Si torna alla normalità. Un termine quest’ultimo che ha un valore particolare, visto il momento che stiamo passando tutti, ma che ritorna con forza e con la voglia di vivere una quotidianità, in questo caso sportiva, normale.
Si torna al basket giocato, che poi è la cosa più importante, lo si fa dopo un’estate piena di incognite ma che consegna a tutti gli appassionati di pallacanestro, un campionato ed una supercoppa quanto mai appetibili e competitivi. In questo quadro, la nuova Openjobmetis 2020-2021, vuole ritagliarsi un ruolo da protagonista, in una stagione che si preannuncia tanto difficile quanto stimolante.

Andrea Conti, GM dei biancorossi, racconta questi mesi di lavoro per allestire un roster quanto mai in grado di restituire quel legame tra pubblico e squadra, indispensabile per una realtà come Varese.
Andrea, questa è stata una campagna acquisti completamente diversa dalle altre, come si programma e come si conduce un mercato come questo, dopo una stagione conclusa a febbraio e la prossima piena di incognite?
“Abbiamo fatto dei ragionamenti, inevitabilmente, molto legati al discorso di bilancio e di conto economico della società. Non sapendo i ricavi e le sponsorizzazioni certe che avremmo avuto, abbiamo dovuto dare un peso importante al lato economico, valorizzando al massimo quelle che erano le nostre idee per costruire una squadra competitiva e che seguisse la linea nuova che ci eravamo prefissati”.

Qual’è stata la trattativa più difficile da portare in porto?
“Trattative difficili con i giocatori che abbiamo in squadra non ce ne sono state. La vicenda più difficile da digerire e ci ha colpito in maniera forte è stata sicuramente quella legata a Jason Rich. Il giocatore aveva firmato con noi al 20 di giugno e ci aveva dato la sua disponibilità, poi è successo quello che è successo e noi siamo rimasti molto colpiti da tutta la vicenda. Rich era un giocatore sul quale puntavamo molto per la prossima stagione ed è stata una mazzata per tutti quando ci siamo dovuti separare”.

La squadra ha un imprintg a fortissimo marchio italiano, segnale anche per una continuità futura ben precisa, pensi che in questo senso la coppia di play Ruzzier – De Nicolao, possa essere il fulcro di questo nuovo progetto made in Italy?
“Io credo che l’investimento che abbiamo fatto non porterà magari risultati nell’immediato, ma avrà un impatto maggiore nel lungo periodo tra questa e la prossima stagione. Abbiamo giocatori, parlando degli italiani, a parte Ferrero, tutti in rampa di lancio ed in cerca di consacrazione. Ruzzier è quello che ha la palla in mano, sarà il nostro playmaker titolare e mi auguro per lui che sia in grado di cogliere al meglio questa grande opportunità”.

Nel 5+5 con il quale avete composto la squadra, gli stranieri sono un mix tra esperienza e gioventù, sarà sicuramente interessante vedere in quintetto un Luis Scola e Strautins, giocatore che nonostante la giovane età avete scelto come titolare per la prossima stagione, cosa vi ha colpito di lui?
“Ci sono due aspetti fondamentali che ci hanno convinto su Strautins. Uno è l’aspetto fisico, perché è un giocatore con una taglia fisica importante e con qualità tecnica buone ma sicuramente migliorabili. L’altro aspetto è stata la necessità e la voglia di fare una scommessa in un ruolo, quello di 3, nel quale volevamo un italiano. Il tutto rientra in un ottica di squadra dove abbiamo due giocatori, Scola e Douglas, di enorme esperienza ed importanza, che dovranno fungere da timonieri della barca”.

Quest’anno Varese si trova ad avere in squadra un campionissimo come Scola, un giocatore che cambia anche l’immagine al di fuori dal campo della società, era un acquisto preventivato o è stata più un’occasione?
“Scola è stata la ciliegina sulla torta. Inizialmente l’idea era quella di avere un giocatore importante nel ruolo di guardia, e quel giocatore doveva essere Jason Rich. Scola è arrivato dopo, un po’ per fortuna ed un po’ per bravura siamo riusciti a portarlo a casa. E’ chiaro che nel basket poi la cosa più importante sono i risultati e su quelli si basano tutte le valutazioni finali, ma quando acquisti un giocatore io do molto peso al lato umano di quest’ultimo, alla professionalità di un giocatore. Quando ti trovi di fronte giocatori come Scola, ma come lo stesso Douglas, che hanno alle spalle anni di NBA e vengono nella nostra squadra consapevoli di essere i trascinatori ed i padri dei compagni magari più giovani, tutto diventa più semplice, rispetto a quei giocatori forti ma che non accettano questo ruolo. Io credo molto nell’aspetto umano e personale e sotto questo punto di vista penso che abbiamo in Scola una persona di alto livello”.

Tra la Supercoppa e l’inizio del campionato Varese avrà subito delle sfide di altissimo livello, come pensi ci arriverà la squadra?
“Noi siamo un cantiere aperto, stiamo lavorando, è complicato ora definire il livello della squadra. Douglas ad esempio, è arrivato l’altro giorno. La supercoppa sostituisce quello che era prima il pre campionato, con con lo spirito e l’ufficialità della partita diversi e che rendono tutto il contesto più competitivo, però poi bisogna dare il giusto peso alle partite cercando di usare questi match per migliorare e lavorare per arrivare pronti al campionato”.

Le scelte con le quali avete costruito il roster sono un segnale per cercare di cambiare sempre meno in futuro e mantenere uno zoccolo duro di squadra, un trend che difficilmente si verifica nel basket odierno dove si cambia molto tutti gli anni?
“Cambiare tanto tutte le stagioni è una conseguenza di molti fattori economici. Varese oggi deve fare i conti con il bilancio ed il conto economico. L’idea è stata quella di prendere ragazzi giovani che possano rimanere con noi almeno due anni, per poter comporre uno zoccolo duro ed una continuità di lavoro. Diventa difficile se no tutte le volte dover cambiare, ma non tanto dal punto di vista tattico quanto nel legame che si crea tra pubblico e squadra”.

Alessandro Burin

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