Nicola Natali ha impiegato pochissimo tempo a farsi apprezzare e voler bene dai tifosi di Varese. Oggi è uno dei giocatori più stimati per quella sua voglia di dare sempre più del 100%, di mettere tutto in campo e ciò lo si vede anche nella fiducia riposta in lui da parte di coach Caja. Con l’ala toscana siamo andati ad analizzare l’attuale momento della Pallacanestro Varese alla vigilia della pausa per la Nazionale.
“Ritengo che con la vittoria di Cremona abbiamo fatto un passo molto importante dato che con questo colpo esterno siamo riusciti a valorizzare nella giusta maniera gli altri nostri successi casalinghi. Venivamo da un periodo non molto positivo in campionato con le due sconfitte di Reggio Emilia ed Avellino. Soprattutto in quest’ultima gara, ad un certo punto eravamo avanti di sette lunghezze a pochi minuti dalla fine e poi l’abbiamo proprio buttata via negli ultimi due giri di lancette. La nostra vittoria di Cremona va letta come una grande reazione: loro sono una squadra talentuosa, ma noi abbiamo saputo imporre il nostro ritmo e il nostro gioco. Reputo, pertanto, che il nostro bilancio fin qui sia positivo. Ovvio che battendo Brindisi in casa questo bilancio non può che migliorare”.

Arriva Brindisi che finora è la sorpresa di questa annata insieme a Cremona. Anche loro hanno una ottima difesa: quale pensi possa essere la chiave del match?
“Rischio di essere ripetitivo, ma per noi la differenza la fa l’approccio alla gara. Noi dobbiamo sempre andare in campo aggressivi. Potremmo anche avere meno talento dei nostri avversari, ma se mettiamo la giusta aggressività e, quando giochiamo in casa, riusciamo ad accendere i nostri tifosi, allora siamo una squadra molto temibile”.

Hai parlato di tifosi. Spesso si chiede alle prime linee di quanto conta la spinta del pubblico, ma va sottolineato come tu abbia dei tuoi supporter “personali”, se mi passi il termine. Quanto è importante per un giocatore sapere di avere questo tipo di apporto, soprattutto uscendo dalla panchina?
“E’ assolutamente importante. Spesso in riferimento al pubblico si usa lo stereotipo del sesto uomo, ma dovete sapere che dopo tanti in A2, ritorvarsi a Varese non è una cosa semplice. E’ una società importante per il nostro movimento e venire accolto come lo sono stato io, ovvero in maniera positiva da parte dei tifosi e vedere che mi apprezzano è fondamentale. Probabilmente vedono quanto tengo alla maglia e questa è una cosa che mi ha sempre aiutato. Per queste cose per me entrare in campo mi dà tantissima energia ed è una cosa che solo noi giocatori possiamo capire”.

In estate avevamo parlato dell’esordio futuro nelle coppe europee. Ora che è avvenuto, sai dirci come l’hai vissuta dal lato emotivo?
“A livello emozionale, il fatto che questo primo girone sia di un livello leggermente più basso rispetto al campionato ci ha dato la possibilità di avere rotazioni più ampie. Nella specie, a noi giocatori che usciamo dalla panchina ci ha dato fiducia per tentare, per tirare, per fare le cose sul parquet. Personalmente la coppa mi è stata utilissima per sfogarmi un po’. Poi, mi piace viaggiare e ho avuto la possibilità di vedere posti nuovi, di assaggiare anche nuovi cibi. E’ un’esperienza bellissima e spero che il nostro cammino in Fiba Europe Cup sia il più lungo possibile”.

Per chiudere, facciamo un passo indietro agli anni “formativi” di Montecatini, dal settore giovanile alla prima squadra. Quali sono i tuoi ricordi più belli?
“Sono stato fortunato perchè non tutti possono vivere questo genere di esperienza. Io sono passato dall’essere tifoso da bambino, oltretutto con mio papà che era dirigente di Montecatini, a vedere le partite della prima squadra, ad allenarmi qualche volta con la prima squadra e, infine, a giocare stabilmente in prima squadra. Provate voi a immaginarvelo: sono passato dalla tribuna e dal parlare dei miei beniamini a giocare nella squadra della mia città: è stato un sogno che si è realizzato. L’altro ricordo è quando ho scelto di andare via da Montecatini: l’ho fatto solo e soltanto con l’obiettivo di maturare. E’ stata una scelta molto sofferta, ma fondamentale. L’allenatore voleva confermarmi, ero comodo dato che avevo tutto ed ero a casa: ho voluto andarmene per crescere come persona e per vivere da solo rimboccandomi le maniche. Allora scelsi Trento che era in A2 e quel percorso mi ha portato fino a Varese”.

Matteo Gallo