Dici Cottarelli e la mente corre subito a spending review e cinghie tirate causa contingenza economica. Sillogismo figlio di quel Carlo passato alla cronaca in qualità di professore dotato di erre arrotata e di spiccata propensione per le sforbiciate di bilancio. Ma il Cottarelli in argomento è ovviamente un altro.
Di nome fa Niccolò, non dispone di erre arrotata, men che meno di attitudine alla revisione della spesa pubblica e non è neanche professore. Ma quasi dottore: “Mi manca l’ultimo esame in Scienze Motorie che sosterrò a settembre. Sempre meglio pensare al futuro. Chiaramente è ancora prematuro parlarne, ma un domani mi piacerebbe restare nel mondo del calcio. Magari nel campo della preparazione atletica. Chissà…”. Per l’esterno bronese classe ’98 (60 presenze in carriera con la Pro Patria), icona da tenere aperta ben oltre il prossimo decennio. Nell’attesa, tocca mordere il freno: “C’è un po’ di impazienza. Non vedo davvero l’ora di tornare al lavoro. Sarà una preparazione lunga. Ma avremo tutto il tempo“.

Per la serie, il lockdown ci renderà tutti migliori, ti consideri rigenerato dalla forzata inattività?  
“A dirla tutta non è stato poi così pesante. Anzi, in fondo è volato. Tra studio e sedute individuali di allenamento, il tempo è trascorso in fretta. Viste le circostanze, ho dovuto attrezzare a palestra la mia cameretta. Ora penso che rimarrà così”.

Fatta la tara alle 12 gare non giocate, il tuo personalissimo cartellino sulla stagione biancoblu? 
“L’11° posto in classifica è un risultato di livello. E tornare ai playoff sarebbe stato un traguardo non da poco per la squadra. Dispiace non averne avuto la possibilità. Sarebbe stato bello giocarsela. Ma era praticamente impossibile legare il proprio destino alla finale di Coppa Italia (peraltro vinta proprio dalla Juventus U23, ndr). Quella della società è stata la scelta giusta. La comprendo perfettamente”.

Contratto garantito sino al 30 giugno 2021. Il tuo ultimo campionato giustifica un altro anno a Busto?  
“Mi ritengo soddisfatto. Anche se sono portato ad esigere sempre di più da me stesso. Quando ho avuto il serio infortunio alla spalla (19 ottobre contro la Pro Vercelli, ndr) e sono stati diagnosticati 3 mesi per il recupero, mi sono fissato l’obiettivo di bruciare le tappe. Infatti sono tornato dopo solo un mese e mezzo. Già prima di Natale. Poi c’è voluto un po’ di tempo a recuperare confidenza. Ma alla sosta stavo giocando con continuità (4 delle ultime 5 dal 1’, ndr). Peccato per lo stop”.

“Speroni” andata e ritorno tra l’estate del 2018 e il gennaio 2019. Come hai ritrovato la squadra dopo la cattività alessandrina? 
“Identica a prima. Considero la Pro Patria come una famiglia. Sul piano societario, per come è gestita e per il gruppo che si è formato nel tempo. E’ per quello che sono tornato”.

Questione di feeling che invece non hai trovato ad Alessandria con D’Agostino. Residui di quella parentesi in grigio? 
“Tantissima rabbia. E parecchio rammarico. Mi rimane il vuoto agonistico di quella mezza stagione. Purtroppo succede quando c’è un allenatore che non ti vede. Quando ho chiesto colloquio con lui, ha sempre giustificato le sue scelte dal punto di vista tecnico. Diciamo che è stata un’esperienza anche quella. Certamente formativa. L’avessi saputo prima, però, non l’avrei fatta”.                   

Con Javorcic le affinità elettive sono invece più che solide. In cosa consiste la differenza dello spalatino?  
“Chiede molto agli esterni. In particolare la capacità di fare entrambi le fasi. Io nasco attaccante. Quindi sul piano offensivo ero un po’ più avvantaggiato. Ma ho dovuto lavorare molto sull’altro fronte. Praticamente, ho dovuto imparare a difendere. Il mister mi ha fatto crescere individualmente e tatticamente. E poi mi ha dato una grande mano anche in fase realizzativa. Il gol non era esattamente nel mio DNA. Ma nell’anno della promozione ho chiuso con 4 reti”. 

Sembra di capire che auspichi uno Javorcic Volume 4 per la prossima stagione? 
“Questo è chiaro. Con lui cresci anche fuori dal campo. Come uomo. E’ un aspetto a cui tiene tantissimo e a cui dedica molta attenzione. Si avverte la sua sensibilità”.  

Ruolo affine e somiglianza fisica con Lichtsteiner evidente. Consideriamo lo svizzero un punto di riferimento? 
“Mi piacciono gli esterni completi. Soprattutto quelli che sanno spingere. Se proprio vuoi un nome ti faccio quello di Dani Alves, il prototipo perfetto del laterale moderno”.

Il blockbuster dell’estate è la riforma della Serie B a 40 squadre. Scenario che nella prossima stagione potrebbe regalare 6/7 promozioni a Girone dalla C. Salivazione aumentata?    
“Ogni giorno se ne sente una nuova. Tutto dipende dalla Federazione. Ma se dobbiamo prendere per buona questa ipotesi, sarebbe un traguardo inimmaginabile. Vogliamo provarci”.        

Giovanni Castiglioni

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