Tutto lo sport “ammazzato” dal coronavirus. In una situazione che giorno dopo giorno si fa sempre più pesante passando rapidamente da epidemia a pandemia, le “piccole” vicende legate allo sport fanno quasi tenerezza. Tuttavia è pur vero che migliaia e migliaia di persone sono impegnate nello sport e, nello specifico, nella pallacanestro vivono, lavorano, mettono passione e amano.
A queste “millemila” anime l’emergenza coronavirus ha cambiato la vita e sconvolto, anzi, desertificato l’orizzonte. Ad alcune di loro, protagoniste nel basket, abbiamo girato tre domande. A rispondere è Federico Sassi, coach del Basketball Gallarate. 

Se la stagione si chiudesse adesso senza più scendere in campo, come reagiresti?
“La reazione più evidente ha un nome ben preciso: dispiacere. Anzi, dispiaceri. Tanti. Prima di tutto quello di non poter più andare in palestra ad allenare, e fare pallacanestro, con un bellissimo gruppo di giocatori coi quali in questi mesi si è instaurata una gradevolissima sintonia tecnica e umana. Secondo punto, quello di non poter più sviluppare un programma di basket che, pur avendo già prodotto risultati più che buoni era suscettibile di ulteriori, a mio avviso sicuri, miglioramenti. Terzo punto, quello di lasciare a metà strada una stagione che, fino al noto provvedimento di sospensione, mi sembrava fosse una delle più belle e interessanti degli ultimi anni grazie alla presenza di numerose buone squadre e ad un livello di competizione davvero equilibrato. Infine, il quarto e ultimo punto riguarda il dispiacere, il rammarico di lasciare a metà, o quantomeno incompiuto un percorso che, per noi di Gallarate, ma presumo sia la stessa cosa per diversi altri club, stava muovendo la passione dei nostri tifosi. Vedere il palazzetto di via Sottocosta “tutto esaurito” in almeno 6-7 occasioni è stato gratificante, ma dal nostro punto di vista rappresentava solo il primo traguardo tagliato in una corsa che nei prossimi playoff avrebbe raggiunto la tappa finale”.

Secondo te ci sono i tempi per chiudere regolarmente il campionato?
“Mi sembra che la situazione, sempre più grave ed allarmante col passare dei giorni, non consenta di pensare a possibili “tempi tecnici”. In qualsiasi caso, l’eventuale idea di comprimere la stagione inserendo turni infrasettimanali non mi troverebbe d’accordo perché al nostro livello le esigenze di lavoro e/o studio sono assai più importanti della conclusione, peraltro molto incerta e comunque frettolosa, della stagione”.

Cosa cambieresti nella formula?
“Ho un solo suggerimento: stante la situazione mi sembra sensato chiudere la stagione come se non fosse mai iniziata. Del resto, pur rispettando le richieste di chi avendo fatto investimenti significativi spinge per arrivare ad un risultato certo, dico che le priorità sono altre, ben più importanti: la salute e la ripresa economica senza la quale, a cascata, si prospettano tempi durissimi anche per lo sport. Quindi, in definitiva, più che pensare a come chiudere una stagione che dopo una pausa di quasi due mesi innescherebbe problemi anche sotto il profilo fisico-atletico, inizierei a muovermi per preparare la prossima. E con l’aria che tira non sarà facile per nessuno”.

 Massimo Turconi