
La maglia del Lecce, la sua città, cucita sulla pelle, ma nelle vene di Checco Lepore scorre anche un po’ di sangue biancorosso. Già perché la sua carriera, che ha toccato l’apice in Serie B coi colori giallorossi della sua città, è partita proprio da Varese “che per me è una seconda casa” ci dice. “Mi ha dato tanto a livello personale e mi ha fatto crescere come uomo prima che come calciatore. Dico grazie a Sogliano che ha puntato su di me quando ero ragazzino. Mi ricordo ancora il mio gol da trenta metri con la Cossatese al mio esordio e confesso che ogni tanto me lo vado a riguardare”.
Che Varese era quello ripartito dopo il fallimento del 2004? “Dietro di noi c’era gente importante, persone di carattere, con personalità, che ci hanno saputo trasmettere fame e amore per la maglia. Se non hai quello, la qualità serve a poco. Bisogna prima essere uomini e poi calciatori, noi prima di essere bravi in campo eravamo un grande gruppo. La promozione dalla D alla C2, la mia prima in carriera, resta quella più bella che ho vissuto”.
Lepore ha poi trascorse le tre successive stagioni in Seconda Divisione, l’ultima coincisa con la vittoria del campionato sotto la guida di Sannino. “Iniziammo quell’anno con Carmignani, dopo cinque partite arrivò mister Sannino e ricordo che eravamo tutti impauriti perché lo chiamavano sergente di ferro. Sul campo ci faceva pedalare, ci mandavamo a funcool, ma era bello stare insieme. Ricordo un episodio curioso: durante un doppio allenamento di metà settimana mandò sotto la doccia in anticipo Grossi che secondo lui non aveva voglia. Alla fine dell’allenamento organizzamo una specie di ‘C’è posta per te’ per farli riappacificare. Beppe era il papà che aveva perso il figlio e alla fine… aprirono la busta e fecero pace. Ci siamo divertiti”.
Elisa Cascioli