Arriva il momento in cui bisogna avere il coraggio di dire basta. E non vorresti. Avresti ancora molto da dire, da esprimere, eccome se ne avresti, ma qualche ingranaggio del meraviglioso meccanismo si è guastato o anche solo incrinato. E basterebbe un soffio per compromettere ciò che ormai pare inevitabile. A malincuore ti convincono che fare un passo indietro o in avanti verso un’altra direzione, a seconda dei punti di vista, sia la scelta più giusta per tutti, cosciente di aver perso qualcosa di tanto, troppo grande che nessuno ti restituirà.
Riavvolgiamo il nastro. A cavallo tra gli anni 60 e 70 c’è un giovane portiere, di nome Salvatore Asmini, che si divide tra Castellanza e Legnano, due città la cui rivalità calcistica oggi infiamma il campionato di Eccellenza lombardo. Principio di un percorso, fatto di cicli, corsi e ricorsi, concatenazioni, che lo ha reso uno tra i più influenti dirigenti approdati in Serie A.

L’INCONTRO –Volevo diventare un bravo allenatore dei portieri” e ci stava riuscendo. Negli anni 70’ Salvatore Asmini guida i ragazzi della Castellanzese, tra loro spicca il nome di Alberto Affetti un giovane in casacca neroverde che poi, a proposito di corsi e ricorsi, diventerà il suo attuale presidente. “Andando a vedere le partite ho imparato a fare l’osservatore – racconta Salvatore –.” Ed è così che conosce l’uomo che gli cambia professionalmente la vita. “All’epoca – erano gli anni 80’ – allenavo gli Allievi del Varese. Mi sono avvicinato a Giuseppe Marotta – varesino doc ex ds biancorosso, oggi ad della Juventus – e siamo diventati amici dentro ma anche fuori dal contesto lavorativo”.

BATTESIMO DI FUOCO – Marotta lo avvia al mondo del professionismo. “Mi ha trasmesso la competenza gestionale dei ruoli, la capacità di sapersi muovere in ambienti difficili come quello dei professionisti. Ho sempre apprezzato di lui la fiducia totale che riconosce alle persone con cui lavora”. Cominciano in questo modo ventitré anni meravigliosi in cui Salvatore Asmini, smessi i panni dell’allenatore, rinchiuso nel cassetto quel sogno, compie la scalata da osservatore e responsabile del settore giovanile. Dapprima il Como ed il Ravenna per poi passare al Venezia dell’allora presidente Zamparini, vulcanico futuro patron del Palermo. Seguono, si fa per dire, Milan, dove lavora al fianco di Cesare Maldini e Ariedo Braida, e Atalanta dove conosce Mino Favini.

asmini 1GENOVA – Dopo tanta fondamentale gavetta, il suo padrino sportivo Beppe Marotta lo vuole con sé anche sotto la lanterna, alla corte blucerchiata di Riccardo Garrone: “Una persona di un’umanità incredibile con cui avevo un rapporto quotidiano”. Alla Sampdoria conosce Fabio Paratici, attuale braccio destro di Marotta alla Juve, e mister Gigi Del Neriche mi ha confermato ciò che ho sempre pensato sugli allenatori: ci vuole umiltà e sacrificio”. Sono solo alcuni dei personaggi che Salvatore Asmini ha incontrato nel suo percorso, “le persone giuste al momento giusto, ma anche io ci ho messo del mio. Ho avuto una fortuna e ho sempre cercato di sfruttarla perché altrimenti non si possono raggiungere certi livelli”.

COLPO DI SCENA – Improvvisamente il giocattolo si rompe: il triumvirato Marotta-Paratici-Asmini è pronto a dire sì alla Vecchia Signora, ma qualcosa non va. “Mi sono sentito tradito – rivela Asmini –. I rapporti si sono incrinati e perciò è saltato tutto. Penso di aver ricevuto molto ma di aver anche dato tanto agli altri. Non porto rancore nei confronti di nessuno e non ho alcun rimpianto. Sarebbe stato molto stimolante andare alla Juve, ma non è stato così”.

Con coraggio Asmini dice basta. “Ho affrontato due anni complicati anche e soprattutto a livello di salute. Con il calcio di un certo livello ho smesso, ora mi dedico alla mia famiglia. Non vedo una partita di Serie A, B, Champions League ecc. da moltissimi anni ormai. Solo campionati dilettantistici”.

RITORNO ALLE ORIGINI – Se fosse ancora qui il filosofo tedesco Nietzsche spiegherebbe la sua storia in termini di eterno ritorno dell’uguale. Salvatore Asmini è tornato laddove tutto ebbe inizio, alla Castellanzese, in veste di direttore generale della società del suo ex allievo Alberto Affetti. “Ho notato tanta presunzione, a maggior ragione nella categorie minori. Sono tornato per costruire qualcosa di serio nel tempo e per portare un po’ di professionismo tra i dilettanti”. Perché in fondo la passione irrefrenabile per lo sport, in questo caso il calcio, non si ha modo di fermarla mai.

Alessio Colombo