Ultimamente si sente da più parti parlare di una unione di intenti tra le due formazioni varesine per la creazione di un unico vivaio condiviso. Cercare di riuscire a creare un progetto che possa replicare in maniera migliore quel progetto fallito per l’ennesima volta qualche anno orsono pur sotto la direzione di una mente esperta come coach Schiavi.

In questi ultimi anni abbiamo sempre sentito parlare di progetti più o meno definiti, ma ciò che manca è la determinazione del saper creare. Del saper mettere le pedine giuste ai posti giusti. A volte, del saper anche aspettare i frutti di un lavoro che non è quello di uno o due anni, ma quello di almeno dieci anni visti i tempi di maturazione e crescita dei ragazzi.

Ne sa qualcosa il buon Bruno Bianchi chiamato nel 2005 a ricostruire un settore giovanile azzerato da precedenti scelte e ricostruito con tanta fatica e tanta pazienza perchè i giocatori non crescono sotto i funghi. Il suo addio nel 2016 è stato l’inizio di un nuovo percorso che ha condotto alla attuale Academy.

Una unione può far bene ai nostri settori giovanili?

Da sempre la competizione, il campanilismo, la divisione in guelfi e ghibellini, sono cose che hanno sempre portato risultati in terra italica. Stuzzicato l’ingegno, portato a nuovo e più ardue sfide. Tra l’altro, i precedenti dicono sempre di no, nel senso che il trapianto è stato oggetto di rigetto. E allora diciamo che a noi questa sana rivalità piace. L’attesa da una parte e dall’altra di quando c’è il derby cittadino a livello giovanile piace. Negli anni Varese è sempre stata capace di produrre fior di giocatori, sia da una sponda che dall’altra.

Va anche sottolineato come in ogni progetto è necessaria la vicinanza della società. Forse, negli ultimi tempi, è venuto a mancare questo interesse, questo innamoramento che è necessario per la riuscita di qualsiasi progetto. Semmai, ci si può domandare come mai col passare delle fasce e col salire dell’età, dall’uscita dal minibasket alla fine del settore giovanile le squadre perdano mano a mano terreno nel ranking nazionale. Sarà anche la nostra atavica mancanza di peso sotto canestro, ma qui magari serve anche una analisi di quello che è il percorso tecnico che i giocatori affrontano. E l’arrivo alla B evidenzia che non arrivano più i Premoli, gli Ucelli o i Castelletta: giocatori capaci di subentrare ai senatori e divenire, a loro volta, senatori. Ma questa è una analisi che lasciamo volentieri ai tecnici e agli allenatori che studiano e sostengono esami per divenire tali.

Per ricostruire ci vuole tempo, per smembrare pochissimo.

Serve ragionare, avere idee chiare su quelli che sono i piani e i progetti tecnici da seguire e poi, da qui, costruire i giocatori. E le dimensioni, francamente, non contano. Conta l’anima, la passione, la voglia di mettersi in gioco.

E siamo certi che l’anima varesina, sempre così dedita al lavoro, verrà fuori.

Matteo Gallo