Sembrano chiacchiere. Non lo sono mai. Il calcio secondo Ivan Javorcic è un filtro attraverso cui leggere la realtà. Regole, schemi, comportamenti. Solo un gioco? Sì, ciao… Semplificazione impraticabile per lo spalatino il cui codice di procedura può prevedere anche la permanenza in ufficio (lo Speroni ovviamente), sino alle 20 di un sabato non preagonistico. Perché il football moderno non contempla l’improvvisazione. La versione unplugged di Ivan Drago trova il riff nella strettissima attualità: “Le massime espressioni del calcio di oggi sono quelle di Klopp e Guardiola. Senza dimenticare la parabola di Gasperini in Italia. Per progettualità e capacità di cambiare. Adattandosi alle circostanze. Ad un livello più basso penso al Cittadella in B e al SudTirol in C. Non Monza, Vicenza e le altre superpotenze della categoria che per dimensione incarnano prospettive differenti. E poi ci metterei anche la Pro Patria. Perché non potremmo essere noi un piccolo modello?”.
Quattro settimane dall’ultima partita. Tante, troppe?
“Sono quelle che sono. Io posso dire di essere molto contento del gruppo che ho ritrovato. Con grande spirito, energia ed entusiasmo. Tutti carichi e pronti al sacrificio (Oggi intanto partitella in famiglia con innesti dalla Macallesi. Domani riposo e ripresa allenamenti martedì pomeriggio, ndr)”.
In occasione del brindisi di Natale con la stampa, Turotti aveva chiosato: “Quando si fa uno sciopero si perde qualcosa per ottenere qualcosa”. Concorda?
“Assolutamente. Siamo arrivati ad un punto di non ritorno della categoria. La C deve diventare sostenibile. Anche (come ha ricordato qualcuno) per il profondo respiro sociale che esprime. Un aspetto che non dobbiamo sottovalutare”.
Sbagliato fare i confronti. Ma alla fine li fanno tutti. Quindi…Rispetto all’anno passato, 3 gol in più segnati, stessi subiti e 3 punti in meno. Saldo coerente?
“I numeri dopo 19 giornate hanno una loro attendibilità. Diciamo che mi ci ritrovo per il percorso che abbiamo compiuto. Il feedback è appropriato con quanto mi aspettavo. Certo, forse manca qualche punto. Soprattutto allo “Speroni”. Ma abbiamo una fase offensiva più fluida. Arriviamo con più frequenza nell’area avversaria. Era uno degli obiettivi stagionali. Quest’anno il confine tra vincere e perdere una partita è molto più sottile. Dipende davvero dai dettagli. Faccio un esempio. Contro il Novara, il dato sugli expected goals avrebbe visto prevalere la Pro Patria. Il campo ha invece detto altro”.
Capitolo under: una precisa scelta societaria. Spizzichino, Brignoli, Cottarelli, Mangano e Ghioldi sommano 30 giornate complessive di assenza (squalifiche escluse). Quanto questo ha influito nella crescita della squadra?
“Ci sono stati doppi infortuni negli stessi ruoli. Questo ha certamente condizionato il processo di crescita. C’è stata una naturale tendenza all’adattamento. Fietta ha dovuto giocare molto più spesso da mezzala, Colombo da esterno (anche se sarebbe il suo ruolo). Li ho dovuti spesso utilizzare insieme. Cosa che sarebbe stata fatto meno senza le tante assenze che abbiamo registrato. Ora Cottarelli e Ghioldi sono pronti. Brignoli, Molnar e Spizzichino clinicamente ristabiliti. Conto di averli tutti in campo e pienamente in condizione entro il match del 26 con la Juventus U23″.
Mercato di gennaio. Non un’opzione per la Pro Patria…
“Onestamente? Non ne stiamo parlando. Siamo più concentrati sulle nostre dinamiche interne. Turotti è sempre vigile. Ma non lo considero un argomento”.
Andiamo per ruoli e reparti. Il campionato scorso la gestione dei portieri è stata a tratti più croce che delizia. O forse in quell’alternanza c’erano già i germogli del recupero di Mangano?
“Il processo di crescita e maturazione va rispettato. Soprattutto per un ragazzo del ’98. L’esperienza dell’anno passato è stata funzionale ad avere due portieri con un profilo diverso. Ad agosto avevo detto: Tornaghi è il titolare. Oggi dico che nessuno ha la titolarità. La si conquista sul campo attraverso il lavoro quotidiano”.
Stessi gol subiti, 4 gol segnati dai difensori contro i 2 dell’anno passato, 7 clean sheet a 6. Eppure il percepito comune è che il campionato scorso la difesa fosse migliore. Solo un effetto ottico?
“E’ una cosa naturale. Il pensiero del tifoso va rispettato. Ma è un punto di vista non sovrapponibile al mio. La difesa non è né migliore né peggiore di quella del campionato scorso. E’ semplicemente diversa. Perché sono cambiate le responsabilità personali. Penso a Boffelli che l’anno scorso non è partito titolare (ma in partenza non lo era stato neppure Zaro). O a Lombardoni che oggi dà un contributo nelle due fasi molto più ampio di quello dell’anno passato. Stiamo portando avanti dinamiche diverse”.
Bertoni e/o Fietta. Solo un tormentone o davvero in mediana passa tutto da lì?
“Mettiamola così. Per Bertoni è cambiata l’efficacia. E’ più difficile utilizzarlo basso in costruzione per le soluzione adottate dagli avversari. Ma è più determinante negli ultimi 30 metri dove ha un gol e 3 assist. Quasi come un trequartista. E poi c’è il dato sulle palle recuperate. Magari, per caratteristiche, è un particolare in cui è meno appariscente di Fietta. Ma resta un dato di eccellenza”.
Con Pedone in campo dal 1’ zero reti fatte e 3 subite (in soldoni, incide poco). Quando entra a gara in corso 5 fatte e 2 subite (cioè, spacca le partite). Il plus/minus più ampio dell’intera rosa. Un rebus insolubile o semplicemente una costante?
“I numeri dicono questo. Non sono contestabili. Io penso che Alex abbia grandi qualità. Ma se vuole crescere deve essere determinante dal primo minuto come a partita in corso. Anche perché non penso ci siano motivazioni tecniche. Come i maggiori spazi che troverebbe a partita iniziata rispetto all’avvio. Non credo possa essere quello”.
La necessità aguzza l’ingegno. Masetti a destra ha fatto (ri)scoprire l’imprevedibile virtù del piede invertito. Una nuova dimensione per la squadra?
“L’abbiamo provata come emergenza. In D era già stato fatto episodicamente con Cottarelli a sinistra. Ora non è più una soluzione forzata. Certamente una chiave che potremo spendere nel corso della stagione”.
In attacco i temi non mancano. Si può dire che rispetto al passato è aumentata la varietà?
“Siamo più completi. Di Le Noci non parlo. Tutti conoscono le qualità di Beppe. Ma voglio sottolineare la maturazione di Mastroianni che ha giocato 6 partite per intero (l’anno scorso erano state 8 in tutta la stagione, ndr). E il contributo non marginale di Defendi e Parker. Kolaj un 9 e mezzo? Lui nasce come esterno d’attacco. Ma oggi gli esterni d’attacco (in senso stretto), non esistono praticamente più. Tutto accade per ampiezza e profondità negli ultimi 16 metri. Aristidi ha tiro e dribbling. Con le dovute proporzioni, penso per lui ad un percorso di evoluzione come quello di Raheem Sterling”.
Nel panta rei del football contemporaneo, Klopp supera Guardiola con il record di passaggi della Premier League (969 del Liverpool giovedì sera contro lo Sheffield Utd contro i 949 del City di Pep 2 stagioni fa contro lo Swansea). Chi l’avrebbe mai detto? Osmosi tecnica impensabile solo qualche anno fa. Ma quanto è cambiato il calcio di Javorcic?
“Si è adattato alle circostanze. Credo di aver ampliato le mie conoscenze. In D eravamo una delle favorite. Giocavamo con Santana, Le Noci e Disabato contemporaneamente. Un assetto molto offensivo giustificato dalle diverse aspettative. L’obiettivo era vincere. Oggi siamo una squadra profondamente mutata. Anche solo rispetto all’anno scorso. Il punto di contatto è però l’identità. Che non è mai cambiata. A dispetto dell’adattamento”.
A proposito, esiste una scuola bresciana della panchina?
“Mah, forse ci sono dei tratti comuni. A Brescia c’è una grande tradizione. Di calcio e di allenatori. Mi vengono in mente Vicini che ha cominciato lì da tecnico, Prandelli che è bresciano, Guerini che allenava il Brescia a 35 anni. Poi Baldini, Giampaolo, lo stesso Guardiola che ci è passato da giocatore. Senza dimenticare Lucescu. Uno straordinario modello per i giovani allenatori di oggi”.
Torniamo alla Pro Patria. Le prossime tre in oroscopo rappresentano i riferimenti del campionato. L’AlbinoLeffe è probabilmente il benchmark del girone, la Pergolettese la più in gas (a proposito, allora cambiare l’allenatore conta davvero?) e il Monza la migliore. Sintesi efficace?
“E’ una considerazione carina. Quello che ha certificato il campionato in questa prima fase. Quanto al cambio di panchina alla Pergolettese, oggi sembra davvero così. E’ chiaro che il bilancio andrà fatto un po’ più avanti”.
Con l’AlbinoLeffe sarà squalificato. Le intemperanze verbali sono una delle sue aree di miglioramento?
“Se contro la Giana è stato segnalato vuol dire che ho sbagliato. Ci sono dei momenti in cui qualcosa può scappare. Ma sì, diciamo che è una delle mie aree di miglioramento…”.
Patrizia Testa ha più volte sottolineato come la presenza e la fiducia verso Turotti e Javorcic siano uno dei motivi (se non il principale) per andare avanti. Questo può cambiare qualcosa nelle sue scelte future?
“Con quella di Brescia, questa è la mia esperienza umana e professionale più importante. C’è grande senso di appartenenza. E’ la maglia che mi sento più cucita addosso. Ho detto più volte che se sono rimasto è per la qualità e il valore delle persone. E lo ripeto, perché non potremmo essere proprio noi, la Pro Patria, un piccolo modello di come si può fare calcio in Serie C?”.
Giovanni Castiglioni