La pandemia è entrata a gamba tesa nelle nostre vite. Ha sconvolto gli equilibri, mutato le abitudini, inquinato i rapporti umani, mutilato lo Sport. Pensavamo fosse un parto delle fiction catastrofiche, beatamente spiaggiati sul divano, copertina e telecomando, coinvolti dalla trama avvincente. Ed invece la realtà ha pareggiato i conti. Ci siamo dentro fino al collo e sul divano, questa volta, rimane una parte delle nostre emozioni. È paradossale, ma il Covid 19 ha centrifugato persino il significato delle parole. Mala tempora currunt…, meglio non essere positivi, in ogni senso… Il denominatore comune è la sofferenza, dei cittadini, degli operatori sanitari, dei malati. E delle vittime. Nessuno ne è immune. Ma, naturalmente, la vita deve continuare, magari con aggiustamenti, ma il ciclo deve proseguire.
L’Istituzione Scolastica, Agenzia Educativa imprescindibile, ha subito un colpo durissimo. Ha tentato di resistere, ha lottato ma, infine, ha dovuto alzare bandiera bianca. Ne parliamo con la Professoressa Sara Amadei, Insegnante di Lettere e Coordinatrice del Liceo Scientifico ad Indirizzo Sportivo Marco Pantani di Busto Arsizio, pilastro degli Istituti Scolastici Superiori Olga Fiorini, una galassia didattica ed educativa diretta con competenza ed entusiasmo dal Dott. Mauro Ghisellini e dalla Dottoressa Cinzia Ghisellini. Il Liceo Scientifico Sportivo Marco Pantani presieduto dal Prof. Luigi Iannotta, raduna un considerevole numero di studenti-atleti che dividono il loro tempo tra studio ed allenamenti. Il Covid ha corrotto molte delle loro certezze.

Professoressa Amadei, la pandemia ha colpito nel mucchio, penalizzando la Scuola. Come vi siete organizzati  per affrontare l’emergenza didattica? 
“Partendo da quanto appreso durante la DAD nel lockdown di marzo, gli ISS Olga Fiorini hanno sfruttato tutte le competenze e le abilità acquisite, organizzandosi quindi con lezioni live e con materiale caricato su piattaforma fin dal primo giorno di chiusura. Si può dire che, come scuola paritaria, sicuramente Acof può offrire diversi strumenti tecnologici a studenti e docenti, fra cui gli Ipad, che si stanno rivelando utili in questo particolare frangente. Inoltre, per chi dovesse avere delle assenze prolungate a causa di impegni sportivi o sanitari, è stata data la possibilità di poter accedere online a quello che viene definito “sportello help”, ovvero un momento dedicato al singolo studente o a gruppi molto ristretti in cui i propri docenti possono aiutare a recuperare informazioni o concetti fondamentali per la corretta prosecuzione dell’anno. Una risorsa interna che si è già rivelata vantaggiosa nel corso degli anni: oggi, potendo sfruttare anche le piattaforme come Meet, può raggiungere anche gli studenti che finora non avevano potuto utilizzarla a causa dei grandi impegni sportivi. L’orario segue esattamente quello scolastico, con la scansione delle discipline come se si fosse in classe. Questo da un lato per non creare ulteriore caos a studenti e docenti, dall’altro per mantenere un contatto reale con il mondo scuola, soprattutto nella speranza di ritornare il prima possibile alle lezioni in presenza. Viene comunque concesso del tempo fra una lezione e l’altra per poter recuperare e staccarsi dal monitor. Se si dovrà proseguire con la DAD nei mesi futuri, credo che ci sarà un cambiamento nell’orario, in modo da non esagerare: vorremmo evitare posture errate e disagi alla vista a causa di una prolungata esposizione allo schermo del pc”.

Prof, possiamo definire la DAD didattica a distanza o dobbiamo virare su didattica in emergenza?
“La DAD ormai deve essere considerata uno strumento integrativo rispetto alle lezioni in presenza, perché non accettare i vantaggi che gli strumenti informatici e via web possono dare sarebbe davvero scorretto. Certo, non si può negare che il nostro lavoro sia in parte sacrificato, perché vedere i visi degli studenti sullo schermo non è certo la stessa cosa di quando si è in classe. Viene a mancare in parte la relazione con i ragazzi, quel momento in cui anche solo da uno sguardo il docente è in grado non solo di percepire la reale comprensione dei contenuti che sta cercando di passare alla classe, ma anche se uno studente ha delle difficoltà personali. 
Il poter sfruttare in tempo reale poi di video, slide, siti e blog del mondo didattico, così come di conferenze da parte di associazioni rende tutto più ricco. In questi giorni infatti stiamo iscrivendo le classi ad alcune conferenze organizzate dalla Fondazione Veronesi che si sono rivelate interessanti già il precedente anno scolastico. Inoltre, attraverso servizi quali Skype o Meet, si possono incontrare professionisti in pratica da tutto il mondo. Non posso tuttavia negare che in questo momento la parte che più mi manca sono proprio i ragazzi: poter fare due chiacchiere con qualche ragazzo fuori dall’aula e chiedergli serenamente cosa non stia funzionando o come stiano andando i suoi allenamenti. Rispetto al precedente anno scolastico siamo più pronti con questa didattica ma non è davvero la stessa cosa. Diciamo che si può rivelare una buona occasione per far sviluppare le competenze digitali degli studenti, ormai indispensabili nel moderno mondo del lavoro”. 

Da Insegnante e Coordinatrice con anni di esperienza sulle spalle, le manca il rapporto diretto con gli alunni?
“Mi mancano gli studenti, il rapporto che si crea con loro. Vederli al di là dello schermo non è lo stesso. Sembriamo tanti pesci nella bocce di vetro. E’ un surrogato della realtà che si vive con il mondo adolescenziale. Un mondo che è bellissimo e terribile al tempo stesso, perché i ragazzi sanno benissimo quali tasti premere per irritarci ma sono anche in grado di regalarci delle perle di freschezza che mancano poi nel mondo adulto. Mi mancano le confidenze che alcuni studenti fanno, perché ci vedono a metà fra una figura materna e una figura comunque autorevole. Mi mancano le battute, via Meet spesso non si crea nemmeno l’occasione per poterle fare. Mi manca respirare il clima della classe e della scuola in generale. Mi mancano le chiacchiere per conoscerci meglio e sto cercando anche in DAD dei momenti per poter parlare con i ragazzi, non solo di scuola ma un po’ di quello che vivono. Ne ho bisogno io, ne hanno bisogno i ragazzi. Questa è anche la libertà dell’insegnamento!”.

Il Liceo Sportivo Pantani raduna numerose alunne ed alunni con una vita sportiva piena e gratificante. Prof Amadei, ritiene che il blocco degli allenamenti e delle competizioni agonistiche possa creare un gap emotivo in ragazzi in piena adolescenza, rischiando di compromettere l’attenzione allo studio? Il corpo docente adotta strategie per sostenere gli allievi?
“Da mezza sportiva quale sono (intera no, è un’esagerazione) credo che il blocco dello sport sia stato una scelta davvero sofferta ma non sono così sicura che sia stata sbagliata. Sono convinta che creerà profonde sofferenze in studenti che sono abituati a passare i loro pomeriggi in palestra o all’aperto, perché per loro è davvero una parte fondamentale della vita. Oltretutto non possiedono nemmeno gli strumenti di un adulto che può comprendere nel profondo il motivo di una scelta simile. Credo anche si sarebbe potuto fare diversamente per non arrivare di nuovo a questo punto, perché alcuni sport in realtà avrebbero potuto benissimo non essere fermati: penso alle piscine o al karate o alle normali palestre. Per ora i ragazzi si stanno allenando da soli, chi in palestre improvvisate, chi in giardino e chi virtualmente. Non è lo stesso, lo raccontano apertamente e avrà sicuramente delle ricadute nello studio. Lo abbiamo già visto durante il lockdown precedente. I docenti, quando amano il proprio lavoro, sentono a pelle quando uno studente presenta un forte disagio e in questo momento non c’è nemmeno bisogno di essere altamente empatici per capirlo, perché i ragazzi non solo lo manifestano apertamente, ma proprio lo dichiarano. Cerchiamo di essere il più possibile presenti, certo farlo da uno schermo non è lo stesso ma ci si prova ugualmente”.

Idee chiare, concetti limpidi e condivisibili. La Prof Sara Amadei, come tutti i suoi colleghi, non si lascia abbattere da uno gnomo invisibile che li ha costretti  a capovolgere la didattica, ripensare la strategia educativa. Ci si rimbocca le maniche e si confeziona un prodotto didattico di pregio, in condivisione con le famiglie, mai lasciate sole a gestire una situazione complicata. La Scuola tiene duro. Gli Istituti Olga Fiorini di Busto Arsizio, sul cassero di poppa, non soffrono di autocommiserazione. Vivono a contatto diretto con lo Sport. E lo Sport insegna ad aggredire la vita. Anche a morsi, se necessario.

Marco Caccianiga
(foto SempioneNews)

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