L’orgoglio di continuare la tradizione di famiglia. E, perché no, rinnovarla. È ciò che smuove l’animo di Camilla Vescovi. Figlia d’arte, nel nome e nell’animo, cestista varesina classe 2000 della Pallacanestro Gavirate, prodotto delle giovanili della Pallacanestro Femminile Varese, si prepara alla ripartenza. Non solo in campionato, anche nella vita, dove conserva un cassetto ricco di progetti. Spiccare il volo a canestro così come nella carriera di conduttrice televisiva, c’è tutto questo nel domani di Camilla, insieme al sogno di condividere la propria passione per la palla a spicchi con papà Cecco.  

Camilla, l’arrivo della pandemia ha interrotto una stagione che ti ha permesso di fare un salto di categoria importante. Dalle giovanili della Pallacanestro Femminile Varese alla Serie C a Gavirate. Come ti sei trovata finora?
“Devo dire che all’inizio lo sbalzo c’è stato. Sono passata dalle giovanili della Pallacanestro Varese a Gavirate in Serie C. Ho trovato ragazze molto giovani e altre molto più esperte, fino a 30 anni. Personalmente sono cresciuta molto. Da novellina, che giocava davvero poco, ho ottenuto un buon minutaggio nel corso delle partite, sfruttando anche qualche sfortunato infortunio. Perciò l’interruzione è stata veramente un peccato, ma sono tranquilla. Se dal punto di vista fisico avrò bisogno di recuperare, dal punto di vista mentale invece no. La pandemia non ha diminuito la mia voglia di crescere e dare il massimo”. 

Quali erano gli obiettivi della squadra per questa stagione?
“Gavirate è una squadra che è sempre arrivata in finale dei playoff. E anche quest’anno con il secondo posto in classifica eravamo sulla buona strada per tornarci. Nonostante alcuni disguidi, a metà stagione possiamo dire che ci siamo assestate e abbiamo trovato un modo per andare avanti”. 

Il tuo cognome è indissolubilmente legato alla storia della Pallacanestro Varese. Che ruolo ha tuo papà Cecco nella tua vita e cosa ti ha trasmesso?
“E’ un riferimento sia dal punto di vista della passione per lo sport che mi ha trasmesso, sia dal punto di vista umano. L’ho visto negli ultimi anni della sua carriera da giocatore. Ovviamente, lui è rimasto nella storia del basket per quello che ha fatto in campo, vincendo lo scudetto della stella con la Pallacanestro Varese, ma non lo reputo un personaggio. Lui non mi ha mai obbligata a fare il suo stesso percorso e nemmeno mio fratello. Abbiamo preso strade completamente diverse ma mantenendo sempre la sua stessa passione, la tenacia, la professionalità e la serietà nel fare ogni cosa. Ammiro molto mio padre e sarebbe bello un giorno condividere un progetto insieme”. 

Ti è capitato anche di dover intervistare tuo papà. Che effetto ti ha fatto?
“Succedono sempre dei siparietti divertenti o momenti in cui ci confrontiamo, avendo la stessa passione per la pallacanestro. Per cinque anni lo ha fatto, rispecchiando tantissimo il suo modo di essere giocatore. Seguo tutte le partite delle sue squadre che diventano le mie, sia in casa che in trasferta e mi è capitato di fargli presente che il basket è cambiato. Lui mi ha risposto che oggi i giocatori non hanno più la fame di una volta e spesso è vero”.

Come hai trascorso la quarantena? Hai scoperto qualcosa di nuovo su di te?
“Non nascondo l’ansia per i miei familiari. Metà di loro si trovavano in Spagna, ma per fortuna nessuno è stato toccato dal virus. In quarantena ho avuto modo di pensare molto al mio futuro e ai valori che voglio veramente nella vita, tra un allenamento e l’altro”.

Cosa ti aspetti alla ripartenza?
“Tra qualche giorno ci ritroveremo con la squadra. Ci aspetterà un periodo per rimetterci in sesto perché siamo fuori ritmo. Sarà curioso ripartire con tanta voglia e consapevolezza. Ho letto che non si potrà difendere a uomo. Non so quanto sia fattibile, ma non è mai stato un problema mio – ride”. 

E senza tifosi… In altri sport ci sono state delle proposte per permettere comunque un’affluenza ridotta. Il pubblico secondo te sarà nel futuro prossimo o lontano del basket?
“Penso che sia molto più probabile ripartire con le palestre o i palazzetti chiusi. Obiettivamente sarebbe impossibile vivere la partita con il distanziamento. Non sarebbe la stessa cosa. In ogni caso questo sarà un risvolto negativo della situazione che si è creata per il Coronavirus. Il pubblico influenza tanto i giocatori e io ho potuto comprenderlo quest’anno a Gavirate. Prima d’ora non avevo mai giocato di fronte a tante persone e capisci che in quel momento tu non stai soltanto giocando per te ma anche per gli altri”. 

La pandemia ci ha costretti a rivedere i nostri piani. Tu oggi come vedi il tuo futuro?
“Mi piacerebbe continuare a frequentare l’ambiente del basket. In passato poi ho presentato qualche serata insieme ad Alessandro Mamoli, noto personaggio televisivo della pallacanestro. Mi ha affascinato molto parlare davanti a centinaia di persone e l’idea di trasmettere informazioni attraverso le mie parole è molto interessante. Spero di poter continuare su questa strada”. 

C’è qualche modello, magari femminile, a cui ti ispiri nel campo del giornalismo sportivo?
“Veramente no. In uno sport come il basket poi è raro trovare delle conduttrici donne. Ma proprio per questo motivo mi sento stimolata ad intraprendere questa avventura, per portare una nota femminile anche all’interno di uno sport come la pallacanestro”.

Alessio Colombo

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