Ci sono anni che cambiano la vita. Mica solo delle persone. Anche delle società sportive. Poi, ci sono persone che “ti” cambiano la vita. Anche quella delle società sportive.
L’anno della svolta per la Robur Saronno è il 1985-1986. L’uomo della svolta, sempre per la Robur, è Charlie Yelverton e, non a caso, chiunque entri nella “casa” roburina, il “Centro Ronchi” in via Cristoforo Colombo, non può fare a meno di alzare gli occhi e vedere sulla parete ovest la gigantografia del “mitico” Charlie. Semplicemente “uomo della provvidenza” per i colori biancoblu, il cui arrivo in Robur rientra a pieno titolo tra quei casi, un po’ fortuiti, e molto fortunati.

“Corre la tarda primavera del 1985 quando – racconta Ezio Vaghi – un amico comune, Paolo Salmini, noto esperto di pallacanestro e per tantissimi anni apprezzato estensore della statistiche per Pallacanestro Varese mi chiama dicendomi: “Ezio, c’è una persona che sarebbe interessata non solo a sponsorizzare la tua squadra, ma anche a darti un giocatore. Ovviamente vorrebbe incontrati per parlarne. Sei disponibile?”.
YELVERTON  MIAZZINA  02Per la mia esperienza le due cose, sponsorizzazione e giocatore, di solito si accompagnano a puzza di bruciato, ovvero a soldi in cambio di: “Fai giocare mio figlio…!”. Tuttavia, prima di dire no a priori rispondo a Salmini che si può fare. Così, fissiamo l’appuntamento al Lazzagrill, appena fuori dall’autostrada di Saronno, e Salmini si presenta, e mi presenta un signore alto, elegante, dal fisico sportivo e dai modi gentili: “Buon giorno, sono Alfredo Prodi, titolare della SIEV, avviata azienda di impianti elettrici industriali, e voleva sapere se poteva interessarle una sponsorizzazione e l’ingaggio di un giocatore?”. Mia risposta: “Dipende da chi è il giocatore perchè, capisce caro signor Alfredo, per nostra filosofia societaria noi abbiamo sempre preferito costruire le squadre senza ingerenze esterne”. “Capisco benissimo – replica cortesemente Prodi -. Comunque, guardi, la cifra di sponsorizzazione è XYZ, mentre il giocatore in questione, forse lo conoscerete, è Charlie Yelverton, marito di mia figlia, che dopo qualche anno di lontananza dai campi vorrebbe tornare a fare due tiri nei campionati minori così, giusto per divertirsi”.
“Dopo essere caduto dalla sedia per lo stupore, e dopo essermi ripreso, con un mezzo sorriso di circostanza dico ad Alfredo che sì, Charlie è un giocatore è “abbastanza conosciuto” anche a Saronno e che, messa in questi termini, la cosa è interessante e si può fare. Così, ancora incredulo sulla possibilità che Charlie arrivi davvero, prendiamo accordi su tutto e nel settembre del 1985 Yelverton, giustamente atteso come una stella di prima grandezza, “atterra” sul serio al Centro Ronchi per l’inizio della preparazione e da quel momento cambia, cambierà per sempre, il percorso del nostro club”.

Come mai consideri così fondamentale la presenza di Charlie?
“Vedi, prima dell’arrivo di Yelverton la mia società aveva sempre vissuto facendo le cose seriamente, ma con orizzonti agonistici limitati a buoni campionati di serie D. La presenza di Charlie, invece, cambia, anzi, sconvolge positivamente il nostro panorama perchè, la faccio breve, con lui in squadra affrontiamo il campionato di serie D, disputiamo una stagione perfetta da 35 partite vinte su 35, voliamo comodamente in serie C e, più importante ancora, diamo una scossa incredibile alla città di Saronno che, da lì in avanti, metterà la pallacanestro tra i suoi appuntamenti sportivi fissi. Non ho dubbi nell’affermare che tanta gente si è avvicinata ed è rimasta al basket, ed è ancora con noi, grazie a Charlie e a quella fantastica, irripetibile stagione. In quell’anno, per dire, abbiamo fatto sempre il tutto esaurito, sia in casa al Centro Ronchi, sia fuori. Per gli appassionati di basket l’idea di poter vedere giocare uno come Yelverton, addirittura in serie D, era qualcosa che rasentava l’inverosimile, qualcosa di “lussuoso”.  Tuttavia, la presenza positiva servì al mio club per entrare anche in una diversa dimensione mentale e organizzativa. L’approdo in un campionato nazionale ci diede la spinta, l’ispirazione, in qualche modo il coraggio per provare ad osare quello che fino ad allora sembra fosse impensabile: lavorare forte per cercare di restare sempre almeno a quel livello. Insomma: l’annata di Yelverton rappresentò per la mia Robur Saronno il classico “anno zero” dal quale puoi solo salire, tant’è che in seguito, acquisite tante certezze e forti di quell’esperienza, abbiamo sempre giocato dalla C1 in su”.

YELVERTON  MIAZZINA  03Charlie, però, da giocatore “ballò” solo una stagione, mentre in Robur è rimasto, con ruoli tecnici diversi per quasi vent’anni.
“Confermo: purtroppo, per i regolamenti in voga a quei tempi, i giocatori stranieri non potevano giocare nelle minori nazionali, così Yelverton, da atleta, non mise mai piede in serie C1. Decisi allora di affidargli la panchina e Charlie esordì in categoria, ma come coach, nella stagione 1987-’88 e rimase come capo allenatore per altre due stagioni: 1988-’89 e 1989-’90, lavorando contemporaneamente anche nel nostro settore giovanile. Tuttavia Charlie, pur avendo ottenuto buoni risultati con i senior, preferì farsi da parte lasciando la conduzione della squadra al suo “allievo” Tato Grassi perchè, diceva, già a quel livello bisognava sopportare troppi compromessi. E, conoscendo bene Yelverton e la sua personalità, sapevo che per lui sarebbe stato complicato reggere la situazione. Insieme concordammo allora su un suo incarico ancora più ampio a livello giovanile e, col senno di poi, devo dire che mai scelta fu più importante, significativa e determinante per entrambi”.

Motivi?
“Beh, il primo è intuitivo: Charlie è un grandissimo insegnante di fondamentali di pallacanestro. Il migliore che io abbia mia visto in sessant’anni di attività. Poi, il secondo, particolare che lo rende unico, Yelverton alla conoscenza sa abbinare il magnetismo, la carica umana e la simpatia tipici di un uomo sempre allegro e dotato di un alto livello empatico. Con Charlie si sono trovati tutti benissimo: dal primo bambino del minbasket all’ultimo ragazzo degli juniores. Questo “mix” di qualità ha fatto che negli anni trascorsi con noi siano stati davvero tanti i giocatori prodotti grazie al lavoro di Yelverton con, per tutti, il terzetto Stefano Leva, Federico Ferrario e Stefano Benzoni, giocatori protagonisti di un buon percorso anche a livello senior. Per queste ragioni, e tante altre cose ancora – conclude commosso Ezio -, Charlie ci è rimasto nel cuore”.

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Massimo Turconi