Due settimane. Quelle che ci separano dalla fine del mese e il tempo che si prenderà ancora Ivan Javorcic per sciogliere il nodo relativo al rinnovo del suo contratto. Non a caso, in scadenza proprio il 30 giugno. Nessuna deadline (per la cronaca, la stagione passata l’accordo fu ufficializzato il giorno 6). In linea con rapporti che vanno ben al di là della sfera professionale. Certamente un limite oltre il quale (per evidenti e reciproche esigenze) è consigliabile non avventurarsi. Perché la Pro Patria deve costruire la rosa 2020/2021. E lo vuole fare in piena osmosi con il proprio mister. Mentre lo spalatino (attualmente impegnato nel completamento del Master FIFA Pro a Coverciano) troverà il modo di assecondare le necessità del club. Anche nel caso in cui le strade si dovessero separare.     

Lo stato dell’arte è piuttosto chiaro. Illustrato proprio qui qualche giorno fa da Sandro Turotti: “Noi vorremmo continuare con lui. E penso che anche lui abbia voglia e stima per continuare con noi. Ma dobbiamo anche avere la correttezza di rispettare le ambizioni personali”. Semmai servisse una traduzione (e ovviamente non serve), la costruzione della carriera di un allenatore prevede passi e tempistiche da non bucare. Salvo non ritrovarsi a dover ripartire dal via. Destino comune (e crudele), di molte parabole della panca. Quindi, il punto non è mai se ma quando. Dove il sottinteso è rappresentato dal cambiare squadra.
Nell’attesa, entrando (abusivamente) nella testa di Ivan Drago proviamo ad isolare 5 buoni motivi per restare ed altrettanti per non farlo. Va da sé che chi scrive, auspica che sui secondi prevalgano i primi.

Perché restare:
– perché l’anno passato alla riconferma aveva dichiarato: “Sono rimasto perché ho un lavoro da terminare”. Presupposto valido ancor più oggi al termine di una stagione mutilata dal Covid; 
– perché la Pro Patria non è (ancora) pronta per la B. Ma per esserlo ha bisogno di stabilità tecnica. E di una guida capace di accorciare i tempi (fisiologici) di crescita dei giovani biancoblu di prospettiva. Di fatto, lo specimen di Javorcic;      
– perché Busto ha i pro della piazza storica senza avere i contro della piazza isterica;   
– perché due come Patrizia Testa e Sandro Turotti potrebbe non ritrovarli altrove;
– perché con un’altra stagione potrebbe raggiungere sicuramente Carlo Regalia (attualmente terzo), e forse anche Pietro Magni (secondo) nella classifica all time delle panchine tigrotte.     

Perché lasciare:
– perché restare nella sua comfort zone è contrario alla sua rigida disciplina professionale;
– perché rifiutare (per il secondo anno) la Serie B potrebbe essere malinteso come mancanza di ambizione. O (peggio), timore di volersi bruciare;
– perché promozione, Scudetto Dilettanti e due (solidissimi) campionati in C costituiscono un background d’eccellenza per scalare la categoria. Avendo così la possibilità di testare il proprio metodo di lavoro con una materia prima di qualità superiore; 
– perché un altro anno a Busto potrebbe non aggiungere molto alla sua maturazione tecnica. Anzi, rappresentare solo un’annata di transizione;
– perché per uno scacchista come lui, è la strategia a determinare la tattica. Non viceversa. E la prossima mossa non potrà essere d’attesa.       

Giovanni Castiglioni  

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