Il tentativo di normalità per la stagione 2020/2021 ha avuto vita breve. Nel clima di incertezza in cui è ripiombato il mondo del calcio e non solo dopo il DPCM del 25 ottobre, il CRL ha rinviato al 7 febbraio la data dell’eventuale ripresa dei campionati. Nel frattempo le squadre potranno continuare ad allenarsi, con esercizi individuali che escludano qualsiasi forma di contatto ravvicinato. Questo quanto chiarito dal premier Conte dopo lo scompiglio creato dalla circolare del Ministero dell’Interno, che con un testo alquanto confusionario bloccava persino le attività di allenamento. In questo clima di incertezza che complica ulteriormente gli sforzi di organizzazione e programmazione nel mondo dello sport, le società hanno fatto sentire la propria voce, stanche di essere lasciate in balia degli eventi.
Nella nostra provincia, l’Union Villa Cassano, dopo qualche giorno di stop per valutare la situazione (che poi, in effetti, si è completamente stravolta e ricomposta) era pronto a far tornare in campo i suoi giovani tesserati dai primi di novembre, con modalità volte a garantire la massima sicurezza. Il responsabile del settore giovanile Luigi Buraschi dà il suo punto di vista sul particolare momento che stiamo vivendo e sulle conseguenze di questi continui cambiamenti al limite dell’assurdo.
Dopo tanti sforzi e tanta pazienza, la decisione del Ministero dell’Interno è stata forse la goccia che fa traboccare il vaso…
“Il problema è che avevamo intenzione di ripartire settimana prossima e probabilmente non si potrà fare. Ora siamo in attesa di capire chi può allenarsi e chi no, visto che sembrerebbe che si fermi l’attività di base e che in teoria le squadre agonistiche possano continuare. La cosa assurda è che il Ministero dello Sport dica una cosa e il Ministero dell’Interno un’altra. Ho sentito le altre società cofirmatarie della lettera (destinata al Presidente del CRL Baretti, ndr) e non sappiamo come comportarci. Certa gente non ha capito che anche in queste queste società, come per le Serie A e B, serve programmazione, altrimenti facciamo veramente fatica. Ogni nuova decisione può essere interpretata come ciascuno meglio crede e così si rischiano di creare grossi danni, a seconda che una società sia più o meno attenta. Un altro problema è che il CRL ci rappresenta poco e che la LND fa quello che vuole in barba a tutte le società, e così una regione come la Lombardia, che ha tantissimi tesserati e fa arrivare grosse entrate nelle sue casse, finisce per contare veramente poco. Da quando è cominciata questa emergenza a marzo ci sono stati ben pochi chiarimenti e sempre tanta confusione. Mi piacerebbe capire se il Ministero dello Sport o il Ministero dell’Interno conoscono la differenza tra attività di base e agonistica. Stanno danneggiando un mondo fatto fondamentalmente di volontariato, ma che comunque muove risorse economiche non indifferenti. Ora molta gente perderà un’entrata perché i giocatori della prima squadra e gli allenatori non riceveranno i rimborsi e per il settore giovanile sorge il problema di restituire giustamente le rette ai genitori. Sono demoralizzato non per quello che sta succedendo ma per come. Facciamo l’esempio di bar e ristoranti: in quel caso hanno decretato che alle 18 devono chiudere ed è una misura ben precisa. Possibile che per il mondo dello sport non riescano a dare una regola chiara? Così si eviterebbero polemiche e ulteriori problemi. Invece prendono decisioni che poi cambiano ogni due giorni e questa situazione fa venir voglia di mollare tutto. Tutte le società hanno investito parecchi soldi e ora ci troviamo in un limbo assurdo”.
Ora non si può fare altro che stare alla finestra. Qual era il vostro programma per questo periodo senza partite?
“Questa settimana ci eravamo fermati per il semplice motivo che non si capiva più cosa si potesse fare. Avevamo intenzione di riprendere con le giovanili facendo fare lavori individuali a distanza. Avevamo già pensato di ridurre il numero di allenamenti, comprendendo anche il sabato, così da distanziare il più possibile tutte le categorie ed evitare qualsiasi tipo di contatto ravvicinato tra un gruppo e l’altro. Ora, invece, restano gli incontri via webinar con il Monza, che si sarebbero dovuti fare sul campo. A distanza non è la stessa cosa, ma in questo modo eviteremo eventuali problematiche”.
Come valuta gli avvenimenti precedenti, con la stretta di Fontana in Lombardia, seguita dallo stop generale dei campionati?
“Sospendere le competizioni forse è stato giusto perché soprattutto nei campionati regionali ci sono stati tanti rinvii a causa della positività, o presunta positività, di qualche giocatore, oltre al fatto che comportano più spostamenti per la provincia di Varese e Milano. Non ho idea della formula con cui si potrà riprendere a febbraio, se effettivamente si riprenderà. Sarà durissima con tutte le partite da fare e bisognerà cambiare il format. Per quanto riguarda gli allenamenti, però, ritengo che si potesse continuare. Prendo il mio esempio: al campo non faccio usare gli spogliatoi, quindi i ragazzi sono sempre all’aria aperta e i contatti diventano molto meno frequenti e meno ravvicinati. Secondo me su questo discorso si poteva andare avanti senza grossissimi problemi”.
Il rispetto delle regole in ambito dilettantistico è stato notevole e la vostra società ne è un esempio lampante, anche grazie allo sviluppo dell’app per il monitoraggio dei ragazzi.
“Per non parlare dei costi sostenuti per la sanificazione degli ambienti o per l’igienizzazione dei palloni e di tutte le attrezzature. Come Union Villa siamo stati molto attenti a tutte queste procedure. Per le partite, ad esempio, pretendevo dai genitori che prenotassero il posto e all’ingresso chiedevo un’autocertificazione personale, la mascherina obbligatoria e la misurazione della temperatura. Poi il nome e cognome e il numero di telefono di ogni spettatore veniva registrato insieme al numero di posto. Ci siamo persino presi delle critiche da qualche genitore che in nome della privacy voleva fare di testa sua, anche se da tanti altri abbiamo ricevuto i complimenti per come abbiamo agito. Queste misure non risolvevano il problema dei contagi, ma almeno permettevano di dare indicazioni su chi entrava al campo in caso di eventuali positività”.
Pensando a tutte queste precauzioni, era davvero lo sport il problema?
“Fermare lo sport è sicuramente più facile che fermare la scuola e i trasporti, però se nei mesi estivi si fosse pensato a trovare una soluzione per sfoltire i mezzi pubblici, forse la situazione adesso sarebbe diversa. È inutile garantire il distanziamento in aula o al campo se poi sul pullman o in metro i ragazzi sono tutti ammassati o se fuori da scuola stanno tutti insieme. Stando a quello che vedo, ci sono adolescenti che vanno in giro senza mascherina e formano assembramenti. Penso che le forze dell’ordine dovrebbero dare veramente una multa a chi non rispetta le regole, perché forse in Italia è l’unico sistema per farci capire qualcosa”.
Quanto si ripercuoterà questo stop dalle competizioni sui suoi tesserati?
“Il problema è che, sentendo anche il parere di psicologi e psicoterapeuti, i ragazzi risentiranno di questo stop, così come hanno risentito del precedente. Con Internet e la PlayStation a disposizione, se si attaccano a questi strumenti diventa un problema a livello fisico e mentale. L’unica cosa che mi auguro è che i genitori stiano attenti a cosa fanno i loro figli, sia a casa che fuori. Noi come società dobbiamo fare sacrifici e spero che servano”.
Silvia Alabardi