Ci sono dei luoghi che ci rimangono dentro. E spesso si trasformano in veri e propri ostacoli, perché lì si è consumato un evento che ci ha segnato negativamente. Ed ora tutte le volte che lo rivediamo, ricresce in noi quella paura di non farcela. Solo il pensiero ci provoca fatica e l’unica cosa che vorremmo sarebbe cancellarlo per sempre. Ma è proprio in questi momenti che è nostro dovere non perdere di vista quei luoghi in cui ci aspetta qualcosa di grande.

E’ il 12 luglio del 2000. In quel di Milano viene alla luce un bimbo, Simone Barlaam – attuale campione europeo e mondiale di nuoto paralimpico della Polha Varese –. Ha una malformazione al femore, la sua gamba destra è più corta della sinistra. I medici hanno già tentato di correggere la sua posizione nel grembo materno per evitare un parto cesareo difficoltoso, ma la situazione si è aggravata. Saranno necessari una dozzina di interventi chirurgici, il primo dopo appena tre giorni di vita, l’ultimo sei anni fa, per cercare di sistemare un arto che va incontro a più fratture. Il bimbo, ormai ragazzo rischia di perdere la possibilità di camminare, ma se è vero che il suo nome, Simone, significa ‘Dio ha ascoltato la mia voce’ allora tendete l’orecchio.

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ORO E RECORD – Toccata la piastra, riemerso dall’acqua della piscina degli Europei di Dublino, Simone Barlaam esplode in urlo di gioia, è una liberazione, è il raggiungimento di un traguardo importante: il record mondiale nei 50 metri stile libero. “Finalmente mi sono detto, avevo accumulato tanta tensione ed aspettative e raggiungere questo record è stato il coronamento di tanti sacrifici. Ci giravo intorno da un anno, mi ci ero avvicinato molto e a dire la verità in Australia è capitato anche che lo battessi in alcune gare con normodotati, ma non poteva essere riconosciuto”. Da aggiungere al record i quattro ori: nei 100 stile, nella 4×100 stile, nei 50 stile, nella 4×100 misti, e l’argento nei 100 farfalla.

IL LUOGO – E’ l’acqua il luogo di Simone Barlaam: il luogo in cui ha sofferto, il luogo che lo ha reso un campione. “Ho un rapporto molto profondo con l’acqua. Ci sto talmente tanto a contatto che non ne posso più, dopo un po’ ti viene da odiarla – scherza lui –, ma la realtà è che se mi allontano da lei mi manca subito. Sono un tipo che adora l’acqua e infatti mi piace molto andare in a vacanza al mare o al lago. Insomma non riesco proprio a separarmene e poi devo dire che l’acqua sulla pelle ti fa provare una sensazione meravigliosa”.

LA SCELTA – Ed è proprio nell’acqua che si consuma l’intreccio del destino decisivo per la vita di Simone. Lo stesso destino che nel 2017 gli ha permesso di scampare al terremoto in Messico, dove si trovava con la nazionale italiana per i mondiali. Non meno di quattro anni fa partecipava, con discreti risultati, ai campionati italiani di Paratriathlon. Il ragazzo non se la cava male, soprattutto nel nuoto. Quello è il suo sport ed è proprio con un’ottima terza frazione nelle vasche di Riccione 2014 che conquista la medaglia di bronzo. La strada sembra inevitabilmente tracciata: Simone passa al nuoto paralimpico che gli regalerà e ci regalerà un sacco di soddisfazioni.

Da piccolo ho sempre nuotato anche perché il nuoto era l’unico sport che potevo fare. I miei genitori quasi per gioco mi hanno spinto alla ricerca di una squadra di nuoto. Sono venuto a contatto con il mio attuale allenatore, ci siamo visti in piscina con lui e gli altri campioni e devo dire che mi sono trovato subito bene”. Così Simone entra in punta di piedi nel mondo degli atleti paralimpici che lo accolgono come un figlio, anche perché è il più piccolino. “Un mondo positivo fatto di persone che hanno sofferto molto nella loro vita, ma di certo non si piangono addosso”.

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ISPIRAZIONE – C’è un’atleta in particolare la cui carriera sportiva, da quel giorno, comincia a viaggiare in parallelo alla sua: è il campionissimo Federico Morlacchi, la fonte d’ispirazione di Simone che rivela: “con Federico c’è un rapporto positivo, ci completiamo e ci aiutiamo a vicenda per superare i nostri limiti. Gli devo molto, mi ha insegnato davvero tanto e se dovessi scegliere un modello da seguire sceglierei sicuramente lui”. Oggi si può dire che l’allievo ha superato il maestro e non ha nessuna voglia di smettere anche perché l’anno prossimo ci sono i mondiali e Tokyo 2020 è dietro l’angolo.

In fondo il segreto sta tutto lì, nel fare della nostra vita un capolavoro. Non importa il come, il dove, il quando ed il perché. “La disabilità non è un ostacolo, non c’è assolutamente nulla di male ad avere una gamba più corta dell’altra. Non farsi ingannare dalle apparenze deve essere l’unico imperativo, le persone vanno comprese nel loro animo più profondo”.

Alessio Colombo