Il 112 è il Numero Unico d’emergenza Europeo (NUE) e tutte le telefonate di emergenza confluiscono in una Centrale Unica di Risposta (CUR NUE 112). Gli operatori, dopo aver localizzato chi chiama e individuato l’esigenza, smistano le telefonate tra Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Vigili del Fuoco e 118 che, a loro volta, fanno partire concretamente i soccorsi. In Lombardia ci sono tre CUR NUE 112 e una di queste si trova a Varese (le altre sono a Brescia e a Milano). Nella sede, ubicata sopra al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Circolo, si ricevono e si gestiscono le chiamate che riguardano le province di Varese, Lecco, Como, Bergamo e Monza e Brianza e che interessano, dunque, una zona popolata da un milione e 200mila abitanti.
Responsabile dell’Azienda Regionale Emergenza Urgenza varesina è il dottor Guido Garzena che descrive il periodo “decisamente impegnativo” attraversato nelle scorse settimane e quello che stiamo vivendo attualmente nella Fase-2.
Come avete gestito la “fase calda” dell’emergenza?
“In un anno abbiamo un volume di lavoro pari a 80mila uscite con picchi che si verificano soprattutto in inverno con la fase influenzale e poi d’estate. In media riceviamo al numero unico 112 circa 5000 chiamate al giorno, ma nel clou dell’epidemia, che si è verificato a metà marzo, le richieste di soccorso sono schizzate a oltre 15mila al giorno. Fin da subito abbiamo staccato un paio di postazioni per sostenere la rete di Brescia che aveva al suo interno la zona rossa di Codogno e poi abbiamo applicato shift per indirizzare le chiamate a numeri verdi o a centri operativi specifici. Fortunatamente le richieste di soccorso per altri motivi che non fossero quelli sanitari si sono ridotte drasticamente grazie al lockdown, ma non è stato semplice”.
Qual è il bilancio di AREU nella gestione del Covid-19?
“Operando anche nel territorio di Malpensa, fin da fine gennaio eravamo stati allertati rispetto alla possibile diffusione di questa epidemia ed eravamo, dunque, in preallarme. I nostri medici, infermieri, autisti, soccorritori e operatori sono tutti formati adeguatamente per situazioni di questo tipo, anche se va detto che la teoria è una cosa e la pratica un’altra. Nonostante lo stress non indifferente al quale siamo stati sottoposti, Areu Varese ha dimostrato di essere preparata a far fronte ad una emergenza di tale portata. Siamo riusciti a dare soccorso anche al di fuori della nostra provincia, dando una mano ai nostri colleghi di Pavia, ad esempio, e abbiamo implementato i nostri mezzi e gli uomini a disposizione. Nel complesso, ci siamo adattati bene alle difficili circostanze e abbiamo retto”.
Il peggio è passato?
“Siamo in una fase di discesa nel numero di vittime e di contagi da Covid-19 anche se non siamo ancora a R0 e, nello stesso tempo, di riassestamento e riorganizzazione della rete ospedaliera dopo la grande emergenza che abbiamo vissuto. Le chiamate giornaliere stanno assestandosi su valori medi, ma, con l’inizio della Fase-2, sono aumentate esponenzialmente le richieste di soccorso dovute a incidenti automobilistici o sul lavoro e a infortuni o malori successi durante le attività sportive. Vorrei, quindi, fare un appello”.
Prego.
“Sono un anestesista e, prima di un’operazione, il paziente viene preparato. Poi, si svolge l’intervento vero e proprio durante il quale l’organismo è controllato costantemente e, a processo finito, la persona viene risvegliata. Noi ci troviamo proprio in quest’ultima fase: dopo una chiusura dettata dall’emergenza, ora possiamo rimetterci in moto ma nel rispetto delle regole e usando tutti il buonsenso. Mi rivolgo soprattutto a chi svolge attività sportive e non è un professionista: il corpo è stato fermo per settimane e non può ricominciare di botto. Purtroppo, invece, molti hanno ripreso a correre o ad andare a camminare non gradualmente e, infatti, si è alzato vertiginosamente il numero di incidenti e di infarti e, di conseguenza, di chiamate di soccorso. Basti pensare che la scorsa settimana abbiamo ricevuto e gestito 250 codici rossi e oltre 700 gialli, con incrementi notevoli nel weekend. La voglia di uscire e di ripartire è normale, ma l’appello che facciamo è al buonsenso: evitiamo gli eccessi, scegliamo attività e percorsi commisurandoli al nostro stato di salute”.
Come ci si deve comportare nella Fase-2 e anche in futuro?
“Non possiamo garantire che non ci sia un nuovo picco da Covid-19, non lo possiamo sapere né prevedere. Per questo consiglio di mettere sempre in pratica le regole di distanziamento sociale e di indossare la mascherina. Non dobbiamo avere paura o indossare uno scafandro ogni volta che usciamo come fossimo sotto ad una campana di vetro, ma dobbiamo imparare a rispettare delle semplici norme igieniche per il rispetto della salute nostra e di tutti”.
Laura Paganini