Allenarsi senza sosta, affrontare la quarantena a suon di workout, così lo chiamano gli anglofoni. I buoni propositi non mancano. Scarseggiano, invece, le prospettive di tornare sui campi di calcio, almeno nell’immediato futuro. Eppure il Busto 81, capolista in Eccellenza, di motivazioni ne avrebbe eccome, se non altro per evitare di far sfumare l’eccezionale lavoro svolto dallo staff tecnico capitanato da Ciro Improta, preparatore atletico dei biancorossi con un passato nel professionismo.

Come state affrontando la situazione? E i ragazzi come hanno risposto?
“Ufficialmente siamo fermi dal 7 marzo, ma in realtà non ci siamo fermati mai. I ragazzi mi hanno spiegato individualmente di che materiale disponessero a casa: manubri, palle mediche, bilancieri, elastici. Sulla base di queste informazioni abbiamo stilato dei programmi fatti di circuiti di prevenzione e tonificazione a livello isometrico, addominali, flessioni, senza tralasciare anche l’aspetto metabolico e aerobico con circuiti che prevedono poco recupero per concentrarsi sulla frequenza. E devo dire che i ragazzi sono straordinari perché nonostante tante difficoltà, chi in giardino, chi in casa, stanno lavorando con molta intensità. Ogni sera mi mandano un video feedback con le loro impressioni e ciò è la testimonianza che la squadra ha raggiunto una cultura del lavoro eccezionale. Se siamo in testa al campionato un motivo c’è”.

Nel momento in cui è scoppiata l’emergenza Coronavirus, al di là della classifica, in che situazione fisica e mentale si trovava il Busto 81?
“Eravamo in una condizione ottimale, o quasi, tre vittorie consecutive, primi con sei punti di vantaggio sulla Varesina e ci aspettavano degli scontri alla portata in casa. Ci mancava davvero poco al traguardo ed eravamo arrivati fino a lì senza infortuni, il che era una grande soddisfazione. Quello che abbiamo fatto fino a quel momento è sotto gli occhi di tutti e sarebbe un peccato che non fossimo premiati, nonostante tutto”. 

Se il campionato dovesse riprendere e concludere il campionato, quanto tempo vi sarebbe necessario per tornare a regime e giocare le ultime nove gare?
“Saremmo pronti a ripartire con due settimane di lavoro. È ovvio che i giocatori la palla non la vedono da due mesi e bisognerebbe arrivarci gradualmente. Questo sarebbe compito dell’allenatore per affrontare le ultime partite. Se si potesse fare per noi sarebbe una grande occasione per concretizzare quanto di buono avevamo già fatto vedere. Nel caso opposto sarebbe per noi un grande rammarico”. 

Se invece non si dovesse riprendere, dove si potrebbe trovare la motivazione giusta per affrontare mesi di allenamenti senza partite?
“Ho chiesto a Pasqua ai ragazzi cosa volessero fare. Mi hanno risposto che volevano andare avanti e questo è fondamentale, è già un tassello molto importante per poter pensare ad un programma di lavoro. Se c’è la possibilità di poter uscire anche un minimo possiamo abbinare la corsa ai circuiti che stiamo facendo. Sono ragazzi che hanno una mentalità tale che il lavoro mancherebbe loro. Sappiamo che andando in là ci sarà sempre meno possibilità di giocare. Ma loro non si sono mai fermati. Hanno capito che lo stanno facendo per loro. Sanno che fermarsi fino alla prossima stagione sarebbe molto difficile”.

Quanto e cosa cambia dall’allenarsi a casa ad allenarsi sul campo con la squadra al completo?
“È tutto diverso. Mancano spazi, contatto con i compagni, avversario, palla”.

Personalmente come sta affrontando la situazione? Ha meditato soluzioni innovative per tenere alta la concentrazione dei suoi ragazzi anche da casa?
“Ultimamente sono molto impegnato anche con la scuola dove insegno. Alla sera mi dedico alla ricerca di nuovi esercizi. Un mese lungo come questo ci ha permesso di studiare anche nuovi aspetti di esercizio che potesse coinvolgere maggiormente i giocatori. Ho dovuto prendere in mano il pc e organizzarmi, ma ormai questo è all’ordine del giorno oggi. Sarebbe da stupido non usare la tecnologia. Ciò non vuol dire copiare gli altri, ma valutare bene il materiale umano che hai. Io mi sono reso conto di avere un gruppo che poteva darmi tanto e abbiamo sviluppato tabelle quasi professionistiche”.

Alessio Colombo