Se il protocollo sanitario previsto sarà quello della Serie A (perché non dovrebbe esserlo?), le possibilità che il campionato di C possa riprendere sono prossime alla virgola. Tutte valutazioni in divenire ma che vanno nella direzione di quanto dichiarato qui qualche giorno fa da Sandro Turotti: “Ho letto il vademecum dei medici. Credo che sia economicamente improponibile per la Serie C“.
Isolamento per tutta la durata del finale di stagione, tamponi ogni 72 ore, canali di sicurezza per i trasferimenti. Queste solo alcune delle misure rigidissime alla base di un possibile ritorno in campo. Condizioni di complessa applicazione per la serie maggiore (almeno una dozzina di club non avrebbero strutture necessarie per l’alloggio di tutti i tesserati), figuriamoci per la Lega Pro.

Tanto più se il presidente federale Gravina tra le tante (troppe?) ipotesi messe sul campo in queste settimane ha sommato anche quella di non giocare al nord più colpito dalla pandemia ma solo al centro-sud. La Serie C avrebbe mezzi logistici ed economici per trasferirsi armi e bagagli altrove? Chiaramente no. Meglio quindi lasciare alla sola Serie A il tentativo (comunque arduo) di salvare questa stagione. Le ragioni di portafoglio rendono legittimo (facciamo pure obbligatorio) lo sforzo. Per la C invece, è più opportuno programmare la prossima. Onde evitare il rischio di pregiudicare anche quella.                             

Giovanni Castiglioni