In un momento di difficoltà nel quale tutto il movimento calcistico, come ognuno di noi, è messo alla prova, ecco il punto di vista di Pasquale Curatolo, allenatore che, caso forse unico nel nostro panorama calcistico, da oltre un ventennio, senza soluzione di continuità, ha coniugato il suo nome a quello di una società, il Cairate.
Come state affrontando questo periodo di stop forzato?
“Abbiamo accolto con sollievo la decisione di chiusura totale. Lo sport e il calcio sono espressione di una società e il fatto che le scuole fossero chiuse, ma i ragazzi potessero allenarsi era una situazione contrastante che non andava bene e, comunque, faceva scadere l’attività svolta”.
Come sta gestendo con i suoi giocatori questo periodo senza allenamenti di squadra?
“I miei ragazzi sono persone intelligenti che hanno capito la gravità del momento e compreso che certi criteri indicati nei provvedimenti governativi rendevano, per le realtà dilettantistiche come la nostra, impossibile svolgere l’attività sul campo. L’incolumità della persona viene prima di tutto. In un’ottica di ripresa delle attività all’inizio di aprile, ho dato loro un programma di allenamenti individuali da svolgere all’aperto”.
Quali sviluppi immagina per il prosieguo della stagione?
“Mi auguro che dal 3 aprile si possa riprendere l’attività sportiva, ma sinceramente la vedo dura. Se, comuque, dovessimo riprendere penso che ci vorrebbero quindici giorni per poter far allenare i giocatori, permettere loro di riprendere una condizione fisica adeguata alle prestazione e che limiti il rischio di infortuni. Una tale soluzione porterebbe a giocare le undici partite mancanti, dopo la Pasqua fino a giugno compreso, senza disputare play-off e play-out. Questa situazione di blocco dei campionati ci permettere di riflettere sull’organizzazione dei calendari e guardare a un modello di campionato di tipo elevetico come viene svolto in Canton Ticino, realtà a noi prossima, dove il campionato inizia prima, conosce una pausa invernale più lunga, e si protrae fino a giugno. Nel caso non si dovesse riprendere, personalmente sarei per annullare il campionato, senza riconoscere promozioni e retrocessioni, dando magari un merito sportivo in caso di ripescaggi nella composizione dei campionati nella prossima stagione. La mia è solo una opinione, chiaramente queste sono decisioni che spettano ai vertici dirigenziali della Federazione alle quali noi ci adegueremo”.
Come è cambiata la sua vita quotidiana in questo periodo?
“Il calcio è una grande passione alla quale ho dedicato la vita, prima come giocatore e da venticinque anni come allenatore, e senza si sta male. Ritengo, però, che questa pausa forzata sia un’occasione per tutti noi per riflettere sui valori, sugli egoismi e sulle motivazioni del nostro agire, è un’occasione per migliorare il movimento calcistico e la vita sociale. L’ambiente calcio ha bisogno di riflettere, di non perdere la memoria storica, riconoscendo l’operato di chi nel passato si è dedicato con passione e competenza per sostenere la diffusione del calcio tra i giovani. Spero che questo operato, questa sensibilità appartenga anche alle Amministrazioni. Le società sportive dilettanti sono associazioni senza scopo di lucro, i riferimenti devono essere quelli dei valori sportivi, educativi e sociali non quelli dei piani imprenditoriali”.
Venticinque anni sulla panchina, quali le soddisfazioni più importanti?
“La soddisfazione è quella di essere riuscito a rimanere per tanti anni con continuità dentro un ambiente non facile come quello del calcio, lavorando sempre con qualità nei confronti dei ragazzi. Ho visto con soddisfazione che la Federazione ha cominciato a diffondere e rendere più accessibili i corsi allenatori. La formazione degli allenatori è un fattore importante, io ho avuto il merito e la fortuna di conseguire quasi tutti i livelli di certificazione previsti dalla Figc, questo percorso formativo, unitamente alle mie esperienza personali di anni, mi ha permesso di maturare una concezione profonda del calcio, non solo dal punto di vista tecnico. Oggi, mi sento di dire, dobbiamo stare attenti alla disaffezione e l’abbandono della pratica del gioco del calcio da parte dei ragazzi”.
Chiudiamo con uno sguardo alla presente stagione: come la valuta?
“Il nostro è il bilancio di una squadra partita per vincere, che ha iniziato molto bene prendendo la testa del campionato e rimanendo nelle zone di vertice per tanto tempo, poi abbiamo pagato l’assottigliamento della rosa che non ci ha permesso di mantere il passo delle prime in classifica. Ho perso un po’ di giocatori per molteplici motivi: lavorativi, di motivazione, e, purtroppo per infortuni, In questo campionato ho riscontrato un basso livello ambientale, fomentato anche da alcune dirigenze, che spinge i giocatori a entrare con un eccesso di agonismo, con entrate fatte per danneggiare l’avversario. Il nostro De Luca è stato regolarmente oggetto di entrate oltre il limite quasi tutte le domeniche. Ecco questo è un altro elemento di riflessione che aggiungerei al momento attuale. A ogni modo, il nostro bilancio è quello di una squadra che poteva fare di più, ma nel caso dovessimo riprendere la stagione, confido che saremo capaci di fare un positivo finale di campionato e ritornare nelle posizioni di vertice che abbiamo dimostrato di meritare”.
Marco Gasparotto