Essere giovani ai tempi del Coronavirus non è certo il mestiere più semplice del mondo. Era di febbraio, quando ancora la primavera conservava la promessa di un sogno realizzato. Dover porre un freno, forzatamente, a quello slancio appare così innaturale. Improvvisa, forse inizialmente sottovalutata, l’emergenza Coronavirus ci ha costretti a riconsiderare il piano B. L’avvenire è ancora nostro? Lo chiediamo a Kateryna Laman, 20enne di Zaporizhzhia, Ucraina, studentessa di Global Business presso la Warsaw School of Economics, emblema di quella stagione della vita che non può concedersi il lusso di non desiderare.

Kate, quanti casi sono stati riscontrati in Ucraina finora? Quali provvedimenti ha preso il Governo per contrastare l’emergenza e qual è la risposta della popolazione?
“Secondo il Ministero della Salute, sono 3.102 i casi finora qui. Non siamo in stretto regime di quarantena, siamo autorizzati a uscire ma solo due alla volta e con l’obbligo delle mascherine. Tutti i negozi sono chiusi eccetto quelli indispensabili. Il sistema medico qui non è così efficiente come da voi in Italia, ma penso che per ora possa gestire un numero di persone del genere. Molte persone seguono le regole qui, altri invece le ignorano e continuano a trovarsi per giocare a calcio, fare dei picnic. Si percepisce del nervosismo generale”.

Quando hai realizzato che la situazione era seria?
“Probabilmente ho realizzato la gravità della situazione quando ho saputo del lockdown in Italia. È stato inaspettato, ma da quel momento anche nel mio Paese si è diffuso il presentimento che presto o tardi tutti gli altro avrebbero seguito l’esempio italiano”.

Per qualche mese, lo spazio dell’Erasmus, l’Italia è stata la tua casa. Che ricordi hai di quel periodo?
“Quando studiavo all’Università Cattolica di Milano mi sorprendeva sempre la grande emozionalità delle persone e il loro attaccamento alle tradizioni. Una in particolare: recarsi al bar per prendere un caffè, soprattutto da parte dei più anziani. La passione per il caffè mi accomuna agli italiani tanto che ho voluto continuare questa abitudine anche una volta tornata a casa. Mi dispiace molto vedere la tragedia che sta attraversando ora l’Italia e che si sta estendendo gradualmente al mondo intero”.

Da quanto tempo sei a casa? Come stai trascorrendo la tua quarantena?
“Sono a casa dal 4 marzo anche se qui in Ucraina è stato tutto chiuso il 15 marzo. Devo dire che è strano perché, normalmente vivo a Varsavia, in Polonia, dove studio Business alla Warsaw School of Economics, e non ho mai passato così tanto tempo a casa con la mia famiglia. Mi reputo fortunata perché i miei genitori si erano appena trasferiti nella nostra casa in campagna, perciò ho la possibilità di uscire e fare delle passeggiate ogni giorno nella natura, in centro città tutto ciò non sarebbe possibile. Cucino spesso e vorrei sfruttare questo tempo anche per imparare una nuova lingua, disegnare o fare yoga, ma in questo momento sono molto concentrata sullo studio perché questo è il mio ultimo semestre, prima della laurea. Devo scrivere la mia tesi e prepararmi per il GMAT (Graduate Management Admission Test), non ho ancora perso la speranza di registrarmi quest’anno, ma sono molto preoccupata per il mio futuro”.

Ecco appunto: il futuro. Sembra perfino anacronistico parlarne ora, ma come vedi il tuo domani?
“Prima dell’emergenza avevo un piano in mente: passare il test del GMAT, laurearmi, registrarmi per un Master in Germania e raggiungere il mio ragazzo che vive lì. Però ora è tutto bloccato, anche perché fino a quando i confini saranno chiusi, non potrò tornare in Polonia e recuperare le mie cose che sono tutte lì. Vedendo la situazione critica, penso che per realizzare quello che avevo in mente ci vorrà un anno in più di pazienza e di relazione a distanza”.

Cosa ti manca di più della tua vita?
“Mi manca molto la possibilità di uscire con gli amici, visitare parchi… insomma la normalità”.

La prima cosa che farai quando torneremo alla normalità?
“Quando tutto sarà finito, penso che la prima cosa che farò sarà tornare in Polonia e godermi la possibilità di stare all’aperto, sorseggiando il mio amato caffè latte, ovviamente”.

Alessio Colombo