Luciano Cau si appresta alla quinta stagione sulla panchina del Cas Sacconago con la spensierata determinazione di sempre, anche se ammette che: “Ributtarsi con la testa sulla squadra dopo mesi lontano dal campo sarà difficile”.

Approfondiamo il tuo rapporto con il Cas: cosa vuol dire per te allenare questo gruppo?
“Dal 2008 sono in questo contesto, dapprima come giocatore e poi come allenatore. Questa più che una squadra è un gruppo di amici, una famiglia, per cui nel momento in cui è arrivata la chiamata per diventare allenatore non sapevo cosa aspettarmi: tutti conoscevamo gli equilibri interni, ma non sapevamo come avrebbe reagito la squadra nell’avere un allenatore come me. Avevo paura di rovinare i rapporti, ma ho scelto di provarci e, al contrario, il nostro legame si è rafforzato. Qui si sta bene e mi sento tutelato dal presidente e da tutti gli altri, passando anche per Claudio (Colombo, direttore sportivo, ndr): non ci sono problemi a livello di mercato o di risultati e ogni errore viene accettato e metabolizzato nella giusta maniera”.

Alla prima esperienza in Promozione siete stati indubbiamente protagonisti; senza il Covid-19 dove sareste arrivati?
“Di sicuro non saremmo retrocessi. Analizzando le nostre prestazioni vedo che abbiamo vinto contro il Meda, contro la Base96 e siamo riusciti a pareggiare in 10 uomini contro il Gavirate. Va detto che noi facciamo solo due allenamenti alla settimana, per cui nelle ultime partite magari avremmo avuto meno birra degli altri; in ogni caso direi che potevamo concludere tranquillamente a metà classifica”.

Che differenze ci sono tra Prima Categoria e Promozione?
“In Promozione tutte la partite sono aperte fino alla fine, mentre in Prima Categoria capitava di vincere agevolmente qualche match. In più se i risultati iniziano a darti contro per un paio di partite non hai più la possibilità di sbagliare; fortunatamente noi siamo riusciti a vincere in fretta e ad abituarci alla categoria”.

Per la prossima stagione sono arrivate conferme importantissime, un innesto di esperienza come Caristina e altri acquisti mirati di giovani. Dobbiamo aspettarci un Cas altrettanto ostico?
“La campagna acquisti piange (ride, ndr), nel senso che i big vanno logicamente da altre parti. Ma se guardiamo alle conferme… chapeau: Berton, Caccia, Napolitano, Heinzl e tutti gli altri hanno dimostrato uno straordinario attaccamento alla maglia. Caristina, pur giocando al Gorla, era uno di famiglia e ha accettato volentieri di venire da noi. Con lui completiamo un reparto di “anziani” esperti: ha un gran temperamento, è capace, è bravo nel gioco aereo e ha un bel piede. Per il resto abbiamo snellito la rosa cercando qualche under e, augurandoci di restare in categoria, per le future stagioni saremo a posto. Secondo me va rivista la regola degli under: da quest’anno i ’99 valgono come gli ’83, per cui se da un lato si favorisce l’inserimento dei giovani, dall’altro si complica la loro carriera dato che nel momento in cui vanno fuori soglia devono essere giocoforza sacrificati”.

Cosa manca per completare la rosa?
“Si sa che gli allenatori sono golosi. In difesa siamo a posto, a centrocampo non c’è spazio per una mosca, mentre in attacco si potrebbe fare qualcosina. Noi abbiamo super-Berton e guai a chi ce lo tocca, ma non nego che mi piacerebbe affiancargli qualcuno, per cui stiamo valutando un vice. Non possiamo permetterci chissà chi: dovremo cercare qualcuno che possa giocare con lui, accettare la panchina e, soprattutto, essere alla sua altezza. Potremmo cercare anche un giovane, ma in ogni caso non è semplice”.

Il tallone d’Achille della passata stagione sono stati i match casalinghi; come lavorerai da questo punto di vista?
“C’erano due chiavi di lettura: sfortuna e campo. Il presidente ha provato tutti gli amuleti del caso e, diciamocela tutta, un po’ sfortunati lo siamo stati; il campo non era certamente un biliardo e sapevamo che il nostro gioco ne avrebbe risentito. Più che continuare ad allenarsi su quel campo non so che fare, per cui non faremo nulla di diverso dallo scorso anno. Ricordo comunque che la sfida contro il Vighignolo è stata una delle nostre migliori partite di tutta la stagione, ma Lolli ha fatto il diavolo a quattro e ci ha condannato alla sconfitta”.

Che campionato ti aspetti?
“Mi aspetto che la Solbiatese faccia un campionato a sé, anche se non sono così convinto che facciano filotto; diciamo che avere due attaccanti da almeno venti gol a testa aiuta, e non poco. Il Vighignolo ha fatto una bella squadra, ma non credo siano all’altezza della Solbiatese, il Meda credo che avrà un percorso simile a quello dello scorso anno, mentre tante squadre hanno gente davanti in grado di risolvere la partita da soli; occhio anche alle neopromosse. Credo che comunque sarà un campionato livellato in cui, più che capire chi mettere davanti, bisogna capire chi mettere dietro. Noi lavoreremo per stare più in alto possibile, ci piace la sfida e faremo il nostro; sarà un bel campionato”.

Resterai al Cas a vita?
“Beh, non mi arrivano offerte (ride, ndr). A parte gli scherzi, anche le altre squadre sanno che io non ho alcuna intenzione di cambiare; ho tre maglie del Cas, giocatore, allenatore e dirigente, per cui se non mi cacciano non me ne vado. Qui c’è un compromesso: abitando lontano e avendo un figlio ho la possibilità di avere solo due allenamenti a settimana, cosa che da altre parti non avrei. Non ho proprio l’interesse a provare un’avventura altrove perché qui sto troppo bene. E questo discorso vale anche per altri, perché Berton e Caccia potrebbero tranquillamente stare in Eccellenza”.

Il Cas sta diventando a tutti gli effetti una realtà?
“Lo sta diventando perché in passato i giocatori ci snobbavano a prescindere, oggi almeno si siedono a parlare. Stiamo crescendo perché Claudio è una persona affidabile e sincera e il presidente ha sempre soddisfatto tutte le richieste di tutti. Per quanto mi riguarda, la Promozione è il massimo cui il Cas può ambire: abbiamo vinto la nostra Serie B (la Prima Categoria, ndr) e ora siamo in Serie A. Per noi questa è già la vittoria più grande”.

Matteo Carraro

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