La dura vita di chi si occupa dei “dettagli” passa da Introni e Pavan, la storica azienda del gallaratese che si occupa di coppe, targhe, riconoscimenti e medaglie commemorative.
La storia racconta di come oltre 50 anni fa Luciano Introini, orafo, decidesse di approcciarsi a questa realtà tuffandosi soprattutto nelle premiazioni sportive. Una realtà che unisce orientamento al cliente e creatività e che si è evoluta nel tempo arrivando alla produzione di articoli di vario genere purché dotati di una percezione che va oltre il puro senso materiale.
Ora sbattere sulla realtà di un ennesimo lockdown fa male, e lascia enormi lividi.
Lavoriamo di riflesso, se lo sport si ferma inevitabilmente siamo fermi anche noi, siamo strettamente correlati agli assembramenti di ogni genere, non solo sportivi ma anche aziendali, comunaliafferma Elena titolare dell’azienda.

Come si è evoluta la situazione dal primo lockdown ad oggi?
Quando ci siamo fermati nel mese di marzo dopo lo sgomento iniziale ho cercato di tirare un sospiro e di armarmi di infinita pazienza, mi sono detta che forse era giunto il momento di una pausa, del famoso “anno sabatico” e così, nonostante sia stata privata della mia libertà che per me è peggio di una pugnalata, me ne sono fatta una ragione; poi in realtà l’estate aveva ridato qualche speranza perché qualcosa si era mosso, soprattutto con gli sport individuali, il torneo di tennis, l’evento di golf, il tiro a volo, si è lavoricchiato, ma poi ci hanno nuovamente stroncato le gambe”.

In tanti hanno provato a reinventarsi, voi avete fatto qualcosa in questo senso?
“Premesso che la mia prima prerogativa è sempre stata quella di stare vicino ai clienti, sono andata a trovarli finché ho potuto, ho cercato di donare e ricevere energie per essere più “stretti” di quando la realtà non facesse sembrare, la creatività non ci è mai mancata, è una vita che ci reinventiamo, dalla mascherina, alle t-shirt, alle collane che produco io stesso, fino all’oggetto nuovo, mai pienamente trattato fino ad oggi, qualcosa abbiamo fatto ma poi ad un certo punto manca lo stimolo, l’occasione, il sogno da inseguire per renderlo migliore…siamo abbattuti, con il morale sottoterra, il nostro può sembrare un lavoro di contorno ma non è così, noi ci tuffiamo nell’evento e lo viviamo in prima linea, cavalchiamo l’emozione, è questa la nostra benzina”.

Andando per un attimo oltre il lato economico, è questa la cosa che ti fa soffrire di più?
Il punto è che se blocchi lo sport e soprattutto il calcio blocchi anche noi al 90% e questo comporta una serie di tristi vicissitudini perché ci hanno tolto la libertà, i sogni, il nostro tempo libero, la socializzazione e diventa tutto più difficile, ci ritroviamo in un mix di arrabbiatura e rassegnazione”.

A questo “buio” si aggiunge un dpcm che non vi mette in prima linea…
Si sono preoccupati di dare sostegno ai centri sportivi, giustamente, ma l’indotto dove lo lasciamo? Il fornitore di cloro della piscina, il gestore del bar interno, la donna delle pulizie, l’autista dei pulmini cosa fanno? È tutto concatenato e questo lo sappiamo bene, ma in una catena non puoi saltare gli anelli, devi tenerli uniti altrimenti la catena si spezza”.

Tante categorie di lavoratori sono scese in piazza, cosa pensi di chi protesta?
Hanno tutta la mia comprensione ed ovviamente hanno le loro ragioni, io sono un’amante dell’arte in tutte le sue forme, vado sempre alla ricerca del bello e quando esco di casa è proprio perché vado alla ricerca della bellezza e di qualcosa che mi faccia stare bene, torniamo sempre al punto in cui senza libertà questo “bello” resta nascosto; a me ad esempio ha affascinato la protesta con i bauli neri degli operatori dello spettacolo, ma per quanto riguarda la mia categoria cosa possiamo fare? Tra di noi, detto fuori dai denti, è sempre stata una “guerra”, il nostro settore è troppo particolare per organizzare qualcosa di simile”.

Sforzandoti comunque di guardare un po’ più in là intravedi qualche spiraglio di luce? Quali sono i progetti per il futuro?
Innanzitutto mi auguro che i progetti che avevo tra le mani non scivolino via, mi rendo conto che non è facile per nessuno ma spero che, seppur tra non so nemmeno io quanto tempo, le collaborazioni nate prima del lockdown possano stare in piedi, resistere, c’è dietro un lavoro di semina incredibile, altrimenti vorrebbe dire proprio mollare il colpo…per quanto riguarda un po’ più nel dettaglio la mia azienda ci siamo fatti tante domande, l’anno sabatico finirebbe a marzo 2021 e onestamente mi fa paura nel senso che se mi guardo attorno oggi non credo saremo pronti per ripartire, anzi, e andare oltre comporterebbe nuovi sacrifici…è dura, è difficile, non lo so, c’è troppa incertezza”.

Stai dicendo che il pensiero di tirare giù definitivamente la serranda c’è stato?
Sì, non lo nascondo, è un’idea che mi ha toccato, poi mi sono guardata attorno e ho detto ‘Cosa ne faccio di tutte queste coppe?’ e mi sono ricordata di ciò che sono, del famoso dettaglio all’interno della loro gioia, all’interno del lato bello, proveremo a tenere duro ancora per un po’, fare un passo indietro significherebbe indossare un abito diverso che magari a noi non si addice, significherebbe rinunciare ai nostri sogni ed invece noi vogliamo provare, ancora una volta, a dare una possibilità a ciò in cui crediamo, nonostante tutto”.

Mariella Lamonica

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