Jason Clark, i suoi Argonauti e la conquista dell’ideale vello d’oro: i playoff. Buttarla in mitologia se parli con “Giasone” è facile, quasi automatico. Infatti, chi se non lui ha frequentato una Università mitologica come Georgetown University? Chi se non lui è stato allenato dal mitologico John Thompson jr. figlio di cotanto padre plurititolato a livello NCAA? Chi se non lui è entrato di diritto nella mitologia dell’ateneo come uno dei migliori giocatori di sempre? E, infine, chi se non lui è approdato a Varese, uno dei club “mito” della Vecchia Europa?
Clark però, ragazzo serio e tranquillo fuori dal campo, ma ultraenergico e reattivo quando è sul parquet, porta a spasso con leggerezza tanta “storia” e dopo la gara vinta contro Pesaro dice: “In Italia la “storia” la devi scrivere ogni settimana perchè per la prima volta da quando ho iniziato la carriera “Pro” mi trovo a vivere un campionato così competitivo. In altre europee esperienze precedenti capitavano spesso partite facili, col risultato già scritto prima del salto a due. In Italia questo non succede e, valga come esempio, devi sudare un bel po’ per battere anche Pesaro squadra che, per quello ho visto, è strano che sia ultima a zero punti. Loro infatti hanno talento, giocano bene e schierano giocatori capaci di far canestro in tanti modi. Anche per questa ragione il match contro Pesaro non è stato per niente facile e abbiamo dovuto alzare di parecchio l’intensità difensiva per batterli”.
La classifica vi colloca ancora nella terra di nessuno, ma la quota playoff è lì, a due passi: cosa pensi al riguardo?
“Credo che la post-season sia un obiettivo da inseguire e, francamente, per quello che ho visto fin qui, penso anche che possa essere un traguardo raggiungibile. Però, in tutta onestà per mettere le mani sopra ai playoff dobbiamo obbligatoriamente cambiare passo in trasferta. Una vittoria in sei gare giocate lontano da Varese non è oggettivamente un passo che garantisce la post-season. Ne siamo consapevoli e sappiamo che il nostro futuro è legato soprattutto ad un rendimento da migliorare “on the road””.
Cosa vi manca per vincere lontano dal “nido” di Masnago?
“Siamo una squadra “Dr Jeckyll & Mister Hyde”, bella, dura e intensa in casa e certamente più brutta, soffice e a volte impalpabile in trasferta. A questo punto devo pensare e supporre che sia solo una questione di mentalità, di concentrazione perchè non è possibile battere Venezia Campione d’Italia giocando bene e poi perdere a Reggio Emilia oppure tirare 30 punti a Roma e giocare come dei “fantasmi” contro Cantù. Quindi, occorre lavorare molto, molto di più per eliminare i buchi mentali che purtroppo condizionano ancorale nostre prestazioni perchè al ritmo di una vinta e una persa sarà difficile centrare l’obiettivo post-season”.
Soddisfatto finora della tua stagione?
“Soddisfatto no, non ancora perchè so di poter fare meglio sui due lati del campo. Purtroppo l’infortunio muscolare sofferto in fase di preparazione è stato davvero debilitante ed è servito tanto tempo e altrettanto lavoro differenziato per poter tornare a buoni livelli che, però, non sono ancora quelli ottimali. Ottimisticamente ci siamo vicini e spero proprio che quel “qualcosa” in più possa aiutare Varese e spingerla verso un ulteriore salto di qualità”.
Guardia, playmaker o “combo”?
“Non ne ho mai fatto una questione di ruolo. Più probabilmente “combo”, ma l’unica cosa che importa è giocare. Quindi, com’è sempre stato nella mia storia di giocatore, prima all’High School, poi al College e, ancora, da giocatore professionista in tutta Europa, conta solo un aspetto: essere protagonista”.
Sabato sarete a Cremona: previsioni?
“L’ho già detto prima: il campionato italiano è durissimo e ogni gara è una vera battaglia. Però – taglia corto la guardia nata in Virgina -, sarà anche ora di ricominciare a vincerne qualcuna. Contro un’avversaria diretta nella corsa-playoff sarebbe anche meglio”.
Massimo Turconi