Quando ancora tutto era normale ed il coronavirus non aveva sconvolto la nostra quotidianità siamo andati a Verona da Sergio Pellissier che ricorda così il periodo dal 1998 al 2000 in maglia Varese Calcio: “Il primo anno ho fatto molta fatica, ci siamo salvati all’ultima giornata contro la Spal. Era la mia prima stagione da professionista, avevo problemi di pubalgia e faticavo ad essere presente. L’anno dopo è stato migliore, ci siamo divertiti molto. E’ stato il mio trampolino di lancio”.

Sono ormai un po’ di mesi che ti sei ritirato dal calcio giocato: ogni tanto qualche partitella la fai?
“Niente calcio in questi mesi anche perché dopo 23 anni di carriera non mi sono fatto mai nulla di grave e vorrei evitare di farmi male proprio ora”.

Com’è venuto questo passaggio dal calcio giocato a quello dietro la scrivania?
”Ho avuto la fortuna di subentrare in una società importante con persone che mi danno una mano, sto imparando. Non è lo stesso lavoro, devi capire i segreti del mestiere e le piccolezze che ci sono dietro”.

Quando hai capito che era il momento di smettere?
“Sono una persona molto orgogliosa, testarda e odio quando gli altri decidono per me. Quando Corini mi aveva messo fuori mi ero detto che dovevo dimostrare di non essere finito e i successivi tre anni non ho mai saltato un allenamento e più mi dicevano di smettere più continuavo.
Il giorno in cui mi sono reso conto che era arrivato il momento, ho detto basta ed è finito un ciclo e ne è iniziato uno nuovo”.

Ti sei sempre visto dietro una scrivania o pensavi di poter essere anche un allenatore?
“Potrei insegnare ma non sono molto portato ad accettare il comportamento dei ragazzi di oggi o a gestire un gruppo che non dà tutto quello che potrebbe dare e sarei in difficoltà in questo. Quindi fare l’allenatore non era un campo in cui avrei potuto dare il meglio di me”.

Questo Varese ti provoca un po’ di tristezza?
“Decisamente, seguivo già le problematiche che aveva ai tempi del fallimento. Una città come Varese meriterebbe qualcosa di più e quello che dispiace è che non ci sia nessuno che voglia farsi carico di questa società”.

Ti vedi per tutta la vita a Verona o da qualche altra parte?
“Non ci penso ora, mi sono fatto una famiglia qui ma potrebbe succedere di tutto. Non posso pormi limiti su quello che potrà succedere ma finché sarò qui farò sempre gli interessi del Chievo, ci tengo troppo”.

Michele Marocco & Mavillo Gheller
Testo a cura di Roberta Sgarriglia

 GUARDA IL VIDEO COMPLETO DELL’INTERVISTA