Ci adeguiamo, ma non ci stiamo”. È la frase che balza subito all’occhio sul sito dell’Accademia Varese, un concetto estremamente chiaro nella sua semplicità che esprime al meglio il pensiero del direttore generale Bruno Limido. “Ci adeguiamo – spiega l’ex centrocampista di Juventus e Varese – perché non vogliamo abbandonare i ragazzi in un momento che è già estremamente difficile per tutti. La nostra società ha sempre messo al primo posto il bene dei suoi componenti, e per questo motivo rispetteremo tutti i protocolli e tutte le regole che ci verranno imposte. Ma non possiamo negare che la gestione della situazione rasenta il ridicolo: ogni giorno si cambia idea e sembra non arrivare mai una decisione definitiva”.

Prima del blocco come vi eravate organizzati? Vi sentite abbandonati dalle istituzioni a seguito di queste decisioni?
“L’anno scorso eravamo 93, quest’anno 150. Sono contento e orgoglioso della crescita che stiamo avendo, per cui ci eravamo organizzati facendo squadre miste e organizzando al meglio le strutture. Quando siamo partiti eravamo fiduciosi, avevamo prestato particolare attenzione ai test match, e non vedevamo l’ora di iniziare la stagione. Poi è arrivato lo stop, ma non direi che ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni: è un periodo difficile, ma già il fatto di allenarsi vuol dire tanto. È indubbio che non ci sia chiarezza a livello comunicativo, a cominciare dai piani alti, ma lamentarci non è nel nostro spirito perché ne risentirebbero in primis i ragazzi. Prendiamo atto di tutto ciò e andiamo avanti mettendo la salute prima di tutto”.

Attualmente qual è la situazione in casa Accademia Varese? Come state organizzando gli allenamenti?
“Ogni categoria si allena due volte alla settimana nel pieno rispetto delle norme, e cerchiamo di sensibilizzare i bambini stessi ad essere responsabili di ciò che fanno: ognuno ha il suo percorso, il suo pallone igienizzato all’inizio e alla fine della sessione, e non ci sono assolutamente contatti. Per quanto riguarda la gestione degli spogliatoi i posti sono ben distanziati e l’accesso alle docce è gestito in base a quelle che sono le disposizioni date a tutela della salute. Non è facile, ma seguiamo alla lettera ciò che ci viene imposto cercando di mostrare ai ragazzi tutta la nostra vicinanza”.

L’unione che c’è all’interno della vostra società è da sempre uno degli elementi distintivi, e la vicinanza di cui parli si è vista lo scorso sabato nella camminata collettiva al Sacro Monte. Avete in mente altre iniziative del genere?
“Così come avevamo fatto durante il lockdown, abbiamo sempre cercato di dar vita ad attività extracalcistiche per stare insieme e consolidare la nostra unione. In mancanza di allenamenti, la camminata al Sacro Monte ci è sembrata un’ottima idea per fare qualcosa di bello con i ragazzi. Adesso riprenderemo ad allenarci, ma proveremo ugualmente ad organizzare qualcosa nei weekend, che sia una camminata o una biciclettata; faremo tutto ciò che potremo fare”.

Si parla di una possibile ripartenza a febbraio; secondo te sarà così?
“Purtroppo questo non dipende da me. È stata decisa una data abbastanza lontana nella speranza che il virus venga debellato e i numeri del contagio cambino, ma non è detto che questo accada con certezza. La speranza di tutti è quella di ripartire, bisognerebbe anche capire come; l’importante ora è stare uniti e arrivare a febbraio, poi si vedrà”.

Siamo di fatto al secondo stop del calcio dilettantistico nello stesso anno solare; quali potrebbero essere le ripercussioni?
“Questa rivoluzione comporta grandi sacrifici organizzativi perché non dobbiamo dimenticarci che parliamo di dilettantismo, il che implica molto spesso il volontariato. I Comuni che danno in affitto le strutture dovrebbero andare incontro alle società riducendo i costi che, al momento, per molti club sono insostenibili. Noi, nel nostro piccolo, andiamo avanti cercando di limitare il più possibile le spese, ma servirebbe più attenzione anche dall’altra parte, altrimenti tutto diventa ancor più difficile”.

La questione delle strutture è un tema a te molto caro, e più volte hai sottolineato come Varese sia carente da questo punto di vista. Il Città di Varese sta provando a investire nella ristrutturazione delle Bustecche, ma ancora manca la delibera comunale; qualora il tutto andasse in porto, potrebbe essere un primo importante passo per migliorare la città in questo aspetto?
“Cinquant’anni fa ci allenavamo su un campo di terra battuta; il fatto che ancora oggi quel campo sia lì la dice lunga. Parlare di strutture a Varese equivale a una bestemmia: da quando ero ragazzo io ad oggi nessuna giunta comunale, né di destra né di sinistra né di centro, ha mai mosso un dito per donare alla città un impianto sportivo che possa essere considerato tale. Non è un caso che noi usufruiamo del centro sportivo di Viggiù. A Varese non ci sono le strutture e viene così a mancare la possibilità di allenarsi su campi decenti o farsi la doccia in un ambiente moderno e sicuro; la Svizzera è maestra in questo, mentre noi siamo oggettivamente nel terzo mondo. Mi auguro davvero che i lavori alle Bustecche, se inizieranno, diano una scossa da questo punto di vista perché non è ammissibile che una città come Varese sia così indietro. E il Città di Varese di Amirante sembra essersene accorto”.

A proposito di Città di Varese, a maggio parlavamo del fatto che un domani vi potreste unire alla società biancorossa; all’epoca erano in Terza Categoria, oggi sono in Serie D. Sei ancora di questa idea?
“Come ho sempre detto, l’Accademia Varese potrebbe tranquillamente diventare il settore giovanile del Città di Varese, ma solo quando ci saranno dei progetti seri e concreti sul tavolo. Il Varese, esclusa la Juniores non ha altre squadre, e se l’unione garantisse un futuro roseo per entrambe le parti credo che Sogliano non avrà alcun problema nel sedersi a trattare. Ovviamente la primissima condizione è che ci sia la volontà e l’adeguata preparazione per portare avanti la continuità che stiamo avendo nella crescita del settore giovanile. Noi non chiudiamo le porte a nessuno, ma pretendiamo determinate garanzie e la professionalità delle persone”.

Per concludere, restiamo su di voi; qual è il messaggio che l’Accademia Varese sta dando in questi tempi così difficili?
“Noi non vogliamo fare chiacchiere e parole, ma fatti. Vogliamo mettere a diposizione dei nostri ragazzi strutture all’altezza e allenatori competenti; questa è stata, è e dovrà sempre essere la nostra missione. Siamo partiti dal nulla: anno dopo anno stiamo costruendo qualcosa di importante, i risultati ripagano i nostri sforzi, e continueremo a crescere”.

Matteo Carraro

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