In questo periodo di pandemia ci siamo accorti delle cose veramente importanti nella vita, di come ogni giorno sia unico e speciale e non vada buttato perché da un momento all’altro può arrivare una malattia e complicare maledettamente tutto. Quando accade ci si sente soli, anche se circondati da medici e cure, diventa una sfida personale con la vita per non mollarla, per vincere la malattia e tornare a vivere.
Ma è proprio nei momenti in cui ci si può sentire più soli che esistono persone come Matteo che decidono di fare squadra con chi deve combattere un male tanto brutto quanto piccolo.

Matteo Bianchi è il fisioterapista di Varese Academy Pallacanestro e da questa settimana è anche un donatore di midollo a tutti gli effetti. La storia di Matteo è il racconto di una vocazione non fine a se stessa ma diretta ad aiutare il prossimo, a sentirsi artefice di quella scintilla che può cambiare la  vita di qualcuno.

Perché hai deciso di diventare un donatore di midollo osseo?
“Il perché lo abbia fatto deriva da ciò che ho scelto di essere oggi. Io sono un fisioterapista, una professione che aiuta le persone e cosa c’è di meglio che donare il midollo osseo per aiutare gli altri? Quando ho intrapreso il percorso universitario ci è stata presentata l’associazione per la donazione del midollo osseo, l’ADMO, attraverso un evento di “cestisti fino al midollo”, un ente che sostiene l’ADMO e quindi a 18 anni, ora ne ho 30, ho deciso di iscrivermi. Era una cosa che mi sembrava molto lontana all’inizio, pensavo non mi avrebbero mai chiamato perché i numeri sono talmente grandi, c’è una persona su 100.000 che è compatibile per la donazione del midollo, quindi sentivo questa cosa molto lontana. Questo fino a tre mesi fa quando mi ha chiamato l’Ospedale San Raffaele di Milano, dicendomi che il mio sangue sembrava essere compatibile con quello di una donna malata e quindi mi hanno mandato a Varese per fare degli approfondimenti a livello di compatibilità. Dopo questi esami si è confermata la compatibilità del mio sangue con quello della ricevente. Sono ritornato al San Raffaele e in un mese sono stato reclutato per la donazione”.

Come può avvenire la donazione e com’è stata la tua esperienza fisica?
“La donazione può avvenire in due modi diversi. Uno è quello di un’operazione con estrazione al livello delle anche e del bacino ed una, che è quella alla quale mi sono sottoposto, che è stata sviluppata in tempo di emergenza Covid-19 per evitare di affollare le sale operatorie ed permettere così ai donatori di non dover entrare in un ambiente ad alto tasso di rischio contagio come l’ospedale, che consiste in una cura di cellule staminali prima della donazione. Se con l’operazione standard il midollo osseo viene estratto dalle ossa del bacino e delle anche, con questa modalità invece le cellule staminali fanno sì che il midollo osseo, sempre delle ossa lunghe, venga prodotto in maniera talmente elevata da far travasare queste cellule di midollo dal letto dei vasi sanguigni e quindi possa essere usato il prelievo periferico per estrarlo come alternativa all’estrazione diretta da ossa. Ho fatto la cura con le staminali una settimana fa e poi questa settimana ho fatto la donazione. La procedura è durata in tutto 5 ore e consiste nell’essere attaccati ad una macchina che è un separatore cellulare, dotato di un kit monouso per ogni paziente per permettere la sterilità. Da una vena periferica, nel mio caso quella brachiale, viene prelevato il sangue periferico, nella macchina vi è la separazione tra sangue corpuscolato e midollo osseo. Quest’ultimo viene raccolto in una sacca che viene mandata al ricevente mentre il resto del sangue viene reintrodotto nel corpo, nel mio caso tramite il braccio sinistro, mantenendo la parte plasmatica nella macchina. Per me è stata un esperienza bellissima”.

Cosa significa per te essere un donatore di midollo osseo?
“Per me significa dare una scintilla di me stesso che può riaccendere il fuoco del sistema immunitario della persona a cui viene donato il mio midollo. E’ una frase che può sembrare un po’ filosofica ma per me il fatto di poter lasciare, nel corso della vita, queste piccole scintille nel mondo e nella vita degli altri, per qualsiasi donazione si parli, è il senso stesso della vita. Non sopravvivere solo con i gesti quotidiani, che non sono meno importanti sia chiaro, ma con anche gesti straordinari che puoi fare una sola volta nella tua esistenza e che lasciano a livello di impatto temporale e diretto un effetto enorme. E’ importante sensibilizzare tutti sull’importanza di una donazione, perché com’è stato utile il mio sangue può essere quello di chiunque per un’altra persona in attesa di un donatore compatibile, quindi mi sento di invitare chiunque volesse farlo a donare il midollo tramite l’ADMO, perchè farlo significa salvare la vita di altre persone”.

Un gesto nobile di un ragazzo comune, una scelta che tutti possiamo fare per aiutare il prossimo, per lasciare un segno del nostro passaggio, ricordandoci che, prendendo in prestito una frase del Talmud, un testo sacro dell’ebraismo, “chi salva una vita salva il mondo intero”.

Alessandro Burin

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