Per Aika Coppe di Besozzo è il momento più difficile da 41 anni a questa parte. Aperto nel 1979, il negozio che produce, assembla e vende coppe, trofei, targhe, medaglie, gagliardetti e gadget per manifestazioni sportive è in forte difficoltà. Con il vasto mondo dei dilettanti fermo sia in primavera che adesso e i tornei della scorsa estate ridotti ai minimi termini, per Erika Aimetti e la sua attività la situazione non è delle più rosee e non si intravede nemmeno una soluzione a breve che possa far comparire la luce in fondo al tunnel. “Qualche anno fa abbiamo cominciato a specializzarci anche in tazze personalizzate, quadri, cuscini, borracce e oggettistica di questo genere per arricchire la nostra produzione, ma ora pure questo settore è in forte crisi. Per non rimanere completamente fermi, ultimamente abbiamo iniziato a vendere mascherine chirurgiche ma non possiamo campare solo con quelle e per riconvertire la produzione in qualcosa d’altro ci vogliono soldi e macchinari che non abbiamo”.

Prima dell’arrivo dell’epidemia Covid-19, chi erano i vostri clienti?
“Lavoravamo con molte società sportive della zona di Varese e provincia, dove siamo ormai un punto di riferimento, ma anche con associazioni di altre zone della Lombardia e Piemonte: club di calcio, canottaggio, basket, arti marziali, ginnastica artistica, bocce e tutte le altre discipline sportive oltre che manifestazioni culturali e religiose. Lo stop degli sport ha cambiato radicalmente tutto”.

In estate c’è stata una ripresa?
“A differenza di altri settori, noi purtroppo non abbiamo beneficiato dei mesi estivi. Molte società non se la sono sentita di organizzare i consueti eventi o tornei per questioni di responsabilità e anche noi siamo rimasti al palo nelle vendite, ma con un magazzino colmo di tutto ciò che avevamo comprato ad inizio anno, sicuri che il 2020 fosse un anno come i precedenti. Invece abbiamo giustamente dovuto pagare la merce ordinata che, però, è rimasta invenduta. Speriamo che quanto prima tutto torni alla normalità e che potremo tornare a fare il nostro lavoro, sperando che i modelli che abbiamo acquistato in previsione dell’estate non siano giudicati ormai vecchi e quindi rimangano ancora invenduti”.

Pensa che la situazione che stiamo vivendo sia gestita bene o si poteva fare magari qualcosa di diverso?
“Come normale cittadina, ritengo che i provvedimenti siano giusti e mirati ad arginare un’epidemia. Da proprietaria della mia attività, sono molto preoccupata e spaventata. Per oltre quarant’anni siamo stati un’azienda solida, ma adesso non so cosa aspettarmi e nello stesso tempo mi sento abbandonata e amareggiata. Sembra che il nostro settore sia stato dimenticato da tutti e anche negozi simili al nostro sono sulla stressa barca; ci si arrangia in qualche modo in attesa di tempi migliori. Sento dire da più parti che questa epidemia ci renderà più forti di prima; speriamo vivamente! La speranza è l’ultima a morire, ma sinceramente sta scemando anche quella”.

Avete avuto finanziamenti?
“Mi sono arrivati per due volte i 600 euro di bonus e abbiamo ottenuto il finanziamento per l’azienda che è servito a pagare i fornitori, ma adesso abbiamo le spese, le bollette, l’Imu e un capannone di 500 metri quadri da portare avanti. Le incognite sono tante”.

Laura Paganini

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