La fine della sua carriera si potrebbe raccontare con una foto. In mezzo al campo c’è lui con le braccia alzate e lo sguardo fiero di chi è riuscito a rimettersi in discussione. Dietro a quel sorriso però si nasconde un velo di tristezza. A 40 anni Massimo Molinari saluta il mondo dei dilettanti. Lo fa in grande stile festeggiando una promozione con la Sommese. Difficile descriverlo in poche righe. È sempre stato un centrocampista di quantità e corsa. Poca qualità, ma tanta intensità lì in mezzo al campo, il suo regno preferito.

foto 2 molinariMolinari chiude la propria carriera prendendosi un paio di rivincite. A dicembre si era ritrovato senza squadra. Accade tutto all’improvviso. Dopo tre partite da titolare con il Coarezza finisce in panchina. Il rapporto si interrompe dopo alcune incomprensioni con la società. Il pensiero di smettere rimbomba dentro la sua testa. “Dentro di me pensavo: perché rimettermi in gioco a 40 anni? Chi me lo fa fare?”

Un’ipotesi spazzata subito via da una telefonata e un colloquio. Simone Brun, ds della Sommese, gli offre la possibilità di giocare la seconda parte di stagione sotto la guida di mister Peloso. È l’ultimo treno da prendere per chiudere al meglio la carriera. Lì scatta la scintilla. “Ho subito ammirato la schiettezza e la sincerità del direttore sportivo e dell’allenatore – racconta Molinari-. Nessuno mi regalava un posto in squadra. Se volevo far parte di questo gruppo dovevo allenarmi al massimo. Avevo voglia di chiudere la mia avventura con una vittoria”.

foto 6 molinariMettersi al servizio dei compagni è sempre stata la sua più grande qualità. Entra in punta di piedi nello spogliatoio e conquista poco alla volta la fiducia del mister e dei compagni. Alla fine diventa uno dei protagonisti della cavalcata vincente della Sommese. “Ho avuto l’onore di far parte di un gruppo incredibile e molto forte. Il calore dei nostri tifosi poi è stato fantastico. Devo ringraziare anche il mio amico Alessio Martinello. Giocavamo assieme a Coarezza a inizio anno e a dicembre siamo passati alla Sommese. Anche lui è stato determinante in questa mia scelta”.

A 40 anni è arrivato il momento di dire basta. Negli ultimi tempi il fisico ha iniziato a presentargli il conto con un paio di infortuni che lo hanno condizionato. “Lo voglio ribadire ancora una volta: questa è stata la mia ultima stagione a undici. Magari l’anno prossimo tenterò l’esperienza al CSI. Ho già ricevuto qualche proposta”.

foto 5 molinariNel corso della sua carriera ha girato la provincia giocando in prima, seconda e terza categoria. Stefano Bettinelli è l’allenatore che più di tutti ha incisosul suo modo di giocare. Ai tempi di Gazzada, quando Molinari aveva 16 anni e giocava da prima punta, l’ex tecnico del Varese l’ha piazzato davanti alla difesa e da lì poi non si è più schiodato. “Ho cominciato la mia carriera da attaccante. Segnavo anche con continuità. Poco alla volta ho arretrato la mia posizione. Ancora oggi ho tanta stima e affetto per il mister”.

I ricordi scandiscono annate ricche di soddisfazioni, fatica e rimpianti. “Sono molto contento di quello che ho fatto in tutto questo tempo. Avrei messo la firma per finire in questo modo. L’unico mio rimpianto forse è stata la seconda volta che sono tornato a Morazzone. Poteva andare meglio, ma non voglio neanche più pensarci”. Con questo finale di stagione Molinari ha chiuso un cerchio. Aveva 17 anni quando ha vinto il suo primo trofeo con i “grandi”. Era un ragazzino. Ora ne ha quaranta e saluta il mondo dilettantistico da uomo, con una coppa in più nel suo palmares.

Inutile negare la sua passione per la Sampdoria e l’infinita ammirazione per Angelo Palombo. Nel corso della sua carriera si è ispirato molto allo storico capitano blucerchiato. La qualità che gli mancava in mezzo al campo l’ha compensata con il carisma e l’esperienza.“Ho giocato con tanti calciatori in questi anni. Il più forte in assoluto è stato Giampiero Scaglia, un fenomeno. Ma devo essere sincero sono rimasto impressionato da Alessandro Lucarelli, mio foto 3 molinaricompagno a Somma quest’anno. A 46 anni conserva ancora l’entusiasmo di un ragazzino. È stato bello condividere lo spogliatoio con uomini del genere”.

Chissà se ora, appesi gli scarpini al chiodo, gli mancherà l’ansia pre partita della domenica mattina. Lui che da buon scaramantico amava ripetere le solite abitudini fino allo sfinimento. Un rituale preciso che prevedeva la colazione al Tutto Bene Bistrot di Solbiate Arno, poi un rapido salto ad Arsago a vedere una partita delle giovanili e infine il rientro a casa con il pranzo prima di andare al campo.

Siamo sicuri che riuscirà a superare anche queste abitudini. Esiste un momento in cui farsi da parte e godersi altri valori. Al suo fianco avrà sempre la moglie Elena, la sua più grande tifosa, e il figlio Tommaso. Questo vale più di mille tackle o calci al pallone.

Marco Mazzetti