Sono già passate sei settimane dall’ultima partita disputata nel campionato dilettantistico e, considerata la delicata situazione che sta vivendo il nostro Paese, le prospettive di un’eventuale ripresa della stagione diventano sempre più incerte. Questo uno dei temi affrontati con Mirco Tirelli, difensore centrale e capitano del CAS Sacconago, che racconta la sua quotidianità in piena emergenza Covid-19, tra la nostalgia del campo da gioco e i punti interrogativi circa il tanto desiderato ritorno alla normalità.

Come ti senti e come stai vivendo questo periodo di quarantena?
“Sto bene. In questi giorni non possiamo fare altro che restare a casa e rispettare le regole. Avendo molto tempo a disposizione, ne sto approfittando per studiare. Da quattro anni frequento un corso di osteopatia e presto dovremmo iniziare le lezioni online. Teoricamente l’anno finisce a settembre, ma con i seminari annullati e l’impossibilità di fare pratica, sarà da vedere come verrà riorganizzato il programma. Dal punto di vista professionale, purtroppo, sono fermo dall’8 marzo. Lavoro in uno studio di massoterapia e, trattandosi di un’attività a stretto contatto con la gente, ho dovuto interrompere tutto. In genere per la maggior parte dei pazienti effettuo visite a domicilio, però con le norme di sicurezza da seguire in questo periodo sarebbe stato molto difficile proseguire l’attività. Da libero professionista ne sto risentendo economicamente, ma in una situazione del genere non si può fare altrimenti. Quando migliorerà, potrò riprendere i trattamenti lasciati in sospeso”.

Riesci comunque ad allenarti? Come si era mossa la società dopo i primi campanelli di allarme?
“Nei giorni successivi al primo rinvio, per come si stavano mettendo le cose avevamo ipotizzato che la sosta sarebbe stata più lunga della settimana inizialmente prevista. Ci eravamo allenati al giovedì e la società aveva fatto sanificare gli spogliatoi, ma poi la nuova ordinanza ha proibito del tutto gli allenamenti. Secondo me è stata una scelta giusta perché in uno sport di contatto come il calcio era praticamente impossibile attenersi alle precauzioni per mantenere le distanze. A quel punto il mister ci ha dato subito un programma personalizzato, con sessioni di corsa ed esercizi fisici. Poi da quando sono state vietate anche le attività all’aperto, cerchiamo di gestirci come meglio possiamo tra le mura di casa per non perdere la condizione nel caso si ricominciasse a giocare. Personalmente mi alleno con i pesi e a corpo libero, anche per passare il tempo e sfogarmi un po’ in questa quarantena”.

Come pensi che potrebbe finire questa stagione?
“Gioco da quando ho cinque anni e il calcio è la mia più grande passione, quindi ovviamente spero di tornare in campo il più presto possibile, però analizzando la realtà penso che sia molto difficile un proseguimento del campionato. Lo dico a malincuore, per me come giocatore ma anche per le società che hanno investito molto dal punto di vista economico. So che potrebbe succedere di tutto, ma non credo che ripartire dallo stesso campionato sia un’opzione fattibile. Se la stagione venisse annullata ci saranno sicuramente contenti e malcontenti, ma in questo momento la salute ha la priorità, nonostante il grande dispiacere. Quando finirà la quarantena, il governo avrà questioni più urgenti da sistemare e per quanto riguarda il calcio magari i professionisti potranno riprendere, ma per noi dilettanti la vedo dura. Anche ipotizzando che si riprenda a maggio, dopo uno stop di due mesi ci vorrebbe un periodo di preparazione, per cui di fatto sarebbe come iniziare un nuovo campionato”.

Pensando alle prestazioni del CAS, sarebbe un grande peccato dire addio alla stagione.
“Assolutamente. Spiacerebbe moltissimo perché stavamo facendo un buon campionato. Essendo una neo-promossa avevamo come obiettivo primario la salvezza, poi vedendo i risultati ottenuti puntavamo a qualcosa di più e, perché no, anche a qualificarci per i play-off. Finire il girone di andata in terza posizione è stata una sorpresa per i nostri avversari, visto che le squadre che ambivano ai primi posti erano altre. Noi, però, sapevamo di avere le risorse per fare bene e devo dire che per come abbiamo giocato le partite ci siamo meritati i punti fatti. Il girone di ritorno era iniziato con qualche sconfitta di troppo. Oltretutto nelle ultime settimane ci avevano penalizzato alcuni infortuni pesanti, ma contro l’Union Villa eravamo finalmente tornati alla vittoria e con una classifica così corta come quella di quest’anno sarebbe stato tutto possibile”.

Quanto potrebbe pesare questo stop per la società?
“Tutte le squadre in maggiore o minore misura accuseranno il colpo economico: c’è chi ha più introiti con i tifosi, chi con il bar, chi con i tornei di fine stagione. Noi, ad esempio, dopo la chiusura del campionato normalmente giochiamo un torneo dai primi di maggio fino a giugno. Quest’anno, ovviamente, sarà decisamente compromesso. Guardando al futuro, non so come si ricomincerà dal punto di vista societario, ma la certezza è che siamo un gruppo molto serio e unito, quindi anche in un momento difficile come questo, in qualche modo ne usciremo. Io sono al CAS da tre anni, anche se la prima stagione non ho potuto giocare perché avevo rotto il crociato, e ho solo belle parole per questa società. Mi sono sempre trovato bene e non mi hanno mai fatto mancare nulla. Posso dire tranquillamente che siamo come una grande famiglia e che c’è molta sintonia tra di noi. Durante la stagione mangiamo tutti insieme il giovedì e lo spogliatoio è molto affiatato. Sono contentissimo di stare qui perché una società del genere, per una categoria come la Promozione, infonde tanta serenità in noi giocatori. Stare lontano dal campo e da un ambiente così è dura, speriamo che si risolva tutto per il meglio”.

 Silvia Alabardi