A Singapore in maschera, ma non è carnevale! Una studentessa varesina è in Erasmus nella città Stato con il più alto caso di infezioni da corona virus fuori dai confini cinesi.

Chiara ha 24 anni, è una studentessa varesina iscritta al secondo anno di specialistica della facoltà di Design al Politecnico di Milano. Utilizzando quello splendido sistema di interscambio universitario chiamato tecnicamente “Accordo bilaterale extra europeo” che permette ai nostri ragazzi di vivere utili ed affascinanti esperienze attraverso periodi di studio negli atenei di mezzo mondo, Chiara ha scelto Singapore, città Stato per eccellenza, adagiata con le sue 58 isole che ne formano l’arcipelago, sulla punta meridionale della penisola malese. Qualcuno la definisce la meno asiatica delle metropoli orientali; cosmopolita per eccellenza, il suo porto è il quinto a livello mondiale per traffico, lo stesso rango che detengono le sue attività finanziarie.
L’aeroporto vince da anni il premio quale miglior scalo del mondo, con oltre 60 milioni di passeggeri ogni anno che tra non molto potranno raddoppiare con la costruzione di una nuova aerostazione.
Con cinque milioni di abitanti è il secondo Paese più densamente popolato sulla faccia della terra (vi potrebbe stupire sapere qual è il primo: Montecarlo), con una presenza di stranieri che rasenta il 40 per cento ed un bel gruppetto di milionari che compete ad armi (anzi dollari) pari con la Svizzera e qualche emirato…

Tutto ciò naturalmente si accompagna ad un sistema universitario di tutto rispetto che avrà certamente ispirato la scelta di Chiara. E’ così?
“Uno dei motivi è certamente questo: Singapore ha uno stile di vita che la discosta molto dalle altre città asiatiche. Ho avuto modo di trascorre un precedente (e per me entusiasmante) periodo di studio in Germania e questa nuova esperienza che mi accompagnerà alla tesi di laurea, ho deciso di viverla fuori dai confini europei, scegliendo appunto la National University of Singapore e la sua School of Design and Enviroment, division of industrial Design”.

Fin qui tutto bene, la tua scelta scolastica da vivere in un paese così affascinate è stata azzeccata, se non che è intervenuto quell’imprevisto sanitario del Coronavirus, battezzato come COVID-19. Raccontaci.
“Già… Alla mia partenza dalla Malpensa lo scorso 6 gennaio, di questa infezione non si sapeva praticamente nulla e quelle poche notizie non inducevano ad ipotizzare quanto poi sta ora accadendo. Anche al mio arrivo a Singapore la situazione era la stessa. Oggi purtroppo tutto è cambiato e Singapore è al secondo posto della non invidiabile lista dei casi di infezione, naturalmente dopo la Cina”.

A proposito di questo, uno dei problemi emersi all’inizio del manifestarsi del virus, è stata la mancanza da parte dei cinesi di una trasparenza e conseguente non tempestività delle informazioni. Lì dove ti trovi come viene gestita la situazione “mediatica”?
“Il Ministero della salute di Singapore ha sin da subito tenuto un comportamento molto cristallino, comunicando in tempo reale la situazione. Il dato aggiornato al 14 febbraio riporta 67 casi confermati, 764 sono quelli risultati negativi ai tests, 91 sono quelli in attesa dei risultati. Devo aggiungere che il sistema sanitario è molto efficiente ed è considerato uno dei migliori del continente asiatico”.

Nel pratico della vita di ogni giorno cosa è cambiato, per te in particolare?
“Naturalmente e al di là delle ben note precauzioni personali (lavarsi sovente le mani, portare la mascherina, ecc.), vi sono controlli con thermo scanner all’ingresso per esempio di Musei e in generale nei luoghi particolarmente affollati. Nei supermercati sono finiti appunto alcuni presidi come le mascherine e, in generale, i disinfettanti. Si trova anche con fatica il riso, alcune verdure e va a ruba la carta igienica. Gli stessi viaggi previsti fuori dai confini di Singapore, con destinazione i Paesi limitrofi (Vietnam e Thailandia su tutti) stanno conoscendo una comprensibile contrazione. Per quel che riguarda me e la mia vita universitaria, purtroppo la segreteria universitaria ci ha comunicato che un professore (non del mio corso) è stato colpito ed è al momento ricoverato al National Centre for Infectious Diseases. A causa di ciò la facoltà rimarrà chiusa fino al 28 febbraio ed io seguirò le lezioni on line. Noi studenti siamo invitati a rilevarci la febbre due volte al giorno e darne comunicazione all’Ateno, scattando una foto del termometro con tanto di data e ora, che dobbiamo essere sempre in grado di mostrare a chi la chiedesse”.

L’ultima domanda viene spontanea. Hai mai pensato di rientrare?
“Francamente no, sono certamente attenta a tutto ciò che accade ma mi sento tranquilla perché il Paese in cui mi trovo offre le massime garanzie in termini di trasparenza e di strutture. Naturalmente sperando che il picco venga raggiunto presto e che tutto torni alla normalità”.

Roberto Destro