Ad Arezzo JFK va ancora fortissimo. Perché quando è stato chiaro che il Cavallino era nelle canne e rischiava di lisciare l’iscrizione, il popolo amaranto (o meglio, Orgoglio Amaranto, la sigla del tifo aretino protagonista della vicenda) ha pensato bene di coniugare a modo proprio il kennediano, “Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”, raccogliendo fondi e (di fatto) contribuendo al salvataggio in Zona Cesarini del club toscano. Insomma, lilleri e non parole. Perché sarà anche vero che la crisi morde, ma frugando in tasca qualche spiccio si trova sempre.

I fatti sono più o meno noti. Da mesi il presidente La Cava ha annunciato il disimpegno promettendo in ogni caso l’iscrizione a prescindere dal passaggio di quote del club. Della faccenda si è occupata anche la politica locale con stracci volati a Palazzo dei Priori e intervento (pare) decisivo dell’assessore e senatrice Tiziana Nisini.

E qui scatta il moto popolare con Orgoglio Amaranto che incalza senza sosta la proprietà, fa da collettore per i pre-abbonamenti e mette insieme attraverso un improvvisato crowd funding (leggasi colletta ma l’anglicismo fa sempre più figo) una cifra vicina ai 10 mila euro. Cioè, quella utile all’assolvimento della quota di partecipazione al campionato che integra la pratica composta anche da fideiussione e saldo stipendi superiori ai 50 mila euro lordi (ovvero extra cassa integrazione) di marzo, aprile e maggio (con giugno depennato per accordo inter partes).
Strafogandosi di retorica, un atto di fede per tradurre la teoria della passione nella pratica della concretezza. Con il paradosso che la temporanea non omologazione del “Città di Arezzo” (almeno sino al 24 agosto), porterà nelle more la squadra al Barbetti di Gubbio. Tanto le porte chiuse non faranno capire la differenza.

Cosa sarà dell’Arezzo è ancora patrimonio degli astri. E delle trattative di La Cava. Ma la sinergia club/amministrazione/tifoseria ha quantomeno rimbalzato il peggio. Peccato che il format (per la verità, già visto in altre piazze) si riproponga solo in caso di prossimità allo stato terminale. Se sia praticabile anche nello standard di gestione (e non alludiamo all’azionariato popolare che ha fallito praticamente ovunque) è interrogativo cui (ad Arezzo come altrove, s’intende) sarebbe interessante rispondere.                                                 

Giovanni Castiglioni 

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