L’importanza di chiamarsi Pippo. Ipocoristico che al pari del nome proprio Mario va spesso a braccetto con Super. Come se lo straordinario potesse essere standardizzato all’anagrafe. Ma per Filippo (Pippo) Ghioldi il prefisso può attendere: “Devo guadagnarlo sul campo. Spero possa avvenire presto“. In realtà, un Super Pippo c’è già. Nelle vesti dello studente al secondo anno di Economia presso la LIUC di Castellanza.
Dove l’essere in corso non è certo figlio del caso: “Ora che la stagione sportiva è definitivamente chiusa, mi sto concentrando su un esame in Diritto Commerciale. Non so se quest’anno ci sarà spazio per le vacanze. Sono molto legato alla famiglia e i miei mi dicono sempre che devo portare avanti la carriera di calciatore e l’università allo stesso modo. Parallelamente. Con le incertezze del calcio di oggi, è la cosa migliore da fare”.

Hai fatto accenno alla chiusura dell’annata della Pro Patria. Rimpianti?
“Allo stop eravamo messi bene. Ma con 12 partite ancora da giocare è difficile persino esprimere un giudizio. Sarebbe stato bello poterci guadagnare i playoff sul campo. Gare sempre speciali e belle da giocare. Sono convinto che ci saremmo potuti arrivare. Tornare in gruppo, ad allenarsi e giocare era la speranza di tutti. Ma la scelta della società di non proseguire è stata l’unica possibile. Sarebbe stato assurdo legare il proprio destino all’esito della finale di Coppa Italia“.

Tassa da pagare la domanda sul lockdown. Trascorso come?
“Chiuso in casa. Allenamenti e studio. Quando possibile, ho condiviso in videochiamata alcuni esercizi fisici (soprattutto quelli sulla forza e sulla parte alta del corpo), con Mangano e Molinari. Ci conosciamo e giochiamo insieme ormai da tempo. E’ una cosa che ha aiutato a fare squadra”.

Prodotto del territorio, 8 anni in biancoblu di cui 5 nel settore giovanile. Una parabola molto simile a quella del capitano Riccardo Colombo?
“Una grandissima persona prima ancora che un punto di riferimento dello spogliatoio. Abbiamo un percorso simile all’inizio. Con la fortuna di poter giocare vicino a casa. Poi però lui ha fatto tanta strada…”.

E’ vero che hai il compito di ammorbidirgli gli scarpini in allenamento? Atto di nonnismo?
“No, figuriamoci. Abbiamo lo stesso numero di scarpe. Me l’ha chiesto e non ho avuto nessun problema a farlo. Anzi, lo considero un privilegio. Nel caso, sono disponibile anche per l’anno prossimo”.   

La tua epifania è datata 17 gennaio 2018. Location il non esattamente evocativo Comunale di Romano di Lombardia: 4-3 messicano in doppia rimonta con prova convincente da trequartista. Come si arriva alla mezzala di oggi?
“Intanto una premessa. Se mi chiedi quale sia il mio ruolo non te lo so dire. Dipende molto dalle situazioni. Quello che conta veramente sono i principi di gioco. Per dirla tutta, nelle prime partite in D giocavo da quinto di centrocampo. Onestamente, non mi sarei mai aspettato questa evoluzione in mezzala. Anche se oggi, posso dire che sia il ruolo che più si addice alle mie caratteristiche”.

La stagione passata Javorcic sottolineava spesso quanto fossi il centrocampista ad andare più alla conclusione. Senza però trovare il gol. Tabù spezzato quest’anno con Juventus U23 e Pergolettese. Come?
“Non è stato fatto un lavoro specifico. Abbiamo solo cercato di migliorare certi aspetti della finalizzazione. Cioè, cosa fare quando ci si trova in certe situazioni. E poi c’è il lavoro fisico. Oggi il calcio è soprattutto forza, capacità di andare a contrasto. Una delle mie aree di miglioramento”.

Quanto e cosa devi al mister?
“Mi ha insegnato a guadagnarmi le cose sul campo. E a raggiungere i risultati attraverso il lavoro. Ecco, la sua straordinaria propensione al lavoro è il suo insegnamento più grande. Una cosa che ho capito solo con il tempo”.

23 dicembre 2018: 0-2 a Pisa. All’Arena Garibaldi la tua prova più brillante?
“Non saprei. Può essere, dati palcoscenico e valore dell’avversario. Che poi non a caso è andato in B. Ma penso anche alla vittoria di Chiavari con l’Entella e al 3-1 sotto la neve con la Carrarese. Infine, il mio primo gol ad Alessandria contro la Juve. Una gioia che non posso dimenticare”.

Componente fortuna di quella traiettoria sghemba?
Beh, la fortuna conta sempre. Non posso dire che la volevo mettere proprio lì ed in quel modo. Però ci ho provato”.

21 anni, ancora 2 di legame con la Pro Patria grazie al tuo primo contratto professionistico firmato il 29 aprile dell’anno scorso. Al di là dell’ipocrisia, la regola degli under è una scorciatoia per i giovani come te?  
“Certamente è un vantaggio. Sappiamo che il club ha quella politica. Però il posto si guadagna sempre sul campo. Questo è il mio pensiero. In particolare in questa stagione ho voluto mettermi alla prova con tutti. Anche con chi non rientra nei parametri di età. La regola degli under è un’opportunità. Questo è innegabile. Ma devi saperla sfruttare”.  

19 presenze in campionato, 2 gol e 2 assist al netto di un mese di stop per una distorsione alla caviglia. Numeri che ti soddisfano?
“Ho giocato tanto e spesso. Gli infortuni sono incerti del mestiere. Vanno accettati. Per l’anno prossimo l’obiettivo è quello di migliorare quei numeri. Le statistiche anche nel calcio dicono tutto della qualità di quello che si è fatto. E poi vorrei segnare allo “Speroni”. Una gioia che ancora mi manca”.  

Icone del calcio contemporaneo?
“Nessuna in particolare. Ma se mi chiedi quali giocatori mi piacciono, da milanista ho sempre avuto nel cuore Kaká e Shevchenko”. 

Giovanni Castiglioni 

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