Per chi è abituato a correre, e correre veloce, stare fermo non è facile. Ormai lo sappiamo, fin troppo bene: il 2020 è stato l’anno del Covid, e la pandemia è riuscita a spegnere anche il mondo dei motori, a chiudere nei garage quelle auto che sono abituate a ruggire per strada e a liberare tutta la loro potenza sull’asfalto. Il calendario rally ha subìto pesanti modifiche che hanno costretto i professionisti a restare lontani dalle corse, ma la sosta è stata altrettanto logorante per chi corre semplicemente a livello amatoriale.
È il caso dei varesini Luca Daverio (classe ’86) e Roberto Conti (classe ’90), prima di tutto grandi amici, uniti dalla passione per la velocità, che solo a fine ottobre sono finalmente riusciti a disputare la loro prima (e unica) gara del 2020, partecipando alla 27^ edizione del Rally del Rubinetto con una Peugeot 207, Classe S2000. Una corsa sfortunata per i due, a causa della gomma strappata nell’ultima prova, ma la gioia di essere tornati in auto trascende il risultato. “Ci stavamo preparando per fare il Rally dei Laghi – spiega Roberto –, poi è stato bloccato tutto a causa del lockdown e da marzo non abbiamo più fatto nulla finché non si è presentata l’occasione del Rally del Rubinetto. Tornare a correre è stata un’emozione impagabile”. I due, tra l’altro, non sono nuovi alla competizione che si svolge nel novarese, ma la sfortuna di quest’anno sembrava non finire mai: “Dovevamo correre a inizio ottobre – continua Luca –, ma la gara è stata rinviata a causa del maltempo. Alla fine ce l’abbiamo fatta: è stata quasi una liberazione, anche se a causa di un mio errore non siamo riusciti a portarla a termine”.
Stavate andando anche molto bene; cosa è successo?
Luca: “Eravamo diciottesimi assoluti e primi nella nostra categoria, ma a 3,5 chilometri dal traguardo ho commesso un piccolo errore che ci è costato caro. Probabilmente ho pagato un po’ la mia inesperienza: in una frazione di secondo ho deciso di stare fuori dal taglio della curva per evitare forature, ma ho preso un po’ di sporco e siamo finiti sulla riva strappando la gomma”.
Roberto: “Entrare nel taglio significa uscire dalla parte asfaltata andando sullo sterrato a bordo strada; in alcuni casi può far guadagnare, ma chiaramente dipende dalla tipologia delle curve. A certe velocità il raggio di curvatura si stringe di più rispetto alla percezione che puoi avere nelle prove, motivo per cui gli errori in gara possono capitare. Inoltre di notte è anche più difficile vedere; non credo sia un caso che i miei unici due ritiri siano avvenuti in gare in notturna”.
Come siete entrati nel mondo del rally?
Roberto: “Grazie a mio padre Paolo. Da ragazzino seguivo spesso le sue gare sia quando correva sia quando faceva il commissario di percorso e da lì è nata la mia passione: a 18 anni ho cominciato anche io, prima facendo tanta gavetta e poi passando a gare più complete e serie. Mi trovo più a mio agio nel ruolo di navigatore, per il quale ho anche fatto un corso teorico a Sanremo tenuto da Maurizo Barone, che nella sua carriera ha disputato parecchi Campionati Europei”.
Luca: “Ho cominciato nel 2014. Sono sempre stato appassionato di motori e di rally, non perdevo occasione per andare a vedere quante più corse possibili, finché non mi sono deciso a provare. Rispetto a tanti altri io ho cominciato tardi e la mia prima corsa è stata il Rally dei Laghi insieme ad una mia amica; di fatto, malgrado l’età, ero un novellino e non conoscevo nessuno nell’ambiente”.
Come vi siete conosciuti? Da quanto correte insieme?
Luca: “Ci siamo conosciuti in occasione della mia seconda gara in assoluto, per cui direi che ho sempre corso con lui. L’amica con cui avevo disputato il Laghi non se la sentiva più e io, come ho detto prima, non sapevo a chi rivolgermi perché non avevo conoscenze, finché un amico in comune mi ha detto che Robi cercava un pilota per correre quello che è a tutti gli effetti il rally di casa. Da allora siamo di fatto inseparabili”.
Roberto: “Sì, è stata una pura coincidenza, perché il pilota con cui correvo sempre aveva rinunciato e fortunatamente un nostro amico ci ha messo in contatto. Io corro solo con Luca, forse ne ho fatte solo un paio senza di lui, perché ormai siamo una coppia ben consolidata”.
Quanto è importante il rapporto pilota-navigatore in un equipaggio?
Roberto: “È fondamentale perché, per dare il massimo, pilota e navigatore devono affidarsi l’uno all’altro e creare un rapporto di fiducia reciproca: il pilota si affida alle note del navigatore e il navigatore si deve fidare del pilota. Non è un caso che, se guardiamo a livello nazionale, vincono sempre equipaggi storici e consolidati; poi è chiaro che l’eccezione capita, ma i casi sono rari perché una massima coesione porta a migliori risultati. Miglior risultato insieme? Il 15° posto in assoluto al Rally dei Laghi nel 2019”.
Luca: “Robi ha molta più esperienza di me, lo stimo tanto perché fare il navigatore non è semplice, ci vuole coraggio, e lui lo fa davvero bene; mi ha aiutato tanto a migliorare. Corriamo sempre con la Peugeot? A me piace continuamente cambiare, ma prevalentemente corriamo con la Super2000. È chiaro che dipende molto dal budget a disposizione: se è alto si può puntare anche sulla R5”.
Come vi approcciate a una corsa?
Luca: “Di solito il weekend prima della gara si tengono le prove che prevedono tre passaggi per ciascun equipaggio, in modo tale da studiare il percorso; nella maggior parte dei casi il primo giro serve per metter giù le note, e gli altri due per le correzioni. Purtroppo tanti vanno a provare anche nei giorni in cui non si può”.
Roberto: “Durante le prove il pilota studia la strada e comunica al navigatore le sue sensazioni; da lì il navigatore scrive le note. Si tratta di un linguaggio codificato, nel senso che il numero sulla curva indica il raggio di curvatura: più è basso più ci si avvicina al tornante, ma alcuni le usano al contrario. Io sono fiero del fatto che insieme ci siamo costruiti il nostro linguaggio sotto ogni aspetto: ad esempio, anche a seconda di come collego le note, usando ‘in’ o ‘per’, Luca sa che tipo di curva sta per arrivare. Lo riteniamo un ottimo sistema, ma ovviamente tutto è migliorabile e bisogna sempre ambire alla perfezione”.
Uscendo per un attimo dal discorso rally, so che tu Luca hai anche un bar, L’Incontro a Bodio Lomnago. Che momento stai vivendo da questo punto di vista?
Luca: “Sicuramente non il miglior periodo perché la nostra categoria è la più colpita, e come a marzo siamo stati i primi a chiudere. La situazione in generale è abbastanza grigia, ma fortunatamente il bar è mio dato che apparteneva a mio padre e l’ho rilevato completamente nel 2010; sotto certi aspetti sono quindi avvantaggiato. Premesso ciò, va comunque detto che lo Stato non aiuta come dice: abbiamo speso tanto per adeguarci ai protocolli e ora siamo fermi, ma le tasse vanno pagate lo stesso”.
Tornando nel mondo del rally, invece, a proposito di protocolli, cosa è cambiato a causa del Covid rispetto a prima?
Roberto: “È tutto a porte chiuse: zero pubblico, contatti limitati il più possibile e le assistenze sono allestite in luoghi più ‘isolati’, i quali vengono rigorosamente transennati. Non si può accedere senza autocertificazione e misurazione della temperatura corporea; nemmeno i membri dell’equipaggio possono parcheggiare all’interno, come avveniva in passato, ma anche noi dobbiamo accedere a piedi. Inoltre le verifiche tecniche sono limitate a casi di estrema necessità e c’è addirittura un pass differenziato per equipaggi e meccanici”.
In alcuni sport il pubblico può essere determinante. Nel rally l’assenza di pubblico si fa sentire in qualche modo?
Luca: “Ovviamente quando corro sono concentrato sulla gara per cui non presto attenzione al pubblico, ma inevitabilmente è triste sapere che non c’è nessuno. Rispetto ad altri sport il pubblico ha un’influenza minore, ma paradossalmente, soprattutto nelle curve, capitava di sentire le trombe o le urla della gente ed era una bella sensazione. L’assenza di persone a bordo strada si nota magari di più nei trasferimenti”.
Roberto: “Durante la corsa sono concentrato sulle note, ma indubbiamente manca il calore degli amici e dei parenti che ti vengono a trovare alla partenza o all’arrivo. Nel Rally dei Laghi, ad esempio, parti e arrivi in piazza, ed è un’emozione fantastica; al Rubinetto quest’anno siamo arrivati in una zona industriale che, a parte noi, era deserta. Noi non corriamo per mestiere, ma lo facciamo con l’obiettivo di divertirci, fare un bel risultato e condividerlo con le persone care. È chiaro che in questo periodo venga meno la magia di questo sport”.
Quali gare vi aspettano in futuro?
Roberto: “Sicuramente il Rally dei Laghi 2021, poi navigheremo a vista. Di solito cerchiamo di fare poche corse, ma fatte bene, magari con auto il più prestazionali possibili. Se entrasse qualche sponsor non sarebbe male e potremmo correre qualche gara in più, ma attualmente la vedo dura”.
Luca: “Noi facciamo sempre gare nazionali; ovvio che vorrei fare Montecarlo o Monza, ma non ho l’arroganza di dire che potrei partecipare ed essere competitivo. In ogni caso mi piacerebbe correre il Rally Valli Ossolane: Robi l’ha fatto, so che c’è un pubblico caloroso e prove molto difficili e stimolanti. A prescindere da tutto questo, comunque, la cosa più importante per noi è continuare a correre divertendoci, magari raggiungendo qualche risultato importante”.
Matteo Carraro