Giovane e ambizioso, umile e preparato, Alessio Dionisi, l’allenatore-rivelazione sta vivendo lo stop calcistico forzato lontano dalla sua Varese, la città che lo ha adottato dal lontano 2005, ovvero da quando ha indossato i colori biancorossi per la prima volta. Da allora ne è passato di tempo e l’ex giocatore ora tecnico, panchina dopo panchina, ha letteralmente scalato le categorie nel giro di pochissime stagioni. “Se penso che sei anni fa ero stato esonerato dall’Olginatese, sono soddisfatto del mio cammino”. Il mister toscano, al suo primo campionato in Serie B, sta lottando per raggiungere la salvezza col suo Venezia e attualmente è in quarantena, come tutti noi per arginare il Coronavirus, lontano dai suoi affetti. “Non è facile, ma la sto vivendo come tutto il resto degli italiani, stando in casa il più possibile. Noi, oltre alle direttive del Governo, abbiamo aspettato che si pronunciassero anche le varie leghe calcistiche. Fermarsi credo sia stato doveroso, noi siamo ben felici di mostrarci sensibili all’argomento. Prima di essere allenatori, giocatori e addetti ai lavori, siamo persone. Chi se ne frega dello spettacolo e dei risultati, la salute di una nazione è cosa ben più importante”.

Comunque sia, lo stop influenzerà l’andamento della stagione: “Dal momento che si è fermato quello giocato, è iniziato il calcio chiacchierato. Tutti hanno iniziato a parlare delle varie ipotesi e in molti hanno parlato in base ai loro interessi. Forse ci sarà chi ne trarrà vantaggi e svantaggi, non possiamo farci nulla. Sicuramente riprenderà, magari ci sarà un minicampionato, non lo so, comunque vada sarà atipico”.

Per non allungare troppo la stagione, si sta valutando di cambiare le regole di playoff e playout, spareggi che vi coinvolgono direttamente: “Preferisco non pronunciarmi perché anche io rischierei di far parlare i propri interessi; per fortuna chi decide dovrà essere super partes. Magari posticiperanno gli Europei, noi comunque ci adegueremo alle decisioni, mi rendo conto sia difficile prenderle. Mi auguro si torni a giocare, ma parlare di calcio in questo momento è un po’ superficiale”.

Finora però, le decisioni non sono state unanimi: “E’ vero, c’è chi ha giocato a porte chiuse, chi ha giocato col pubblico e chi non ha giocato. Il Girone C di Serie C ha meno partite da recuperare, ma poi nei playoff sarà coinvolto con le squadre del nord. Insomma non la vedo così facile. Lo stesso discorso vale per la Serie D”.

Come passi le giornate senza calcio? “La mancanza che sento di più è quella della famiglia, anche se sono abituato ad averla lontana. Sia la mia bimba Giorgia che la mia compagna Maila sono a Varese, viviamo in tre case diverse perché la bambina vive con la mamma. Non le vedo da diverse settimane. Il 10 marzo ha compiuto gli anni la mia fidanzata, il 1° aprile sarà il mio 40esimo compleanno, ci siamo detti, scherzano, che quando ci rivedremo saremo più vecchi. Ma queste sono piccole rinunce rispetto a chi si sta sacrificando negli ospedali e a chi è malato. Riguardo al calcio… guardo le partite già giocare. Durante il campionato c’è poco tempo di farlo e ne approfitto”.

Le immagini di una Venezia vuota colpiscono più di qualsiasi altra città: “E’ vero, io al momento sono a Treviso che ha uno stile di vita molto sibile a Varese. Lombardia e Veneto, essendo le più popolose, è normale siano state state colpit; dobbiamo solo resistere. La gente credo sia stata sensibilizzata e penso che ne usciremo presto”.

Non ti fa un certo effetto il pensiero di essere arrivato ad allenare in Serie B? “Guardo dove ho iniziato e, con grande umiltà, mi sento di rappresentare una spinta motivazionale. Sono la dimostrazione che nel calcio c’è spazio anche per chi viene dal basso; certo, bisogna sfruttare e non perdere le occasioni. Chi è già inserito nel grande calcio ha più possibilità e gli è concesso qualche errore in più. Dall’altro lato, chi viene dal basso ha la gavetta dalla sua parte. Il calcio mi ha dato e mi sta dando e non l’avrei mai detto. C’è da dire però che arrivarci è comunque più facile di rimanerci nel tempo”.

Al contrario della tua carriera, il Varese, tua ex squadra icrociata anche in Serie D col Borgosesia, ha subito invece una vera e propria involuzione ed è ripartita dalla Terza Categoria. “Il Varese è una squadra che mi è rimasta nel cuore, la città è diventata casa mia e seguo gli avvenimenti sempre con un grande affetto. Spiace molto vederlo così in basso, ma mi auguro sia una vera ripartenza. Tra l’altro conosco molto bene mister Iori e la sua famiglia. Purtroppo la città, la gente e i tifosi hanno pagato caro tante cattive gestioni e riacquisire una certa credibilità nel territorio non è facile dopo che tutti sono scottati. Anche Venezia ha vissuto tanti fallimenti e cattive gestioni, ma quando si tocca il fondo non si può far altro che risalire e la gente di Varese non muore mai. I tifosi che la seguono li conosco bene, sono sempre gli stessi di tanti anni fa e la amano a prescindere della categoria”.

Elisa Cascioli