La storia del Varese è passata anche dalle sue mani, ne ha scritto e colorato lunghe pagine, raccogliendo gioie e dolori come nel più celeberrimo destino già scritto di chi sceglie di fare l’allenatore, ma rimanendo vicendevolmente impresso nella sua memoria e in quella di chi il Varese lo ha sempre amato incondizionatamente, oggi però Stefano Bettinelli, puramente allergico alle cose semplici, accetta una nuova appassionante avventura “Amo le sfide e non vedo l’ora di ricominciare”. Ed è con queste parole che ha detto sì al Malcantone, squadra svizzera iscritta al campionato di seconda lega.
Una chiamata, un incontro ed un sì grosso quanto un campo da calcio arrivato con la stessa velocità di un cambio volante.
“Non entro mai nelle dinamiche di chi mi ha preceduto, ci sono solitamente una serie di motivazioni che portano a questo tipo di scelte, io però arrivo qui con grande, grandissimo entusiasmo”.
Partiamo allora dalla fine: il Malcantone la chiama ed è subito sì. Cosa l’ha convinta?
“Mi sono trovato di fronte una società seria, ambiziosa, con un progetto orientato sul medio/lungo termine e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso, il progetto tra l’altro abbraccia sia prima squadra che settore giovanile e questo è stato un elemento ulteriore che mi ha convinto ad accettare l’incarico, sono rimasto lusingato”.
Quali sono le aspettative intorno alla prima squadra? Ad oggi è 5° con 12 punti ed una partita in meno, a dieci dalla prima…
“Come dicevo non entro mai nel merito di ciò che è successo prima, conosco qualche elemento che è passato da Varese nel periodo in cui anche io ero lì ma niente di più, sono molto curioso di poterli conoscerli tutti sul campo, non vedo l’ora di ripartire augurandomi e augurandoci che questa pandemia ci dia tregua e ci permetta di farlo, perché è chiaro che la salute venga sempre prima di tutto, ad ogni modo non so esattamente se da questa squadra ci si aspettava di più, quello che so è che la società mi ha presentato un piano di più ampio respiro, bisognerà perciò prima lavorare sodo e poi pensare ai risultati”.
Lei ha giocato in Svizzera al Mendrisio negli anni ’80 e poi ha avuto una parentesi da allenatore proprio con il Mendrisio ma quali sono le differenze tra il calcio elvetico e quello italiano?
“La minor esasperazione, in Svizzera il martedì ci sono meno musi lunghi se la domenica si è perso, c’è la birretta post allenamenti, c’è una ricerca del risultato molto meno ossessionata, in Italia sbagli una partita e sei già in discussione, poi non c’è il ‘problema’ dei fuoriquota, giocano i giovani che meritano non quelli che devono, e questo contribuisce ad alzare il livello, in generale penso che ogni categoria abbia i suoi ritmi e le sua dinamiche, ma non trovo corretto fare dei paragoni, in Svizzera c’è però una filosofia ed una mentalità diversa a cui noi italiani non siamo abituati e talvolta è per questo che facciamo fatica quando sbarchiamo in quest’orbita”.
Ci dica la verità: quanto le mancava allenare?
“Io sono innamorato del calcio, molto meno del mondo del calcio e di tutto il contorno, ma del calcio sono proprio innamorato, del rettangolo verde, capisco che tutto il resto faccia parte del gioco, però credo che il calcio in sé, seppur con dinamiche differenti, sia sempre calcio in qualsiasi paese, quindi sì, allenare mi mancava, sono contento di ricominciare e sono contento di farlo qui”.
Parentesi Varese: ha seguito la squadra in questa nuova ripartenza in serie D?
“A dire il vero io l’ho seguito anche in terza categoria, perché Varese è Varese, non ho bisogno di tatuaggi ma io quel distintivo ce l’ho tatuato sul cuore; Varese è stata la mia casa da ragazzo, mi ha cresciuto come uomo e come giocatore prima, poi come allenatore, 15 anni della mia vita li ho passati lì, nelle due vesti ed in qualsiasi categoria militerà Varese io ne sarò il primo tifoso”. E aggiunge: “La situazione attuale non la conosco e non mi intrometto, da esterno posso dire che ho visto la partita con l’Imperia ed è stata quella classica partita che se ti gira un episodio poi racconti un’altra storia, ho visto un calcio propositivo, quello che ti fa correre anche qualche rischio, certo poi guardi che le sconfitte consecutive sono quattro con zero gol fatti e non può lasciarti indifferente, ma se credi in un progetto devi andare fino in fondo ed una società deve difendere con tutte le sue forze quel progetto in cui crede finché ci crede, a volte basta una scintilla per trasformare un fuochetto in un falò”.
Tornando al Malcantone: quali sono gli step da qui alla ripresa?
“In linea di massima ci ritroveremo intorno alla terza settimana di gennaio e avremo circa un mese e mezzo di preparazione ed amichevoli, a marzo dovrebbe ripartire il campionato per concludere l’andata e poi approcciarci al girone di ritorno, io onestamente non sto nella pelle, conto i giorni come si suol dire”.
Riusciamo a strapparle una promessa per questi nuovi colori?
“L’unica promessa è quella che faccio sempre quando inizio una nuova avventura, ovvero il mio impegno, la mia dedizione, la serietà che metto nel mio lavoro, i risultati saranno una conseguenza di ciò che costruiremo, il tempo poi è sempre galantuomo”.
Ed il pennarello fra le mani è nuovo di pacca: Stefano Bettinelli ha già iniziato a scrivere una nuova storia.
Mariella Lamonica
foto di copertina chalcio.com