La prossima sarà la stagione della grande riforma della Serie C. Previsione, auspicio o illusione? Per la verità, quote variabili per tutte e 3 le proiezioni. Perché come abbiamo visto in queste febbrili settimane, tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo un Consiglio Federale. Con calcoli politici ad alleanze variabili che rendono datato il giorno dopo quello che sembrava certo il giorno prima.
Un punto è però non negoziabile. Il calcio post Covid necessita di un modello di business radicalmente diverso da quello che ha caratterizzato l’ultimo lustro. Soprattutto in Lega Pro, categoria compressa tra professionismo e dilettantismo in una camera di compensazione che vorrebbe essere la vetrina delle virtù della provincia italiana. Ma finisce con l’enfatizzarne solo i vizi diventando un limbo incapace (per forza o per amore) di produrre profitti. Quindi, il 2020/2021 sarà l’ultimo con il format a 3 Gironi e 60 squadre (sempre che la crisi non assottigli la platea delle partecipanti). Assunto a cui ci ancoriamo per capire cosa potrà accadere nell’immediato futuro.         

Presto che è tardi. “Il prossimo campionato comincerà tra il 15 e il 20 di settembre e ci saranno parecchi turni infrasettimanali”. Solo poche ore fa il Presidente Ghirelli ha posto le basi per la stagione entrante. Già pronta in coda a quella attuale che si concluderà con la Finale Playoff del 22 luglio. Non solo, in ottica nuovi scenari e dintorni ha anche tracciato il perimetro dell’imminente maquillage: “La prossima dovrà essere una riforma di sistema”. Cioè (in soldoni), i temi semiprofessionismo e defiscalizzazione non potranno essere delegati al solo bacino politico della terza serie. Ma affrontati dall’intero alveo del calcio tricolore. Tanto più richiedendo leggi dello stato proprie del Parlamento. E non certo degli organi federali. Vulnus che potrebbe rendere ancora più impervio il cammino della prossima riforma.      

Come si cambia per non morire. Lasciando solo quote residuali all’ipotesi Serie B a 40 squadre (Frankenstein che non potrebbe che avere carattere transitorio), resta lo scenario più plausibile. Oltre che quello più logico e caro a Gravina. Una Serie C Elite a 20 squadre ed una categoria semiprofessionistica dalle proporzioni ancora da definire (40 club?). Un ritorno al futuro di C1 e C2 ma con profili fiscali e professionali distinti. Un cambio di fronte che ridurrebbe drasticamente il numero delle squadre Pro (60/62 a seconda del format della serie cadetta). Tante quante il sistema può realmente esprimerne. E sopportarne.          

Alla rivoluzione sulla due cavalli. Fosse quello il punto di arrivo, il prossimo campionato (più ancora di quello successivo), offrirebbe opportunità uniche e non più ripetibili. Le canoniche 4 squadre promosse in B più 5/6 (per Girone) destinate al nuovo upgrade della Serie C Elite. Al netto di possibili wild card extra merito sportivo. Di fatto, ulteriori promozioni verso una categoria nazionale certamente più impegnativa sul piano logistico ed economico ma con ricadute commerciali non paragonabili alla (spuria) Lega Pro attuale. Un orizzonte che rivolterebbe come un guanto l’appeal della stagione 2020/2021. Appuntamento da programmare con logiche ancora da certificare ma chiaramente inedite. Perché quanto stiamo profilando (è evidente), si saprà solo dopo. Ma si può immaginare prima. Come ha sottolineato anche Turotti nel fare le carte al prossimo mercato biancoblu. A partire dal rinnovo di Javorcic. Per la Pro Patria (come per le altre), un possibile passepartout verso una C1 tendente alla B2. Chance da non bucare. Per salire su un treno che potrebbe non ripassare più.                

Giovanni Castiglioni 

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