Visti i primi segnali di ottimismo in ottica futura, il Bosto ha tutte le intenzioni di farsi trovare pronto e di dimenticare questi mesi difficili forzatamente passati lontano dal campo. A fare il punto della situazione è Davide Giardini, responsabile dell’Attività di Base nonché Team Manager della Prima Squadra: “Per quanto riguarda il settore giovanile abbiamo fermato tutto nel momento in cui è uscito il primo decreto ufficiale tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. Nei limiti del possibile, anche a seconda delle disponibilità logistiche dei ragazzi, abbiamo preparato dei programmi di allenamento e tramite videochiamate cerchiamo di mantenere i contatti; in questo modo tutti sono coinvolti e si sentono parte di una grande famiglia, non solo a livello calcistico”.

Quanto conta per voi l’aspetto sociale?
“La nostra filosofia parla del Bosto come una scuola di calcio e di vita, per cui direi che il sociale è un aspetto decisamente importante. Non possiamo limitarci al campo, ma occorre andare oltre, e soprattutto in un momento come questo la vicinanza di allenatori, staff e dirigenti è fondamentale. Ad inizio lockdown abbiamo registrato parecchio entusiasmo: trovandosi dinnanzi a una nuova sfida, i ragazzi si sono impegnati a fondo nelle esercitazioni impostate, e in più venivano stimolati in prima persona a creare percorsi d’allenamento innovativi. Poi, man mano che la situazione anormale è diventata normale, è ovvio che l’entusiasmo è andato scemando”.

Per quanto riguarda la Prima Squadra invece come vi siete comportati?
“La preoccupazione iniziale è stata quella di fornire ai calciatori programmi prettamente fisici per mantenere la condizione atletica in vista di una possibile ripartenza. Oramai, purtroppo, non si ripartirà”.

Come dovrebbe finire la stagione a tuo giudizio?
“Le idee su come finire la stagione sono infinite, ma ogni scelta produce inevitabilmente anche infinite problematiche e qualche scontento ci sarà sempre. È giusto che ognuno dia la sua opinione, ma personalmente non saprei rispondere in merito. Posso solo dire che prima di tutto bisogna considerare il momento storico che stiamo vivendo: la salute di tutti è l’unica cosa che conta. Ci vuole rispetto e coscienza sociale nei confronti di quanto stiamo vivendo”. 

La politica del Bosto è da sempre incentrata sulla crescita dei giovani. Da quando avete costruito la Prima Squadra avete raccolto subito importanti risultati; tutto ciò è frutto del grande lavoro a livello giovanile fatto negli anni precedenti?
“Assolutamente sì. Il Bosto è nato come settore giovanile del Varese che navigava tra Serie A e Serie B. Dopo tutto quello che è successo siamo andati avanti con la nostra filosofia puntando sui giovani e riuscendo a portarne molti ad alti livelli. La Prima Squadra è nata dalla volontà di dare ai ragazzi un passaggio diretto per il calcio dei grandi, mantenendo così i nostri talenti che in passato, a 16/17 anni, dovevano aggregarsi ad altre Juniores. La nostra Prima Squadra è un gran bell’edificio sorto su fondamenta più che solide e i buoni risultati raccolti certificano l’eccellente lavoro fatto a livello giovanile da sempre”.

Tornando all’attualità, quali possono essere le ricadute di quest’emergenza sia a livello economico sia a livello umano?
“Economicamente parlando abbiamo la fortuna di essere una società solida e da questo punto di vista non siamo preoccupati, in quanto ci iscriveremo sicuramente a tutti i campionati. Avevamo in mente di fare certi interventi per migliorare le strutture, ma ovviamente abbiamo dovuto sospenderli vista la situazione; questo non significa che non li faremo, ma solo che li abbiamo rimandati. Le rette di questa stagione non sono un problema: ci siamo già messi in contatto con chi ha pagato in anticipo e, a seconda dei casi, decideremo se rimborsare la somma o compensarla con il prossimo anno. Per quanto riguarda l’aspetto sociale siamo orgogliosi di avere istruttori e collaboratori di assoluto livello che garantiranno in ogni caso a ragazzi e famiglie un elevato standard di qualità, ma inevitabilmente potranno esserci delle riduzioni nel numero delle iscrizioni o dei tesserati”.

A parte i lavori rimandati, avete in cantiere altri progetti per la prossima stagione?
“Quest’anno volevamo rifare il campo a 7 in erba sintetica, ma come ho detto prima abbiamo momentaneamente sospeso il tutto. In ogni caso stiamo cercando di allargarci perché ad oggi contiamo circa 400 tesserati e le strutture devono essere ampliate in modo da accogliere tutti. Quest’anno ci siamo appoggiati al campo delle Bustecche, ma stiamo valutando varie zone da acquistare per creare una soluzione tutta nostra. Per quanto riguarda invece la programmazione della prossima stagione in sé ci siamo mossi tempestivamente: avremo gli stessi gruppi, anche se magari ci potrà essere quel calo già accennato in precedenza per cui da 22 elementi in rosa potremmo passare a 19. Da questo punto di vista siamo a buon punto e stiamo solo aspettando di capire quando si partirà effettivamente”.

Il Bosto è affiliato con l’Atalanta; cosa rappresenta questa collaborazione?
“L’affiliazione cominciata tre anni fa ha prodotto, e sta producendo tutt’ora, notevoli risultati. La collaborazione riguarda ovviamente anche la formazione dei mister e colgo l’occasione per ringraziare l’Atalanta per la disponibilità mostrata in questi mesi, mantenendo vivi i contatti attraverso riunioni online e corsi d’aggiornamento. Ovviamente muoversi sul campo offre maggiori benefici e, negli anni, il confronto su come lavorare e innovare è stato costante. Per i ragazzi invece è una vetrina decisamente di livello: moduliamo le interazioni, attraverso amichevoli o camp estivi, e in questo modo gli scout hanno la possibilità di visionare personalmente i nostri giovani talenti”.

Detto del Bosto, qual è la tua ambizione personale nel mondo del calcio?
“Sono cresciuto in una famiglia di avvocati, ho studiato giurisprudenza e ho conseguito un master legato al mondo dello sport e del diritto. Sono malato di calcio e spero vivamente di poter lavorare per sempre in questo ambiente, in quanto offre notevoli risvolti anche dal punto di vista sociale. Resto costantemente aggiornato su tutto, ho il patentino Uefa C e a breve punto ad ottenere anche l’Uefa B. Per quanto riguarda i progetti a breve termine vorrei concentrarmi sul campo, ma sul lungo periodo preferirei passare dietro la scrivania ed operare nell’ambito gestionale. Mi auguro di riuscire a farlo a livello professionistico”.

Matteo Carraro

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