Oggi è una giornata speciale per tutta la Pallacanestro Varese, in quanto il Consorzio “Varese Nel Cuore” festeggia i suoi primi 10 anni di vita. Un modello vincente, fatto di passione e sacrifici per poter permettere al grande basket di restare vivo in una delle piazze più storiche e titolate del panorama italiano.
Il decennio è stato vissuto tra alti e bassi, come normale che sia, ma ha visto il Consorzio e la società crescere anno dopo anno, portando avanti quel concetto di integrazione tra squadra e territorio che a Varese sta trovando, nel corso degli anni, una sublimazione importante.
Il Presidente del Consorzio Alberto Castelli racconta il percorso vissuto in questi dieci anni, i primi di un lungo progetto ancora in atto.
Com’è nata 10 anni fa l’idea del Consorzio?
“L’idea del Consorzio nasce dalla necessità di permette a Varese di continuare a scrivere pagine importanti della storia del basket. I grandi meriti per l’idea di questo progetto sono di Vescovi, Lo Nero e Coppa che si inventarono questo modello per poter portare avanti la Pallacanestro Varese. A me, come ad altri, fu chiesto di partecipare ed accettai volentieri, senza aver la consapevolezza della realtà attuale che è andata ben oltre le mie immaginazioni”.
Come si è sviluppato questo modello negli anni?
“Il Consorzio ha mutato pelle lentamente ma inesorabilmente ed una prova ne è il cambio di statuto avvenuto indicativamente 5 volte. Quando questo avviene è perché si sviluppano nuove idee volte a migliorare la situazione nella quale ci si trova. C’è stata una coscienza sempre maggiore del ruolo nel Consorzio e un esempio ne è la scelta di identificare e nominare un Direttore Generale, format tutt’ora in essere, che ai tempi era Claudio Coldebella ed ora è Andrea Conti, perché credevamo in maniera forte nella professionalità e collegialità di cui necessitava questo format societario per risolvere di problematiche non indifferenti. Il secondo passaggio determinante è stata la scelta di persone che per passione, capacità e competenza potessero dedicare maggior attenzione alla gestione economica del Consorzio. In ultima istanza, quest’anno credo che abbiamo contribuito, anche sportivamente parlando, nello spingere la società a compiere qualche scommessa, come il fatto di essere ad oggi la squadra maggiormente italiana nel campionato, e puntare su un modello nuovo ma che crediamo possa dare risultati e del quale siamo molto orgogliosi”.
Perché secondo lei questo è il modello migliore per il basket nostrano per quelle società che non sono gestite da magnati?
“La risposta, mi viene da dire, è insita nella domanda. Laddove non ci sono persone che da sole possono mantenere una squadra serve un format societario che permetta di far fronte a tutte le incombenze che la gestione di una società ha. O pochi danno molto, o tanti danno meno. Se si pensa a quanti consorzi sono nati negli ultimi tempi ne si ha una riprova. Non credo che sia l’unica strada, noi ad esempio stiamo cercando di creare una multiproprietà, perché per dare una profondità maggiore alla società serve anche gente esterna ai consorziati, ma è sicuramente una componente fondamentale”.
Come reputa l’ingresso di questi tre nuovi consorziati annunciato lunedì da Pallacanestro Varese?
“E’ la risposta al fatto che nonostante tutte le difficoltà del periodo, l’idea del Consorzio piace e la possibilità di investire in questo progetto attira. E’ chiaro che le cose non accadono per caso: dietro ai nuovi ingressi nel Consorzio ci sono mesi e mesi di incontri, di caffè bevuti insieme, di chiacchiere sulla questione, a dimostrazione di un lavoro sistematico sul territorio che stiamo facendo negli anni. Molte società si rendono conto di come tramite il Consorzio si possa conciliare l’aumento di immagine della propria azienda con la passione e la voglia di far qualcosa di buono per la propria squadra, città e Provincia, creando un connubio quasi perfetto”.
Qual è stata la partita che più le è rimasta nel cuore in questi 10 anni?
“Bella domanda. Ho nella memoria e nel cuore 4 partite in particolare di questi anni. La prima è sicuramente quella famosa gara-6 delle semifinali scudetto contro Siena, con il canestro allo scadere di Sakota, penso il momento più alto della stagione degli Indimenticabili. Sempre legato a quell’annata mi è rimasta nel cuore la vittoria contro Milano al Forum poco prima della pausa natalizia, con una cornice di pubblico varesino incredibile. Il terzo episodio che mi porto nel cuore è stata quella fantastica vittoria a Bologna contro la Virtus, con le triple consecutive di Larsson, l’ultimo accesso ai playoff, conquistato con coach Caja nella gara contro Cremona, in una stagione che non era partita affatto bene, e poi la trasferta a Chalon, anche se non è terminata con la vittoria finale. Perché alla fine il bello dello sport è questo: nonostante le difficoltà che abbiamo affrontato in questi anni, ci siamo ritrovati ad impegnarci sempre più per poter permettere a questa società di andare avanti e farci vivere quelle emozioni che sono la benzina dello sport e del nostro lavoro quotidiano”.
Alessandro Burin