese non merita di vivere”.

Da addetto ai lavori, quali sono le tue sensazioni?
“Non conosco i dettagli e non saprei esprimermi. Sinceramente provo un po’ di rabbia perché mi chiedo come si sia fatto ad accumulare un debito del genere in soli tre anni e soprattuto tra i dilettanti. Quello passato era frutto di una gestione più lunga e in campionati di alto livello. Anche a Trieste sono ripartiti, con la proprietà di Milanese che è rimasta solida. Resta un grande rammarico”.

L’attuale proprietario Basile ha preso le distanze mesi fa così come Laurenza si dimise a stagione in corso. Come si fa a continuare ad andare avanti senza un riferimento societario?
“Lavori sperando che la situazione si risolva e ti prendi le responsabilità delle decisioni che prendi. Mi ricordo che un episodio che mi ritrovai a gestire da solo fu la devastazione dello stadio prima della sfida dell’Avellino; una protesta che, in modo un po’ diverso, ho visto si è ripetuta. Sicuramente non lavori bene, ma non può non farlo perché sei parte della cosa. Ti senti nel calderone senza avere le spalle coperte e soprattutto senza stipendio. E’ dura”.

Simile ad allora anche le condizioni della squadra che sta lottando a fatica…
“L’unica differenza è che allora anche i giocatori vennero presi di mira, invece adesso hanno almeno il sostegno. I tifosi hanno apprezzato il loro andare avanti nonostante tutto. Anche a Trieste è stato così. Mauro arrivò ad aprile quando la squadra rischiava grosso, per fortuna si è salvata ai playout di Serie D e poi da lì ha potuto riprogrammare. Ha rischiato, ma ha vinto la scommessa”.

Cosa ti ha spinto allora ad andare avanti sino in fondo?
“Non sono abituato a mollare e ci mettevo tre secondi a dimettermi, ma non mi piace rinunciare. Una speranza era davvero arrivata con Cassarà che da un giorno all’altro ha messo nel Varese 350mila euro, ma poi la situazione si è fatta irreparabile. A quel punto era più una questione morale che professionale. Rifarei lo stesso anche se poi vieni ricordato nella situazione negativa, ma con la coscienza mi sento a posto”.

Il Varese potrà avere un futuro?
“Conosco benissimo Catellani come procuratore perché sia a Napoli che a Lecco abbiamo avuto suoi giocatori. E’ una persona seria come suo figlio Fulvio e mi meraviglio si siano messi in questa situazione e si siano esposti. Purtroppo credo che le cose si siano complicate più del previsto. Spero che il Varese eviti il fallimento perché un altro flop non incoraggia di certo chi magari vuole investire”.

Elisa Cascioli