Chissà quanti, senza il “maledetto” che ci sta tappando in casa, avrebbero sentito parlare del codice ATECO. Se in questo periodo di “navigazioni” virtuali che spesso nell’immenso oceano della rete non seguono delle rotte precise, avete voglia di andare su ateco.it, vi si aprirà un mondo, quello relativo alla codificazione delle attività economiche presenti nel Bel Paese. Sono messe una in fila l’una all’altra, seguendo una combinazione alfanumerica che le identifica. Succede così che chi decide l’apertura di questo o di quel negozio (a proposito… chi decide, il nostro Attilio da Velate o il Giuseppi…?), faccia riferimento al codice ATECO che alla categoria G 47 contempla il commercio al dettaglio di giornali, riviste e periodici, insomma le edicole.

Da quando è iniziata questa emergenza, VareseSport ha incontrato tanti “eroi silenziosi” che lontani dalle luci di questa ribalta, di cui tutti avrebbero fatto volentieri a meno, ogni giorno portano avanti il loro lavoro, nell’oggettiva difficoltà (e forse anche paura) di preservare sé stessi e gli altri dal “maledetto”, spesso senza o con poche armi di difesa. Tra questi mettiamo a pieno titolo Stefano e la sorella Monica che da 20 anni SONO l’edicola di Bobbiate. Va detto subito che a Bobbiate l’edicola è una vera “istituzione”, presente da ben oltre i 10 lustri e legata per tantissimi anni alla “Carmelina”, uno di quei personaggi che hanno fatto e restano nella storia di queste piccole comunità, dove si conoscevano e in parte ancor oggi si conoscono tutti, o quasi. Per capirci… allora non si diceva: “vado in edicola” ma “vado dalla Carmelina”. Lo stesso per il barbiere, per il panettiere, per il negoziante e per tante altre figure ora in gran parte travolte dal “cosiddetto” progresso ma di cui francamente si sente spesso la mancanza.
Ne abbiamo parlato con Stefano che subito ci dice: “Siamo bobbiatesi DOC da generazioni, fortemente legati al rione (ma a noi piace di più chiamarlo Paese ndr), conosciamo tutti e tutti ci conoscono”.

In generale come state vivendo questa situazione?
“E’ veramente un momento strano, surreale. Mi ricorda molto quanto accaduto in occasione dell’abbandono della lira in favore dell’euro. Ricordo il primo giorno di riapertura, era il 2 gennaio del 2001; il clima generale era di incertezza, diffidenza ed anche paura. Oggi naturalmente in gioco vi è la salute ma il senso di precarietà che si respira è lo stesso. A mio parere le persone, ora come allora, sono spinte a scambiare qualche parola in più, forse per condividere opinioni o ascoltare qualche pensiero che possa aiutare in questo frangente di disorientamento collettivo”.

E’ cambiato qualcosa nel vostro lavoro?
“Il nostro è un lavoro che inizia tutte le mattine alle 5,15, ti deve veramente piacere. Ti deve soprattutto piacere il rapporto diretto con le persone: a volte con quelle più fredde e distaccate, ma il più delle volte con quelle educate e gentili, con la maggior parte delle quali nel tempo si è instaurata una naturale cordialità! L’edicola così diviene un punto di incontro, a volte fugace per chi corre di fretta, più volte il luogo ideale per commentare con amici e conoscenti ciò che i titoli dei quotidiani non mancano mai di ispirare. Specialmente in era di corona”.

I quotidiani sono quelli che vanno per la maggiore in questo periodo?
“Devo dire che il vero “boom” sono le riviste enigmistiche; la più famosa, quella della “settimana” per intenderci, va a ruba, vendite raddoppiate. Per quanto riguarda i quotidiani, devo dire che sono in decrescita rispetto ad anni fa. Francamente non so dire se ciò dipende dalla concorrenza dell’online o da una generale tendenza delle persone a leggere e a informarsi di meno. Io propendo per questa ultima ipotesi. La gente, naturalmente in termini generali, forse fagocitata dai ritmi frenetici di questo mondo, fatica a trovare il tempo per sfogliare un giornale ed approfondirne i contenuti, accontentandosi spesso dei soli titoli, magari elettronici…”.

Prevale l’ottimismo o il pessimismo?
“Per quel che riguarda la situazione economica, la maggior parte vede scenari bui e complicati, il fronte sanitario non va del resto meglio, specialmente quando il virus ci tocca da vicino, molto vicino. Nei giorni scorsi il “maledetto” ci strappato un amico di Bobbiate, uno di noi, 59 anni, una tragedia…”

Stefano e Monica, anche loro in trincea, arruolati con pieno diritto nell’esercito dei nostri “eroi silenziosi”.

Ambrogio Baj