Tra i binomi del calcio dilettante c’è sicuramente quello che unisce la famiglia Pozzi e la Besnatese. Conosciamo oggi Paolo Pozzi, Direttore sportivo e anima della società gialloblù, il cui percorso di crescita personale si riflette nella strutturazione ed evoluzione della Besnatese.

Besnatese con Paolo PozziQuando e come inizia il suo impegno con la Besnatese?
“Sono di Besnate e ho giocato nella Besnatese fino a 35 anni. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, l’allora presidente, Gianni Favanelli, mi chiese di fare il dirigente accompagnatore nella stagione successiva. Lì è iniziato il mio impegno con la Besnatese, proseguito la stagione successiva quando Favanelli non potendo più proseguire nel proprio incarico mi propose di prendermi la responsabilità di mandare avanti la società: accettai. Con la stagione 2006-2007 inizia la mia gestione della società”.

Chi le è stato più vicino agli inizi e quali sono le persone che l’hanno aiutata in questo compito?
“Sicuramente mio padre, attualmente Presidente della Besnatese, che mi dà una mano anche adesso e agli inizi mi ha aiutato a trovare un po’ di soldi necessari per mandare avanti la gestione. Diciamo che la mia famiglia mi è sempre stata vicina e mi ha accompagnato e mi accompagna in questa esperienza. Nel tempo si sono affiancate altre persone alcune delle quali sono ancora presenti con me, come Roberto Bani, mio stretto collaboratore, che si occupa della parte tecnica. Poi ci sono gli allenatori della prima squadra, nella mia gestione sono stati solo quattro, da Laudati, il primo, Piana, Baratelli e ora Epifani. Con tutti ho allacciato un ottimo rapporto di stima e fiducia reciproca”.

Ha eriditato una società con qualche difficoltà, dove ha concentrato i suoi sforzi agli inizi?
“Siamo partiti con la prima squadra retrocessa in Seconda categoria e 35 bambini nel settore giovanile. Inizialmente gli sforzi e le energie le abbiamo messe prevalentemente nel settore giovanile. Oggi, con un settore giovanile che può contare tutta le filiera delle squadre, stiamo cominciando a raccogliere gli sforzi iniziati dieci anni fa e proseguiti stagione dopo stagione. Abbiamo dedicato una parte delle attenzioni anche alla Prima squadra, per me, allora, che avevo smesso da poco di giocare e sono di Besnate è stato abbastanza facile coinvolgere alcuni ragazzi sia per farli giocare in prima squadra sia per darmi una mano nel settore giovanile. In questo solco lavoriamo anche adesso”.

Quali sono gli aspetti maggiormente critici che deve affrontare una società dilettantistica?
“Innanzitutto le risorse economiche necessarie per far fronte alle spese di gestione. Avere l’impiantistica e gli spazi adeguati dove poter fare le attività e il loro mantenimento. Infine, ma non per ultimo, trovare le persone competenti e con disponibilità di tempo da coinvolgere nelle varie attività che bisogna svolgere”.

Cosa si sente di chiedere alla Federazione per accompagnare l’attività delle società?
“Personalmente vorrei che la Federazione ci aiutasse nel fronteggiare la questione delle strutture. Le Amministrazioni comunali sono in difficoltà finanziarie e spesso le strutture presenti sul territorio sono obsolete. Purtroppo, basta andare all’estero per vedere come sull’aspetto strutturale siamo rimasti indietro. Vicino a noi, basta andare in Canton Ticino, per pensare di essere su un altro pianeta”.

Festa volontari BesnateseLa Besnatese è molto radicata nella comunità, una delle iniziative che maggiormente testimonia questo rapporto è il torneo “Calcio in festa” che si disputa a giugno. Come nasce tale iniziativa e quali prospettive di sviluppo state pensando?
“La prossima estate sarà la 12^ edizione, anche se in realtà la festa c’era già, noi l’abbiamo voluta trasformare facendo un connubio tra la festa del paese e il torneo di calcio. Di fatto abbiamo voluto creare qualcosa che unisse tutta la comunità, creasse aggregazione e convivialità. Per noi è un grosso impegno che non potremmo fronteggiare senza l’apporto fondamentale di molti volontari. Il torneo “Calcio in festa” per noi, insieme alle entrate delle iscrizioni del settore giovanile è la fonte di entrata più importante con il quale finanziamo l’attività calcistica nella stagione successiva. Diciamo che si crea, e speriamo di mantenerlo, un circolo virtuoso tra comunità e società calcistica”.

A fronte della sua esperienza, quali qualità deve avere un buon dirigente?
“Insieme alla passione e alla presenza bisogna unire le competenze. Io, oltre a essere il Direttore sportivo, sono un allenatore patentato, con diplomi Uefa B, Coni Figc e Calcio a 5. Questo perché ritengo necessario essere competenti dal punto di vista tecnico per poter coordinare al meglio tutta l’attività, anche negli aspetti tecnici”.

In un momento di difficoltà generale per il calcio italiano, da dove ripartire?
“Sicuramente bisogna dedicarsi ai ragazzi più giovani. Bisogna tornare all’insegnamento della tecnica individuale alla quale accompagnare la cura dell’apprendimento motorio. In tal senso la formazione degli addetti ai lavori è un passaggio fondamentale, anche nelle piccole società”.

Marco Gasparotto