Carmine Marrazzo, bomber indiscusso del Varese Calcio nella stagione 2015/2016 di Eccellenza, è stato ospite di Michele Marocco e Mavillo Gheller ad Aspettando con… Tanti i temi trattati tra cui, naturalmente, la sua esperienza al Varese e la situazione legata al Coronavirus.
Come stavano andando le cose calcisticamente prima della pausa? “Benissimo. In campionato la mia squadra, ossia l’Atletico Castegnato, era primo e anche personalmente le cose andavano alla grande: tra campionato e coppa ero riuscito a fare 24 goal. Eravamo nei quarti di finale di Coppa Italia e quindi è stata ancora più dura mollare in quel momento ma è un qualcosa di inevitabile. Ricordo che all’inizio quando era esplosa l’emergenza andavamo avanti con l’allenamento, mettendo anche a rischio la nostra salute, proprio perché non volevamo buttare quello che avevamo fatto fino a quel momento. Aspettiamo che si riparta, non si sa come però. Al momento penso sia improponibile ripartire perché tanti giocatori e dirigenti hanno perso i loro cari e come si fa a pensare di ritornare a giocare tra un mese?”.
Come pensi la risolvano la questione campionato? “Penso che daranno un merito alle prime in classifica. Non ritengo giusto annullare tutto perché rimane che società come noi hanno fatto un investimento importante. La cosa più triste secondo me è che alcuni di loro nascondano i propri fallimenti dietro al Coronavirus”.
La situazione sanitaria ti sta toccando da vicino, purtroppo. “Il mio ex suocero è stato contagiato e suo fratello non ce l’ha fatta. I miei vicini pure loro lo sono stati. Di sera si vedevano le ambulanze che portavano via qualcuno che stava male. È qualcosa di surreale, è brutto, c’è tensione. La gente si preoccupa tanto”.
Cos’è la cosa più bella in assoluto che ti sei portato via da Varese? “Noi giocatori non ci siamo mai accorti di fare l’Eccellenza perché quello che vivevi in città era un qualcosa che potevi vivere giocando in altre categorie. C’era entusiasmo, voglia di crescere. La cosa bellissima era che quando andavi in giro respiravi la voglia di ripartire. Mi ha dato tanto, a partire dalle amicizie che sono nate. Ho vissuto un’annata di festeggiamenti”.
A partecipare alla chiacchierata è anche Massimiliano Di Caro, direttore sportivo della Varesina: “E’ un periodo pesante, è difficile in azienda lavorare con serenità. Per fortuna abbiamo ragazzi devoti al lavoro anche se è normale che ci sia preoccupazione e paura. Parlando di calcio, con la Varesina abbiamo fermato tutto e spero che il prima possibile si possa tornare a vivere una vita normale. Cercheremo di tutelare al meglio tutti quelli che lavorano per noi. Per me è sbagliato dire che sia tutto finito per quest’anno perché molte società hanno investito e non è giusto vanificare due terzi di campionato. È un momento complicato ma non bisogna usarlo per interessi personali”.
Non avete mai fatto un pensiero per andare a colmare questa lacuna del calcio a Varese? “In passato ci avevamo pensato ma prima che grandi appassionati di calcio siamo imprenditori, andare in una piazza così importante senza avere delle garanzie che a livello economico si possa andare avanti con un progetto sostenibile e che possa dare dei risultati a lungo termine. Varese è un’icona per le persone che ci abitano e quindi bisogna avere delle possibilità importanti e avere garanzie per far sì che quello che c’è intorno al Varese sia pronto per accoglierti e farti lavorare in un certo modo. Se ci saranno le condizioni è una cosa che si potrà fare”.
Michele Marocco e Mavillo Gheller