Partiamo dalla fine. Al termine della nostra chiacchierata Riccardo Caneva ha fatto una promessa: la prossima stagione tornerà al palazzetto per assistere a qualche partita e tifare Pallacanestro Varese. Dopo il suo ritiro dal basket giocato nel 1995, ultima destinazione Verona, Riccardo, ce lo ha confessato, ha fatto fatica a tornare a Masnago: “troppa sofferenza“. Caneva infatti è stato ed è ancora uno dei giocatori più amati dal popolo biancorosso.

Cresciuto cestisticamente nella Robur et Fides, gli anni d’oro tra la fine degli anni settanta e i primi anni novanta li ha vissuti in maglia Pallacanestro Varese: Mobilgirgi, Emerson, Star, Ciao Crem, DiVarese e Ranger. Siamo andati a trovarlo nella sua casa a Gavirate, dove vive con la compagna Maddalena e ci accoglie con il suo stile quasi schivo ma con il sorriso e la gentilezza che lo hanno sempre contraddistinto. “Qui è il mio paradiso da 25 anni, non potrei vivere altrove”. Oggi produce vino e lo rivende all’ingrosso nelle sue campagne piemontesi in zona Alessandria dove è nato. La passione per la pallacanestro la si legge ancora negli occhi e in questa intervista ci ha aperto il suo cuore dimostrando ancora una volta che tipo di persona sia.

Riccardo tu sei considerato ancora uno dei giocatori storici di Pallacanestro Varese…
“Mi fa piacere e mi lusinga il fatto di essere ancora ricordato dai tifosi biancorossi. Da quando mi sono ritirato dal basket giocato sono un po’ uscito da questo mondo ma essere ancora ricordato e stimato a Varese per me è motivo d’orgoglio”.

La Pallacanestro Varese ha fatto parte della tua vita parecchi anni…
“Diciassette anni, direi l’80% della mia vita cestistica. Tante emozioni, tanti ricordi, perfino lo scudetto del 1977-1978 in maglia Mobilgirgi quando avevo 16 anni e ho fatto la mia prima apparizione sui campi della serie A in panchina. Avrei preferito vincerlo un po’ più da adulto con un bagaglio d’esperienza maggiore ma è stato bellissimo lo stesso perché quando vinci il tricolore è sempre una soddisfazione immensa. E poi la Coppa delle Coppe a Milano contro la Gabetti Cantù nella stagione 1979-1980 con il marchio Emerson”.

C’è un compagno che ti è rimasto particolarmente nel cuore? Senti ancora qualcuno di loro?
“Cecco Vescovi, con lui ho vissuto 15 anni di ‘squadra’, era il mio compagno di stanza quando giocavamo in trasferta. Ho sempre avuto un ottimo rapporto, una persona alla quale mi sono affezionato fin da subito. Ogni tanto sento anche Ferraiuolo: con Max ho giocato a Varese i miei anni più importanti da Sales in poi e spesso Max mi chiede di tornare al palazzetto. Ci siamo incontrati con lui, Cecco e Boselli durante una festa a sorpresa vicino Milano organizzata da Virginio Bernardi per Meo Sacchetti quando ha vinto la Coppa Italia a Sassari”.

L’avversario invece?
“Nessun in particolare, mi piaceva però difendere su Oscar Schmidt. Il fatto di riuscire a stoppargli qualche canestro (lui era una fucina di punti) per me era di grande stimolo”.

Thmpson Caneva GalleaniNel 1995 ti ritiri dopo la tua ultima stagione a Verona. Poi cosa hai fatto?
“Innanzitutto ho continuato a giocare ad Alessandria in serie B, a Gavirate in serie C e poi al Bosto fino al 2002. Non riuscivo a stare senza la pallacanestro, ma poi ho dovuto cambiare la mia vita totalmente e alla fine degli anni novanta ho iniziato a lavorare nel campo della telefonia, cosa che mi è piaciuta molto. Mi sono poi buttato nell’enologia grazie anche a mio fratello che avevo aiutato un paio d’anni nei suoi terreni in campagna in Piemonte. Ho quindi aperto un’enoteca a Gavirate nel 2007 che ho tenuto per circa sei anni. Un’esperienza che mi è servita tantissimo soprattutto per capire le mie capacità di vendita e il mio stare a contatto con il pubblico. Ora lavoro sempre nel settore vinicolo ma vendo all’ingrosso. Intanto ho coltivato un’altra passione quella per i cavalli nata grazie alla mia compagna e a casa ne abbiamo un paio. Mi sono appassionato anche alla bicicletta appena ho appeso le scarpette al chiodo, non l’avrei mai detto. Ti dico solo che ho partecipato ad alcune gare importanti in giro per l’Italia”.

Ora segui la pallacanestro?
“Vedo qualche partita in televisione, seguo i risultati dei ragazzi di Caja sui giornali. Da quando ho smesso nel 1995 ho visto dal vivo solo una paio di incontri tra Varese e Verona qualche anno fa”.

Come giudichi il livello del basket attuale, rispetto agli anni in cui tu sei stato protagonista? Quali aspetti positivi hai riscontrato ma anche quali sono quelli negativi?
“Voglio subito precisare che oggi hanno un fisico completamente diverso, tecnicamente magari meno bravi ma fisicamente sono di un altro  livello rispetto a noi. Ciò che assolutamente non mi piace è che nel nostro campionato ci sono ormai pochi italiani. A questo proposito apprezzo molto ciò che Varese Academy sta facendo per il settore giovanile  di Pallacanestro Varese. Bisogna ricominciare a sfornare i ragazzi più giovani e prepararli a diventare giocatori di serie A e a Varese campioni dopo Andrea Meneghin non ne ho più visti”.

Ti interessi anche del mercato di Pallacanestro Varese?
“Sì abbastanza, vedo però che ogni anno, a parte il capitano e qualche nome che conosco, i giocatori cambiano sempre anche durante la stagione. L’ultima squadra che ho seguito di piu’ nel 2013 ‘Gli Indimenticabili’: Dunston era un piacere vederlo giocare, era anni che non si vedeva in Italia un centro così forte”.

Benedetta Lodolini