34 anni, neo papà di Santiago, centrocampista alla Guti ed ex compagno di squadra di Parolo: lui è Andrea Martucci, perno del centrocampo dell’Uboldese da due anni e mezzo. Arrivato ad Uboldo grazie ad Amato, sta lottando con le unghie e con i denti per evitare la retrocessione in Prima Categoria. Una situazione insolita per lui e anche per la squadra, abituata da qualche anno a questa parte a stare stabilmente nella parte sinistra della classifica.

Che momento state attraversando?
“Non è una stagione semplice per l’Uboldese e non ci aspettavamo di incappare in così tante difficoltà. I nostri obiettivi ad inizio anno erano altri: giocare insieme da tempo ci aveva fatto sperare in un campionato più tranquillo e invece qualche accorgimento tattico arrivato in corsa, i molti infortuni avuti, uno su tutti quello recente di bomber De Milato, e una rosa un po’ corta ci costringono a duellare per salvarci. A differenza delle nostre contendenti che possono essere ad esempio Besnatese e Muggiò, quest’anno siamo sempre stati abituati a rincorrere e a questo punto del campionato ciò può essere un vantaggio. Abbiamo fatto il callo a inseguire, altre squadre magari no”.

Domenica scorsa, però, avete fermato niente meno che la capolista Rhodense. 
“La vittoria di Rho è stata una bellissima iniezione di fiducia e portare a casa i tre punti sul campo della prima della classe ci ha dato entusiasmo. Abbiamo giocato una buona gara in difesa e su una ripartenza Muzzupappa ha trovato il guizzo vincente. In generale, con le big ci esprimiamo sempre bene, mentre con le altre perdiamo spesso terreno. La nostra annata ha avuto proprio questa caratteristica, purtroppo: quando potevamo spiccare il volo e dare continuità alle prestazioni e ai risultati positivi ci siamo sempre bloccati a causa di infortuni, squalifiche o circostanze sfavorevoli. Anche domenica contro il Muggiò saremo in emergenza con Tartaglione in forse per un problema ad una caviglia e senza gli squalificati Muzzupappa e Corrado. Dovremo stringere i denti”.

martucci andrea uboldese 2Si tratta, per altro, di uno scontro con una diretta concorrente alla salvezza.
“Guardando al calendario, delle cinque partite che rimangono ne abbiamo tre in casa e due in trasferta. In tre di queste possiamo e dobbiamo fare punti: contro il Muggiò, il Saronno e la Besnatese. Firmerei invece per un pareggio in casa della Base 96 Seveso, mentre contro l’Olimpia sarà una sfida aperta a qualsiasi risultato ma che dovremo sfruttare il più possibile anche perchè saremo tra le mura amiche. Dobbiamo fare più punti possibili per provare ad evitare i playout sfruttando la regola dei sei punti. Stiamo cercando un campo in sintetico in cui disputare i match casalinghi e in cui potremmo finalmente far valere le nostre qualità tecniche che sul nostro campo, non certo in perfette condizioni, purtroppo non possono venire fuori”.

Hai girato molto e sei sempre stato in squadre con ambizioni di vittoria. Come stai affrontando questa stagione?
“Non sono abituato a lottare per non retrocedere e nella mia carriera non mi era mai successo prima. Ad Uboldo, però, si sta bene e il presidente e la dirigenza ci stanno vicini e cercano di essere di supporto anche durante i momenti di difficoltà. Qui il clima è bello ed è come se fossimo tutti una grande famiglia. In gruppo sono il più ‘anziano’ insieme a Giglio e cerco di essere un punto di riferimento per i compagni e di trasmettere serenità. Il capitano è Maiorano e, in sua assenza, la fascia è di Tartaglione; io verrei subito dopo per numero di presenze con l’Uboldese, ma spesso mi prendono in giro per il mio essere una testa calda e per ora non è ancora arrivato il mio turno di indossare la fascia”.

Di esperienza, però, ne hai accumulata tanta. Qual è la persona a cui devi di più?
“Ho iniziato nel settore giovanile del Como negli anni di Preziosi e ho giocato prima nella Berretti, poi nella Primavera e infine in prima squadra, anche con Marco Parolo. L’allenatore che porto nel cuore come tecnico e soprattutto come persona è sicuramente Stefano Borgonovo: la sua malattia, ossia la SLA, era proprio all’inizio e ricordo ancora i suoi consigli e i suoi modi di fare paterni. Era una persona squisita”.

Hai qualche rimpianto per la tua carriera?
“Con il senno di poi ho fatto delle scelte sbagliate. Ho deciso di lasciare il Como e di dire di sì al Calangianus, squadra sarda di Serie D alla quale sono approdato giovanissimo. Chiusa quell’esperienza, sono rimasto in Serie D ma in Piemonte e poi sono sceso in Eccellenza con il Saronno in cui c’era Corno, l’attuale capitano della Caronnese; mi sono trasferito alla Caronnese che in quella stagione è andata ad un passo dalla promozione in Serie D, poi alla Roncalli in Eccellenza per due anni e in seguito all’Union Villa Cassano in Promozione dove ho conosciuto Barban, Gheller, Tognola, Jelmini e tanti altri dei quali ho un ricordo speciale. Dopo una brutta parentesi a Cairate, ho accettato gli svizzeri del Paradiso per poi andare al Busto 81 in Promozione e di nuovo all’Union Villa Cassano. Probabilmente se fossi rimasto al Busto 81 ora sarei in Eccellenza, ma non rinnego nulla e ringrazio il Cassano che per me, come l’Uboldese, è stato una grande famiglia. Ora, però, non guardo al passato ma al presente: voglio conquistare la salvezza con l’Uboldese”.

IL CAMMINO DELL’UBOLDESE

Laura Paganini