Michele Marocco, in compagnia di Alessandro Burin, hanno ospitato in diretta sulla pagina Facebook di Varese Sport in “Aspettando con…” Alberto Castelli, presidente del Consorzio Varese col cuore e Giancarlo Ferrero, capitano della Pallacanestro Varese e più di 370 gare in attivo tra professionisti e dilettanti.

La chiacchierata è iniziata parlando dell’accordo trovato riguardo alla riduzione del 20% sugli stipendi: “Una notizia che era nell’aria, nel senso che, da questo punto di vista dobbiamo darci tutta una mano. Non è pensabile riuscire a recuperare quelli che sono i mancanti incassi. Sono soldi che non entrano nelle tasche dei giocatori ed è un gesto apprezzabile e non del tutto scontato”, si esprime Castelli. Sul medesimo argomento dice la sua anche Giancarlo: “Assolutamente giusto. In questi giorni ci sono stati confronti tra club e giocatori. Mai come in questo momento bisogna condividere gli sforzi”.

Giancarlo come hai appreso la notizia della sospensione?
“Sarebbe stato impensabile riprovare a ricominciare, per tanti aspetti. In primis il pubblico, la pallacanestro non è uno sport da porte chiuse, gli incassi vengono da sponsor e biglietteria. Molte squadre erano disfatte, gli americani erano a casa e sarebbe stato impossibile immaginare il ritorno dal punto di vista logistico”.

Commenta anche Castelli: “Questa è l’unica scelta immaginabile perché che interesse c’è a mandare avanti uno spettacolo come la pallacanestro senza pubblico? Anche sotto l’aspetto dei ritorni economici, una follia”. Secondo lei ci potrebbe essere una problematica economica riguardo gli sponsor visto che la stagione non è stata finita? “La problematica potrebbe esserci. Con tutti gli sponsor si sta cercando di trovare degli accordi magari inserendo dei pacchetti per gli anni a venire. Di volta in volta gestiremo le singole citazioni. Spero che nella prossima stagione non ci siano limitazioni per il pubblico perché altrimenti sarebbe un dramma. Dovremmo pensare qualcosa per tutti coloro che avevano pagato l’abbonamento e che ne hanno usufruito per il 60 %. Siamo di fronte a una cosa che tutta la nostra generazione non ha mai vissuto e le ripercussioni economiche, temo, saranno drammatiche e non potremmo non tenerne conto per il prossimo anno”.
Continua parlando del progetto Academy: “Sta prendendo piede ed è all’ordine del giorno la possibilità di unione con la Robur et Fides. Sarebbe una cosa epocale mettere insieme due risorse e vivai perché porterebbe solo un grandissimo risultato”.

Ferrero, come ti vedi in un futuro fuori dalla pallacanestro? “Fare l’allenatore è una cosa lontana da me, per il momento. Mi piacerebbe di più avere un ruolo dirigenziale, mi ispira l’idea di creare uno show nel palazzetto”.
Cosa si prova ad essere capitano di una società con la storia che ha Varese? “Significa tanta responsabilità. 5 anni fa sono arrivato come sconosciuto ed è un continuo viaggio, ogni anno si alza l’asticella. Il pubblico di Varese è competente ed è sempre stato con noi e questo è motivo in più per dare l’esempio sia dentro che fuori dal campo”.
Da piccolo ti saresti mai aspettato una carriera del genere? “Lo sognavo. All’inizio giocavo tanto a pallacanestro ma ne guardavo poca. Ricordo esattamente la partita dove il Varese aveva vinto il decimo scudetto e questo lo vedo un po’ come un segno del destino. Il diventare un giocatore così l’ho costruito col tempo, ogni anno riesco ad aggiungere qualcosa. Sono contento di essere in crescita e voglio continuare a farlo”. Che rapporto hai con Caja? “Ho un grande rapporto. È sempre stato chiaro con me, è un coach duro che pretende dai suoi giocatori. Per lui non si può mollare o lasciare qualcosa a caso e non vuole che i suoi buttino via qualche occasione o possibilità. Mi ha sempre dato tanta responsabilità”.
Come si potrà recuperare dal punto di vista mentale? “L’atteggiamento che tutti avremo quando andremo in un luogo con altre persone sarà diverso. Alla fine, il ritmo e l’aspetto fisico si potrà recuperare in un mese e mezzo ma sarà proprio il rapporto col pubblico che avrà un punto interrogativo”.

Michele Marocco e Alessandro Burin
testo di Roberta Sgarriglia