Giancarlo Ferrero, capitano della Pallacanestro Varese, racconta come sta vivendo questo momento così particolare e quali possano essere i pensieri e la quotidianità degli atleti ai tempi del coronavirus.

A livello personale come stai vivendo questo momento di incertezza e come la squadra sta attraversando questi giorni?
“E’ sicuramente un momento tanto difficile quanto nuovo, che nessuno di noi ha mai vissuto. E’ tanti giorni che siamo non giochiamo una partita normale, davanti al pubblico; l’ultima è stata la trasferta di Bologna del 26 gennaio prima della pausa per la Coppa Italia e poi adesso causa virus. Dispiace veramente tanto non provare le emozioni di una partita, di non poter farle provare ai nostri tifosi e si sente molto, anche per noi giocatori, la mancanza di poter vivere la quotidianità, come manca a tutti in questo momento, ma ora la cosa importante è che la situazioni sistemi, che diminuisca il numero dei contagiati e dei deceduti. E’ importante che il mondo, prima di tutto, superi e vinca la sfida con questa pandemia”.

Cercando di parlare un pò di campo, nella speranza che si torni a giocare presto, quanto potrà incidere questa pausa sulla squadra soprattutto più a livello di energie psicologiche che fisiche?
“E’ veramente una situazione difficile da pronosticare e da valutare in questo momento, perché l’attenzione è totalmente spostata su altro. E’ complicato immaginarsi e figurarsi come potrebbe essere il ri-inizio di un campionato, anche perché come si legge, molti americani sono tornati a casa spaventati dalla situazione, a questo punto la pallacanestro, come il lavoro di tutti, passa in secondo piano. Ovviamente questa domanda se la stanno facendo anche i vertici federali e capisco la difficoltà nel prendere decisioni e avere un’idea precisa a riguardo a causa della velocità con cui cambia di ora in ora la situazione”.

Voi avete vissuto da vicino l’addio di un compagno a causa del coronavirus quale Jason Clark, tornato in America per stare al fianco della sua famiglia.
“Ci è dispiaciuto moltissimo dover salutare Jason. Quando inizi la stagione con un compagno diventa molto di più di questo, perché condividi più che il semplice campo da basket, condividi gioie e dolori. Quando lui ha deciso di andarsene è stato capito e secondo me ha fatto la scelta giusta  perché ora avrebbe avuto molti più problemi a raggiungere sua moglie e non avrebbe potuto veder nascere sua figlia qualche giorno fa, unica notizia lieta di questo periodo. Ha fatto una scelta da padre e da marito, lo comprendo perfettamente e sono molto felice per lui, nel dispiacere di non averlo più con noi”.

Per lei che ha famiglia in Piemonte sa com’è la situazione rispetto alla Lombardia?
“Sicuramente la situazione qui da noi è molto più difficile. Io sono di Bra e riesco continuamente a sentire la mia famiglia tramite  video chiamate, perché la situazione è molto complicata anche lì nonostante le misure di sicurezza adottate. I messaggi ormai sono chiari, stare in casa ma con la possibilità tramite i social di restare in contatto. Ad esempio oggi è il compleanno di due miei amici strettissimi e abbiamo fatto poco prima una videochiamata di un’ora, quindi c’è la possibilità di stare in contatto ma stando a casa”.

Qual è il suo auspicio a livello comunitario e di squadra per tornare a giocare o, nel caso, come affrontereste la decisione di concludere qui il campionato?
“Ovviamente ci piacerebbe tornare a fare ciò che amiamo e che ci dà emozioni, ma ora è in secondo piano questo. C’è una battaglia più importante da vincere e penso che questo periodo serva per avere un po’ più di tempo per se stessi, porsi nuovi obiettivi, cercare nuovi stimoli ed immaginare il proprio futuro. Non vedo questo stare in casa come un tempo buttato. Io ad esempio mi sto concentrando molto sullo studio, frequentando l’università LIUC, tramite le lezioni online, per uscire da questo periodo con qualcosa di guadagnato e non avendo buttato il tempo e penso che se tutti riusciamo in questo ne gioveremo come esseri umani e come comunità”.

Alessandro Burin