I giocatori israeliani esultano per la vittoria

Il presente, si sa, è incerto e la frase più frequente che più si sente sussurrare in questo periodo “bastardo e sospeso” è: “Si naviga a vista”. Del domani, si sa pure questo, “non v’è certezza”. Così, di fatto, se vuoi argomentare di pallacanestro non ti rimane che il passato.
Poi, siccome l’invito è “Restate a casa”, non resta altro da fare che provare a mettere un po’ d’ordine in un archivio sempre troppo incasinato. Dai cassetti e dagli scaffali saltano fuori libri, appunti, foto, ritagli di giornale e chi più ne ha, più ne metta. Foto. Tante. Ognuna delle quali racconta una storia. Cristallizza un momento. Movimenta ricordi. Trascina emozioni. Innesca spunti di riflessione. E tanto, molto d’altro ancora.

La foto di oggi, o meglio, “le foto”, mi fanno veramente arrabbiare. Nonostante siano trascorsi ormai 43 anni, ogni volta che mi passano fra le mani quelle immagini – la foto di Tal Brody capitano del Maccabi Tel Aviv; la foto del “simpatico” Aulcie Perry; quella di Miky Berkovitz, quella di Jim Boatwright, quella del tifoso israeliano che, in carrozzina, esattamente al centro del campo, pazzo di gioia, stappa una bottiglia di champagne sotto i nostri occhi -, scatenano immediatamente brutti ricordi e soprattutto innescano una serie di domande: “Ma perchè ca…volo, quel maledetto 7 aprile 1977, non “abbiamo” vinto quella maledetta Coppa dei Campioni? Ma cosa ca…volo non ha funzionato in quella maledetta serata a Belgrado, in quel maledetto Palata Pionir ? Ma perchè, ogni tanto, in preda ad evidenti incubi notturni, risento suonare quell’ipnotico “Maccabì! Maccabì!, Maccabì! (con l’accento sulla i) urlato a squarciagola, e ossessivamente, dalle centinaia di tifosi israeliani che, ospitati al piano sopra al nostro dell’albergo Mercure, hanno allietato, si fa per dire, la nottata di noi tifosi varesini purtroppo presenti, e va da sé addolorati, in quella valle di lacrime?

Perchè quel punteggio finale, 78-77 per Tel Aviv, “brucia” ancora che non si può nemmeno raccontare? A questi interrogativi io, allora solo tifoso della MobilGirgi, non sono ovviamente in grado di rispondere. Meglio lo facciano un paio di protagonisti di allora: i grandi Iwan Bisson e Sandro Gamba, rispettivamente ala e coach di quel fantastico gruppo di giocatori.

IWAN BISSON
“Perchè perdiamo quella partita? Semplice: perchè in quell’orribile appuntamento belgradese giochiamo una delle peggiori partite dell’anno e, a mio parere, insieme alla finale di Coppa Campioni giocata l’anno successivo a Monaco di Baviera, una delle più brutte di sempre della mia lunga, comunque bellissima, e vincente carriera varesina. Perchè giochiamo così male? E’ veramente difficile rispondere a questa domanda – commenta Bisson, dal suo “buen ritiro” a Roseto degli Abruzzi -. Probabilmente, anzi, certamente perchè quella sera scendiamo in campo con l’idea che la partita rappresenti solo una formalità visto che in stagione regolare avevamo battuto abbastanza facilmente Tel Aviv, addirittura umiliando gli israeliani a casa loro (vittoria 102-79 alla Yad-Eliyahu Arena nda). Un’idea che col passare dei minuti si rivela sbagliatissima e, aggiungo, davvero azzardata perchè quella sera gli israeliani, al contrario nostro, giocano con una carica agonistica incredibile fin dal primo possesso e trascinati da almeno cinquemila tifosi gialloblu arrivati da tutta Europa disputano la più classica delle “partite della vita”. Noi, invece, non riusciamo mai ad entrare nel vero ritmo-partita.
A conferma di tutto ciò ricordo che dalla lunetta tiriamo malissimo: 11 su 20, poco più del 50%, un dato inconsueto per una squadra come la nostra che, di solito, nella partite importanti ai liberi viaggiava vicina al 90%. Di fatto giochiamo una gara troppo altalenante e, col senno di poi, questo rappresenta un ulteriore guaio sotto il profilo mentale perchè, dopo un primo tempo scialbo (39-30 per Maccabi nda), all’inizio di ripresa ci bastano pochi minuti ben fatti per tornare in parità a quota 61. Questo andazzo inconsciamente ci fa dire: “Dai ragazzi, ormai abbiamo la partita fra le mani. Andiamo a vincerla facile”. Invece Maccabi non molla di un centimetro e alla fine, nonostante qualche sciocchezza, porta a casa un successo incredibile. Per loro. E amarissimo. Per noi”.

SANDRO GAMBA (coach MobilGirgi Varese)
“Perchè perdiamo quella partita? Semplice: perchè noi giochiamo abbastanza male, mentre il Maccabi mette in scena la gara perfetta. A distanza di tanti anni devo ammettere che, dopo aver incassato due sconfitte pesanti nella prima fase, gli israeliani, un po’ a sorpresa, arrivano all’atto conclusivo della Coppa Campioni in buona forma fisica, ma soprattutto in straordinaria condizione tecnico-tattica. Ho il ricordo di una gara molto ben preparata da parte loro, specialmente nel controllo del ritmo di gioco e della transizione attacco-difesa. Due aspetti che nella fase regolare avevano spostato la freccia della vittoria nettamente in direzione MobilGirgi.
La mia squadra infatti, avendo in Zanatta, Bisson e Morse esterni  velocissimi era bravissima nel distendersi in contropiede col classico rimbalzo-apertura-lancio lungo. Ebbene, in quella sera a Belgrado, Maccabi sotto questo profilo non ci concede nulla, bilancia sempre bene e si arrocca in area intorno a Perry e Silver, lunghi davvero efficaci. Così, senza poter mai “strappare”, e con Morse bravo (22 alla fine per Bob, Dino Meneghin 19 e Bisson 11 nda) ma ben marcato e non letale come al solito, facciamo fatica a trovare soluzioni aperte e facili”.

Tuttavia, seppur al netto di una gara complicata, ad una manciata di secondi dalla fine arrivate sul -1 (78-77) avendo pure fra le mani il pallone della vittoria: che succede in quel frangente?
“Per dirla “secondo la legge di Murphy”, quando una cosa devo andare male, stai sicuro che lo farà. Infatti, se non ricordo male, a cinque-sei secondi dalla fine Tel Aviv getta via l’ultimo pallone con un tiraccio e Aldino Ossola, che tutto solo potrebbe involarsi verso il canestro cercando di prendere un fallo, cerca invece un improbabile passaggio verso Bob Morse il quale è addirittura raddoppiato. Il pallone, come si usa dire, “sprizza” fra diverse mani e finisce fuori. Rimessa per Maccabi ad un secondo dalla fine, partita persa e Coppa dei Campioni sollevata da Tel Aviv. Alla fine, sportivamente, giusto così perchè loro avevano giocato oggettivamente meglio di noi. Oppure, vedendo l’altro lato della medaglia, la MobilGirgi quella sera non era stata all’altezza delle aspettative e della sua fama”.

Potesse tornare indietro che cosa cambierebbe di quella serata maledetta?
“Il gioco dei “se” non mi ha mai affascinato granchè, ma se proprio devo rispondere dico che nel discorso pre-partita metterei un fortissimo accento sulle motivazioni enormi che spingevano il Maccabi. Per noi arrivare alla finale di Coppa dei Campioni era quasi un rito, un appuntamento “nostro”, immancabile. Per Tel Aviv invece si trattava della prima finale europea disputata in qualsivoglia disciplina sportiva. Il  Maccabi quella sera giocò con grandissima carica emotiva e, non è un modo di dire, dietro a quelle maglie blu e gialle si muoveva un’intera nazione. Il Maccabi che vinse la prima coppa continentale realizzò un evento storico e non a caso il giorno dopo al rientro in Israele Brody e compagni, ancora oggi celebrati come eroi, vennero ricevuti con tutti gli onori dalle massime cariche dello Stato: Golda Meir, Moshe Dayan e altri importanti personaggi politici. Insomma: ho l’impressione, la quasi certezza che, rispetto a noi, il Maccabi in quella serata magica lottò per qualcosa di più grande. E vinse. Forse anche per questo motivo”.  

 Massimo Turconi