B&B Jolie, Santa Teresa di Gallura in Sardegna, dalla porta escono due volti ‘amici’: “Lele, ma sei tu? Che ci fai qui?”. “Michè, certo che sono io – ci dice Pesoli – ma che ci fai tu qui? A Santa io sono di casa, questo è il B&B di Teresa, sai che lei è nata qui?”. Col sorriso inconfondibile Teresa, la moglie di Pesoli, mi saluta e le dico: “Ma ancora lo sopporti?”. “Si, ma ancora per poco – mi dice lei -. Siamo come in un mazzo di carte dove ci sono 4 jolly, lui se li è giocati tutti, al prossimo…”.
Vogliamo farci scappare l’opportunità di una pizza insieme per parlare di calcio?
“A Varese siamo stati benissimo. Alla fine mi sono fermato solo un anno, ma è stata una stagione magica che è finita come non doveva. Io ci credevo alla Serie A e se non avessimo trovato un El Shaarawy strepitoso in semifinale, ce l’avremmo fatta. Ancora oggi spesso ripenso a quella partita e non sai il nervoso che mi viene”.
Perchè questo legame e questo bel ricordo di Varese?
“Perchè siete delle belle persone… (sorride). Perchè sulla carta d’identità del mio secondo figlio (Damiano ndr) sul luogo di nascita c’è scritto Varese. Perchè Teresa e Alessio (il primo figlio ndr) sono stati benissimo e perchè avevamo creato un gruppo in campo e fuori che poi non ho più ritrovato in tutte le altre piazze dove sono stato”.
Il curriculum di Emanuele Pesoli parla di 258 presenze tra i professionisti (12 reti) con le maglie di Alzano Virescit, Vicenza, Venezia, Cittadella, Varese, Siena, Carpi e Pescara, più un centinaio tra i dilettanti.
L’ultima volta che sei stato a Varese da ex, con la maglia del Carpi, le cose non sono finite benissimo. Sei uscito dal campo facendo la C con le dita verso la tribuna del Franco Ossola.
“E’ stato un gesto istintivo, ho sbagliato, mi è partita la ‘brocca’. Devi sapere che già la sera prima alcuni tifosi del Varese erano venuti all’hotel dove eravamo in ritiro per riempirmi di insulti. Sono stati li fino alle 4 del mattino. Durante la partita ho dovuto tirare un calcio di rigore (segnato ndr) poi però non ho esultato, anzi ho quasi chiesto scusa. A fine partita però il ritornello non era cambiato, insulti pesatissimi legati alla mia vicenda del calcio scommesse e sputi. Uno mi ha preso proprio in volto e io, istintivamente ho fatto la C con le dita. Ancora oggi non so perchè, potevo fare il dito medio, le corna, mandare a fanc…, niente, mi è venuta la C. E’ scoppiato un casino che… meglio chiudere qui. Chi ha voluto accettare le mie scuse lo ha fatto“.
Il Calcio Scommesse, un’altra vicenda non bella della tua carriera. Ti sei addirittura incatenato per quattro giorni a Roma ai cancelli della sede della F.I.G.C.
“Si è scritto e detto tanto, troppo. Ti confesso che in quei giorni, quando tutti intorno a me erano spariti, ho pensato addirittura ad un gesto estremo. L’amore per mia moglie e i miei figli e la vicinanza di alcune persone care mi hanno portato a ragionare. Mi sono incatenato perchè era un’ingiustizia clamorosa quella che stavo subendo e nessuno mi dava modo di parlare. Siamo partiti con tre anni di squalifica e abbiamo chiuso con la sola imputazione dell’Art 1 (… sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva ndr) e tutto si è risolto nel nulla. Peccato che sono stato infangato e che ho dovuto buttare tre anni di contratto col Verona che iniziavano proprio nella stagione del ritorno in Serie A dove avrei dovuto essere protagonista”.
Appese le scarpe al chiodo hai deciso di iniziare ad allenare.
“A Pescara, dove ancora oggi abito, mi è stata data questa opportunità. Ho fatto un anno con gli Allievi Nazionali, poi la Primavera e la scorsa stagione (2018-19 ndr) il vice di Pillon in prima squadra. All’inizio di questa stagione non siamo stati confermati e così ho iniziato ad andare a vedere diversi allenatori per tenermi aggiornato ed ho aperto un’Accademia Calcio per lavori individuali. Sono molto contento, prima che il Coronavirus ci fermasse avevo 130 ragazzi tra i 7 e i 17 anni che venivamo a migliorarsi da ‘I segreti del Calcio’“.
Cosa vuol fare Pesoli da grande?
“Allenare, solo allenare. Non è facile, è dura trovare chi ti da una changes”.
Ti senti più allenatore da Settore Giovanile o da Prima Squadra?
“Penso che per fare un buon lavoro sia necessario fare un percorso di formazione che può anche partire dai giovani. E’ molto bello ed appagante insegnare ai ragazzi ed è una grande palestra per poi riuscire a guidare una prima squadra. Penso di aver bisogno ancora di un paio di stagioni tra i baby e poi di essere pronto al grande salto”.
Il Varese è tornato in Serie D…
“Mi sa che se ora auguro ai biancorossi la Serie C non si offende nessuno (sorride ndr). Scherzi a parte, sono molto felice e spero che dopo gli ultimi anni travagliati le cose possano sistemarsi definitivamente. Mi sono sentito con alcuni della società e reputo il progetto molto serio e sfidante. Se ci sarà un’opportunità… (sorride ancora ndr).
Attenzione al Jolly da non giocarti in casa con Teresa e non sia mai che un Jolly da giocare, invece, te lo dia in futuro proprio il Città di Varese. A presto e ricorda la spedizione…
Michele Marocco