È stato un annuncio a sorpresa, ma Alessandro Lorenzi ha scelto di tornare alla guida del San Michele dopo il divorzio consensuale di appena una stagione fa. E il primo ad ammettere questo sentimento di stupore è proprio il tecnico ex Morazzone: “È stata una decisione un po’ spiazzante per tutti, me compreso, ma devo dire che da un certo punto di vista non me ne sono mai realmente andato. Lo scorso anno, dopo la promozione in Prima Categoria, io volevo continuare velocemente il percorso di crescita, mentre la società ha preferito rallentare i ritmi e fare le cose con calma; è stata una scelta comprensibile e l’ho rispettata, ma non sposava la mia volontà. Per questo ci eravamo lasciati, ovviamente in buonissimi rapporti”.

Il tuo ritorno al San Michele è dunque un prosieguo del cammino che ti aveva portato a vincere la Panchina d’Oro di Seconda Categoria; quali sono le tue sensazioni in merito a questo ritorno?
“Il percorso di crescita avviato con questi ragazzi è stato assolutamente splendido, e ricordo benissimo il premio vinto: all’epoca l’avevo descritto come un riconoscimento per tutto il San Michele, dato che avevamo svolto un lavoro incredibile, e confermo quelle parole. Per quanto riguarda il mio ritorno ho trovato una società sana, ambiziosa e più consapevole, perché i dirigenti hanno capito che i presupposti per fare quel salto in più ci sono. Tornare non è quindi stato un problema, ma una scelta di fatto già scritta”.

Pensi che indipendentemente da quanto avvenuto in questi mesi saresti tornato? Oppure avresti continuato con il Morazzone?
“Insieme alla società del Morazzone avevamo già deciso di non proseguire insieme, anche se mi sono trovato benissimo. Io sono ambizioso, e ad esser sincero avrei voluto misurarmi con categorie superiori; questa possibilità non c’è stata per cui volevo smettere di allenare. È un pensiero drastico, lo so, ma io sono fatto così. Poi è arrivata la chiamata del San Michele, mi hanno voluto a tutti i costi, e io ho capito che era giusto continuare quel percorso che avevo iniziato anni fa”. 

Che gruppo ritrovi?
“La rosa è ovviamente cambiata sia per esigenze di categoria sia in termini di cicli. Il San Michele ha avuto due cicli: il primo è iniziato quando sono nati come un’avventura di oratorio, anche se c’era gente che sapeva giocare a calcio e meritava altri livelli, il secondo con la salita in Prima Categoria. Ora ne iniziamo un terzo, forti di una maggior consapevolezza e con un approccio più ‘professionistico’: dovremo cercare di ottenere i risultati parallelamente alla crescita stessa della società, e questo mi dà tante motivazioni”.

Società ambiziosa, come te del resto; quali sono dunque gli obiettivi?
“Non è facile rispondere a una domanda del genere dopo questa sosta democratica che può creare problemi a tutti. Bisogna valutare tanti fattori, dagli avversari agli infortuni, ma non vogliamo precluderci niente. Il nostro obiettivo è lavorare sodo; il mio obiettivo è quello di far migliorare i calciatori perché solo così si pongono i presupposti per vincere. Se ci riusciremo quest’anno bene, altrimenti ci riproveremo la prossima stagione; l’importante è che ci siano sempre idee e ambizione. Forse è stato questo a dividere le nostre strade, ma non è assolutamente una critica: i dirigenti sono molto giovani e riconosco che lavorare con uno come me non è facile. Per fortuna ci siamo ritrovati: ora testa bassa e lavorare sodo con tanto entusiasmo, sperando di poter ripartire con tutte le condizioni di sicurezza del caso, e di tornare presto a giocare normalmente davanti al nostro pubblico”.

Facendo un passo indietro, come giudichi la tua esperienza in Promozione dopo un salto dalla Seconda Categoria? 
“È stata senz’altro positiva, grazie anche ad un gruppo molto valido che aveva la cultura del lavoro. Per questo non è stato difficile allenarli, nonostante all’inizio abbiamo avuto delle difficoltà legate all’assenza di risultati. Quando ti alleni bene e non vinci è chiaro che subentra frustrazione a livello mentale, ma i ragazzi hanno sempre dato il massimo, specialmente durante la settimana, finché i risultati sono arrivati e la seconda parte del campionato è stata bellissima; peccato per il lockdown, perché eravamo in forma e sicuramente avremmo centrato i playoff. A livello di esperienza personale posso dire che la differenza tra Seconda Categoria e Promozione è senz’altro legata a valori tecnici diversi, ma soprattutto alle partite: la scorsa stagione non ci sono mai state sfide facili, neanche con squadre di bassa classifica, cosa che magari avveniva in Seconda Categoria”.

Alla luce dell’avventura in Promozione cosa potrai portare quest’anno in Prima Categoria?
“Che sia in Seconda Categoria, in Promozione o in Prima Categoria io continuo ad andare avanti con le mie idee e con la mia visione di calcio. Voglio una mentalità di ferro che porti i ragazzi a dare più del 100% anche in allenamento, e un occhio di riguardo all’aspetto estetico che ci permetta di giocare bene: possesso, dialogo fra i reparti e gioco veloce palla a terra. Ho sempre visto il calcio così fin da quando ero calciatore, e ora cerco di tradurlo in pratica da allenatore”.

Cosa significa per te allenare?
“Gioia. È la parola perfetta che racchiude tutto: è quello che voglio io ed è ciò che mi aspetto dai miei giocatori. Se uno migliora è felice, e si sente automaticamente più calciatore. Io, in questo modo, ho la consapevolezza di esser riuscito a far bene il mio lavoro”. 

Per concludere, una domanda provocatoria. Due anni fa eri in Seconda Categoria, la scorsa stagione eri in Promozione, la prossima sarai in Prima Categoria; fra un anno dobbiamo aspettarti in Eccellenza?
Dovrebbero fare una deroga per far vincere due campionati in uno al San Michele (ride, ndr). Riconosco che ho fatto un percorso curioso, avanti e indietro, ma come ho detto sono uno da scelte drastiche. In Eccellenza voglio arrivarci, spero di farlo presto e alla guida del San Michele, ma per adesso devo concentrarmi solo sul presente. L’eccellenza aspetterà ancora qualche anno…”.

 Matteo Carraro

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