Grazie al passaggio della Lombardia da zona rossa ad arancione, le società dilettantistiche hanno la possibilità di riprendere le sessioni di allenamento purché svolte individualmente e nel rispetto delle norme anti-covid. Al momento attuale, relativamente al girone A di Eccellenza, sembra che l’unica società ad essersi mossa in questa direzione sia la Rhodense, che a partire da giovedì 3 dicembre è ripartita in sicurezza con i ragazzi del settore giovanile. A delinearci il quadro della situazione è il dirigente Lorenzo Pirovano, responsabile dell’attività di base.

Come siete arrivati a questa decisione? 
“Restando in contatto con i ragazzi, abbiamo riscontrato che rispetto al primo lockdown, in cui affrontavano una situazione nuova, in questa seconda occasione sapevano già a cosa stavano andando incontro. A distanza facevamo tante videochiamate, incluse alcune challenge da parte dei mister, ma i ragazzi ci hanno lanciato un grido silenzioso e così abbiamo deciso di riprendere per riportare l’entusiasmo in questo momento difficile. Ci sembrava giusto ricominciare, nonostante la fatica sia tanta, visto che il livello di attenzione deve essere altissimo, e infatti ci siamo rivolti a un centro medico, Areamedica22, che ci sta assistendo in questa fase. Non dimentichiamo che siamo quelli che a giugno contro il parere di tutti abbiamo fatto i camp estivi, che passeranno alla storia come i primi ‘camp distanziati’, ma ogni nostra decisione è dettata dalla voglia di ripartire e di non lasciare soli i ragazzi, perché se la grande preoccupazione di oggi è sconfiggere il virus, la preoccupazione di domani è come sarà questa generazione. Tra le limitazioni in ambito sportivo e nelle scuole, purtroppo a livello psicologico potrebbe esserci un prezzo da pagare”.

A proposito di Areamedica22, avevate già lavorato insieme? In cosa consiste questa collaborazione?
“Abbiamo iniziato a lavorare con loro ad agosto, dal momento che i protocolli erano molto severi e non riuscivamo a comprenderli a fondo. Un protocollo, dopotutto, non va interpretato ma capito, quindi abbiamo chiesto l’aiuto di questo centro medico, che è stato molto disponibile con noi. Abbiamo anche organizzato una serata formativa per capire realmente che cos’è il covid e come ripartire in tutta sicurezza. Da allora il nostro direttore sportivo Massimo Pasquetti fa da referente con la dottoressa per qualsiasi tipo di problema e sintomo o qualora ci sia un ‘Sì’ nelle autocertificazioni, di modo che se succede qualcosa riusciamo a isolare il caso. Fortunatamente fino alla chiusura nonvabbiamo avuto positivi nel gruppo, solo quando ormai eravamo fermi e quindi non erano contagi dovuti all’attività calcistica. Anche adesso il centro ci sta dando una grossa mano, con consigli su come svolgere le visite. In un momento come questo in cui qualcuno potrebbe decidere di rinunciare al calcio, grazie ad Areamedica22 riusciamo a tenere i ragazzi in attività. Il loro supporto è essenziale per ripartire in modo serio e sicuro per le famiglie. Come Rhodense vogliamo essere una società dove i genitori si sentano a casa, quindi pensiamo a tutto affinché i figli imparino, giochino e si divertano, anziché pensare al virus, visto che nelle nostre strutture non si è mai verificata una situazione di pericolo. E infatti dal periodo post-covid anziché ridurre abbiamo incrementato il numero dei ragazzi, proprio per merito del gran lavoro che abbiamo fatto in termini di sicurezza”.

Com’è l’allenamento tipo di questo periodo? Come vi siete organizzati in termini di protocolli?
“Abbiamo ripreso giovedì con gli Esordienti e la partecipazione dei ragazzi è stata molto buona. I genitori, invece, non possono entrare nel centro sportivo. Abbiamo scelto il campo di Lucernate dove abbiamo creato dei corridoi di passaggio e le sessioni di allenamento sono state ridotte a un’ora di modo che chi esce non incontra chi entra. Questi gli accorgimenti a cui abbiamo pensato, così come gli orari di arrivo prestabiliti. Il bambino sa di avere il suo ‘appuntamento’ in un momento preciso e all’ingresso si sottopone a una procedura in tre fasi: misurazione della temperatura, consegna dell’autocertificazione e sanificazione; dopodiché entra nel tunnel verso un’area dedicata dove togliersi la mascherina, lasciare il giubbotto e prendere la borraccia personale. In caso di necessità c’è a disposizione un bagno, che dopo l’uso viene prontamente sanificato. È un lavoro a pieno regime, ma ne vale la pena perché si fa per i ragazzi. Durante l’allenamento sono divisi in gruppetti di 4, quindi sono molto distanziati e svolgono tutti gli esercizi in modo individuale. Alla fine il mister si accerta che si rimettano il giubbotto, la mascherina, che prendano con sé la loro borraccia e li accompagna all’uscita come se fossimo a scuola, quindi il genitore sa a che ora esce il figlio e non si creano assembramenti”.

Ripresa degli allenamenti a parte, vi allineate al Team Nord Ovest per quanto riguarda il punto del vincolo sportivo?
“Io mi occupo principalmente dei piccoli, ma avendo giocato e collaborando con l’Agonistica penso che innanzitutto occorra capire realmente cosa succederebbe se venisse tolto questo vincolo, perché in quel caso le società sportive dovrebbero essere tutelate. Se in molte hanno espresso il loro dissenso, bisognerà sedersi a un tavolo e ascoltare il loro punto di vista. Quando si devono prendere delle decisioni, secondo me è importante sentire e comprendere i diretti interessati, perché alla fine sono le società che lavorano e fanno sì che i ragazzi possano crescere e divertirsi, indipendentemente dal fatto che diventino giocatori di serie A o di terza categoria. In questo momento, con quello che stiamo già vivendo, non la ritenevo una questione prioritaria. Poi visto che non sarà introdotta dalla prossima stagione, ci sarà tempo per vedere un po’ come stanno le cose”.

Silvia Alabardi

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