A oltre due mesi dall’interruzione forzata di attività e campionati, il mondo dello sport versa ancora nella più totale incertezza. Gli interrogativi sull’esito della stagione 2019-2020, che in condizioni normali si sarebbe conclusa proprio in questi giorni, passano ormai in secondo piano rispetto al devastante impatto economico della pandemia sulle società e squadre di ogni livello. Insieme a Lelio Gallazzi, presidente del CAS Sacconago, abbiamo affrontato questo tema dal punto di vista del settore giovanile.
In base al decreto Cura Italia, emanato in data 24 aprile, le famiglie dei tesserati avrebbero la possibilità di richiedere un voucher come modalità di rimborso delle quote relative al periodo in cui non è stato svolto alcun tipo di attività. Sorge spontaneo domandarsi quanto questa soluzione possa essere fattibile.

Qual è la sua opinione su questa possibilità dei voucher?
“È un meccanismo da chiarire bene perché nelle condizioni attuali le società non dispongono delle risorse necessarie per erogare questi voucher e scontare le quote dall’anno prossimo. Ci siamo fermati a febbraio e in quel momento non tutti avevano già saldato la retta. Per poter aiutare le famiglie serve innanzitutto che qualcuno aiuti le società. È un decreto confusionario, proprio come quello del sostegno economico ai collaboratori sportivi, che non possono presentare la richiesta se hanno un’altra forma di reddito”. 

Di cosa hanno bisogno le società in questo momento? 
“Personalmente mi aspetto che il Comitato ci venga incontro su due fronti, ovvero la tassa di iscrizione del prossimo campionato e i cartellini. È una questione ancora più importante delle eventuali promozioni e retrocessioni e ormai urge una decisione visto che ai primi di maggio siamo ancora nel buio più totale. Qualsiasi misura venga presa scontenterà qualcuno, ma se non si decide saranno tutti insoddisfatti. Tergiversare è inutile e le società devono saperein che forma verranno aiutate, altrimenti la metà non avrà la forza di iscriversi. Dopotutto i camp sono chiusi, i tornei sono saltati e in un momento così delicato non si possono chiedere le quote ai genitori né i contributi agli sponsor,quindi mancano le entrate. Con tutti i soldi versati in questi anni, il Comitato deve venirci incontro, non vedo alternative. Il settore giovanile ormai fino al 30 giugno è fermo, ma il dopo è ancora un mistero e serve chiarezza per poter organizzare il futuro. Quanto ai dilettanti, ho anche letto che dal 18 maggio si potrebbero riprendere gli allenamenti, ma a che scopo? Nessun presidente si prenderebbe una responsabilità del genere e sarebbe follesanificare tutti gli ambienti e rischiare comunque il contagio. Ora le priorità sono la salute, il lavoro e le famiglie che devono andare avanti; il calcio passa in secondo piano”.

In questi mesi di stop come vi siete organizzati per i pagamenti ad allenatori e membri dello staff?
“Fino a gennaio, l’ultimo mese in cui abbiamo giocato a tempo pieno, abbiamo fatto fronte alle varie spese. Da febbraio è diventato più difficile e la situazione è entrata in stand-by. Abbiamo fatto tutto ciò che rientrava nelle nostre capacità, ma per il resto stiamo attendendo l’evolversi della situazione. I nostri collaboratori sanno che non possiamo fare miracoli e comprendono bene le circostanze”.

Pensa che adesso come adesso sia possibile programmare la prossima stagione?
“Per ora programmare è prematuro. Con la prima squadra in qualche modo ce la potremo cavare, ma il problema riguarda soprattutto il settore giovanile. Se i cartellini rimangono alla stessa cifra e dovremo tesserare 150 ragazzi, l’importo da versare sarà molto alto, e oltretutto ai genitori non potremmo chiedere le rette. Il Comitato devequantificare gli aiuti alle società, poi ognuna si regolerà in base alle proprie esigenze. Ma se non prendono una decisione non si può fare quasi nulla, perché per poter ragionare a lungo termine abbiamo bisogno di sapere che tipo di sostegno potremmo ricevere. Solo in quel momento potremo fare una riunione per valutare la situazione e capirequali sono le nostre possibilità. Per come stanno le cose, l’unica certezza è che niente potrà essere come prima, e infattii rimborsi spese all’inizio non ci saranno. Poi se potremo tornare a lavorare a tempo pieno con il bar e i nostri sponsor,avremo a disposizione più risorse”.

Com’era andata l’annata del settore giovanile?
“Bene, eravamo contenti ma consapevoli di poter fare di più. Gli Juniores avevano conquistato per il primo anno i regionali: eravamo partiti bene ma poi siamo crollati, anche per la difficoltà di avere a disposizione i ragazzi, che spesso si dividevano tra Juniores e Promozione. Eravamo ai margini della salvezza e anche a questo riguardo non so cosa deciderà il Comitato. Anche le altre squadre giovanili si sono comportate bene e il nostro intento era di confermare tutti e di migliorarci colmando i vuoti nell’organico, ma senza certezze non si può fare nulla. A livello generale siamo stati soddisfatti del lavoro svolto, sia con il DS della prima squadra, Claudio Colombo, che con il responsabile del settore giovanile, Davide Borsani. Siamo come una piccola famiglia in cui ci conosciamo tutti e cidiciamo sempre le cose come stanno. Quindi il bilancio della stagione è sicuramente positivo”.

Silvia Alabardi

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